il progetto di conservaizone della memoria della Shoah della terza generazione

Portare avanti la memoria dei nonni sopravvissuti alla Shoah: un progetto online della terza generazione

di Redazione
Sono i nipoti di ebrei sopravvissuti alla Shoah, la cosiddetta terza generazione, i protagonisti di un nuovo progetto online di conservazione della memoria. If You Heard What I Heard (“Se tu avessi ascoltato quello che ho ascoltato io”) è il titolo di una serie in costante divenire di interviste online ai giovani che raccontano le esperienze vissute dai propri nonni durante la Shoah, arricchite da dettagli su come si sono ricostruiti una vita e come hanno parlato della Shoah in famiglia.

Oltre al sito web, il progetto ha un Instagram, un canale YouTube e una pagina Facebook per attirare le giovani generazioni. Tutte le interviste sono girate su smartphone, con le domande fuori campo che incorniciano la conversazione. Per gli insegnanti, il progetto ha una pagina di risorse dedicata con esercizi e sussidi didattici.

Sul sito è possibile richiedere di essere contattati per raccontare l’esperienza dei propri nonni sopravvissuti alla Shoah.

“In queste interviste, aggiungiamo dettagli su ciò che i sopravvissuti hanno detto alle loro famiglie, incluso il modo in cui l’eredità dell’Olocausto li ha colpiti. Ci auguriamo che coloro che guardano vogliano saperne di più e vedere la testimonianza originale di un sopravvissuto o visitare un museo dell’Olocausto”, spiega al Times of Israel Carolyn Siegel, nipote di un sopravvissuto e ideatrice del progetto. Nata a Los Angeles, Siegel ha iniziato “If You Heard What I Heard” dopo che una sinagoga vicino a casa sua è stata vandalizzata con graffiti antisemiti nel 2020. È stato il quinto atto di vandalismo di questo tipo a Los Angeles quell’anno, e Siegel ha deciso che era giunto il momento di continuare quella promessa fatta al suo defunto nonno.

“Come nipoti di sopravvissuti, mentre non siamo stati testimoni degli stessi orrori dei nostri nonni, abbiamo testimonianza del loro dolore, perdita e cicatrici fisiche ed emotive – si legge sul sito internet del progetto -. Molti di noi non hanno ricevuto le storie di quello che i nostri nonni hanno vissuto in una volta sola, ma nel corso di decenni. Le storie, per molti di noi, vanno da dettagli condivisi in modo molto cauto, a dettagli più brutali forniti con emozione. Quello che sentirete quando guarderete queste interviste è quello che abbiamo ascoltato e che abbiamo testimoniato durante la nostra vita, dei viaggi tremendi dei nostri nonni, delle perdite devastanti e della resilienza ispirante. Questi sono eventi reali nella vita di persone reali che l’hanno vissuta in prima persona. Se tuo nonno condividesse una storia come questa con te, che effetto avrebbe su di te? Incoraggiamo tutti coloro che guardano a mettersi nei panni dei nipoti, ascoltando queste storie, e a ricordare l’incredibile speranza e resilienza con cui questi sopravvissuti hanno potuto ricostruire la propria vita”.

Davanti a Mengele

Uno dei profili 3G in primo piano è quello di Leibel Mangel, il cui nonno, il rabbino Nissen Mangel, è stato portato nel campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau all’età di 10 anni. L’intervista trasmette non solo gli orrori che ha attraversato Mangel, ma anche come il sopravvissuto ha continuato a costruire una nuova famiglia e diventare un leader della comunità.

Durante la “selezione” all’arrivo a Birkenau, Nissen Mangel disse al “medico” delle SS Josef Mengele che aveva 17 anni. Mengele rise dell’assurda bugia, ma lasciò che il ragazzo andasse con suo padre per diventare un lavoratore forzato, invece di mandarlo alle “docce” con bambini e anziani.

“È grazie a quella decisione di mentire a Mengele che sono seduto qui oggi e che tutta la nostra famiglia esiste”, dice Leibel Mangel nella sua intervista.

Leibel racconta diversi episodi della vita del nonno ad Auschwitz: ad esempio, che un giorno sente che Mengele conduce esperimenti su bambini in una baracca. Il ragazzo affronta il medico delle SS, gridando: “Gli esperimenti sono per le scimmie, non per i bambini!”. Mengele estrae la pistola davanti a Mangel ma poi esce dalla caserma. Dopo l’Olocausto, Mangel diventa un rispettato rabbino.