Zebulon Simantov, l'ultimo ebreo di Kabul

Simantov, l’ultimo ebreo dell’Afghanistan parte per Israele

di Ilaria Ester Ramazzotti
Sembra giunta a un epilogo la complicata vicenda di Zabulon Simantov, meglio conosciuto come l’ultimo ebreo di Kabul. La vita del 62enne che abitava e custodiva la sinagoga della capitale afgana, a oltre un mese dalla sua fuga negli Stati Uniti, dovrebbe essere a un’ulteriore e cruciale svolta. Ad attenderlo ci sarebbe infatti una nuova casa in Israele. La decisione di trasferirsi in Eretz sarebbe seguita alla concessione del divorzio all’ex moglie israeliana. Un fatto che in precedenza sembrava aver impedito la sua aliyah.

La sua storia, già nota ai giornali del mondo che negli ultimi anni l’hanno pubblicata in diversi articoli, ha ispirato persino qualche romanzo. Ultima persona rimasta dell’antica comunità ebraica afgana, che un tempo contava 40 mila abitanti e animava le numerose sinagoghe costruite in Afghanistan, aveva sempre detto di non voler lasciare le stanze del tempio ebraico a cui faceva da custode e che offrivano un tetto per lui irrinunciabile. Alla sua determinazione sembrava contribuire anche rifiuto di concedere il ghet alla sua ex moglie israeliana, oltre ad alcuni presunti debiti. Ma tutto era poi drasticamente cambiato con presa del governo del Paese da parte dei talebani alla fine dello scorso agosto.

Di fronte al pericolo del nuovo contesto politico e militare, Simantov si è convinto a lasciare l’Afghanistan. L’operazione di fuga e salvataggio, secondo il Times of Israel, è stata finanziata dal rabbino ultra-ortodosso statunitense Moshe Margaretten e organizzata dall’uomo d’affari israelo-americano Moti Kahana. Adesso, l’ultimo ebreo di Kabul sarebbe sulla strada verso Israele, dove dovrebbe arrivare nei prossimi giorni. L’ha scritto su Twitter lo scorso 17 ottobre un corrispondente della testata giornalistica israeliana KAN

Secondo il Jerusalem Post, sembra che i rabbini che hanno contribuito a facilitare la partenza di Simantov dall’Afghanistan abbiano richiesto come precondizione che concedesse finalmente il divorzio a sua moglie. In particolare, il rabbino Mendy Chitrik, presidente dell’Alleanza dei Rabbini negli Stati islamici, ha organizzato il procedimento insieme a Moti Kahana. Firmando un harasha, un documento legale ebraico simile a una procura, che è stato tradotto in pashtu, Simantov ha autorizzato il Beit Din (tribunale ebraico) di Sydney, in Australia, a inviare il ghet a un altro Beit Din in Israele, finalizzando così il divorzio.