Addio a Carlos Menem. Il presidente argentino bersaglio dell’Iran

di Paolo Castellano

Il 18 febbraio è scomparso uno dei grandi protagonisti della politica argentina. Carlos Menem, arrivato ai 90 anni, è stato per 10 anni il presidente dell’Argentina, dal 1989 al 1999. Durante il suo governo il leader argentino perdonò coloro che avevano sostenuto la dittatura e compiuto omicidi di massa tra il 1976 e il 1983. Inoltre, riformò l’economia argentina, prese le distanze dall’Unione Sovietica collaborando con gli Stati Uniti, e fu accusato di corruzione, evitando il carcere anche dopo una condanna per traffico d’armi. Si salvò grazie all’immunità parlamentare.

Menem è stato un politico showman. Costantemente sui giornali, si vociferava dei suoi numerosi flirt e della sua estrosità attirata dallo star-system. Cenò con attori, calciatori e modelle, sposando successivamente una ex-Miss Universo. Come riporta il The Times of Israel, all’inizio del suo mandato accettò una Ferrari rossa da un uomo d’affari di origine italiana.

A parte gli aspetti di costume, sotto il governo di Menem si verificò una delle aggressioni più sanguinose contro la comunità ebraica occidentale dal dopo guerra: l’attacco terroristico all’AMIA del 1994 in cui morirono 85 persone. Come è stato appurato dalle indagini sull’assassinio del procuratore Alberto Nisman nel 2015, l’Iran insieme al suo braccio armato Hezbollah fu responsabile sia dell’attacco alla comunità ebraica argentina sia di altre intimidazioni verso l’Argentina.

Perché tutto questo? Quando Menem venne eletto diede inizio a una campagna politica per limitare l’influenza dell’Iran e il cammino iraniano verso la realizzazione della bomba atomica. Il presidente argentino era interessato alle questioni mediorientali, probabilmente per le sue radici siriane. Di fatto il musulmano Menem si convertì al cattolicesimo per continuare la carriera politica – lo prevedeva la costituzione argentina per gli aspiranti leader. Tuttavia, l’ex-presidente è stato sepolto in un cimitero musulmano.

Nonostante i suoi affari in Medioriente, Menem si rifiutò di aiutare il presidente siriano Hafez al-Asad nello sviluppo di tecnologia nucleare e militare. La stessa linea di pensiero fu adottata verso l’Iran che in quegli anni aveva richiesto la collaborazione argentina sul nucleare. Il rifiuto era per le “intenzioni non pacifiche” degli ayatollah. A parte ciò, il primo viaggio istituzionale all’estero di Menem avvenne in Israele.

«Sono considerato un traditore della causa araba». Questa è la frase che l’ex-presidente dell’Argentina pronunciò nel 1994, dopo l’attentato suicida alla sede AMIA della comunità ebraica di Buenos Aires. Il tragico avvenimento creò ulteriore attrito tra gli ebrei argentini e Menem, considerando anche un precedente attentato di Hezbollah all’ambasciata israeliana della capitale, avvenuto soltanto due anni prima e in cui morirono 29 persone. Per di più, Menem dovette subire un’altra perdita: la morte del figlio in seguito a un incidente in elicottero. Senza dubbi in proposito, l’ex-presidente argentino lanciò dirette accuse ad Hezbollah.

Come riporta il The Times of Israel, la storia personale di Menem è la testimonianza della spietatezza e pericolosità dell’Iran nel vendicarsi contro coloro che non appoggiano le sue politiche nucleari.