Turchia, c’è aria di golpe

Mondo

di Mara Vigevani

Tutte le sere alle nove, le piazze delle principali città della Turchia si riempiono del suono di cucchiai che battono su pentole. Alle fermate delle metropolitane, nelle strade, sugli autobus. Chiunque voglia far sentire la sua voce e appoggia le recenti manifestazioni, gira con un cucchiaio e una pentola in borsa e si fa sentire sempre alla stessa ora. Anche Betsy, Hayme, Cenk, Jinet, Zizi, Verda Eli e tanti altri giovani ebrei della comunità ebraica di Istanbul e di Izmir, escono la mattina di casa con “Tencere e kasik” (Pentola e cucchiaio). Per la comunità ebraica turca, unica comunità ancora fiorente in un Paese a maggioranza musulmana, democrazia, libertà di parola, libertà di stampa, e soprattutto laicismo, sono le fondamenta della loro sopravvivenza. Nonostante questo, hanno sempre cercato di mantenere un profilo basso, a differenza delle comunità del mondo occidentale dove gli ebrei si distinguono nei campi del giornalismo, della politica e rappresentano una significativa fetta degli intellettuali.

In Turchia gli affari sono sempre stati più importanti delle idee. I giovani però non la pensano più così e gli ultimi avvenimenti lo hanno dimostrato: attivi su facebook, in piazza fin dall’inizio e persino leader del movimento anti Erdogan.

Cenk Levi è stato il primo civile arrestato in Piazza Taksim, in assoluto. È il portavoce di Greenpeace in Turchia e si trovava nel Parco Gezi per protestare contro la costruzione di un nuovo centro commerciale: «Siamo stati aggrediti dalla polizia quasi immediatamente e quando ho tirato fuori la mia macchina fotografica sono stato bloccato da quattro poliziotti che mi hanno portato in commissariato. Ho passato lì una notte, e poi sono stato liberato da due famosi avvocati che volontariamente mi hanno aiutato». Cenk non si è fatto intimidire ed è tornado alla tenda di Greenpeace nel Parco Gezi. Dorme lì fin dall’inizio della rivolta. Per Cenk non si tratta della prima manifestazione, la sua campagna contro il nucleare in Turchia lo ha già portato ad avere a che fare con i soprusi della polizia: «Ora però se ne sono accorti tutti, la società laica turca non accetta più che Erdogan interferisca nella sua vita, nella quantità di alcool che si può bere, o nel come e dove potersi baciare o qualsiasi altra regola antidemocratica. Non si tratta di politica – racconta Cenk – nessuno di noi fa parte di alcun partito, né abbiamo aspirazioni politiche. La gente è uscita in Piazza per manifestare a favore del diritto di libera opinione, si sono accorti che Erdogan sta portando la Turchia verso la dittatura, senza che ce ne accorgiamo».

«In Turchia non è mai esistita una vera cultura delle manifestazioni – mi racconta Betsy Ozromano, 33 anni, che per la prima volta partecipa attivamente alle proteste di piazza – e per questo gli ebrei, come gli altri, non sono mai stati attivisti. Oggi noi giovani della comunità, così come tutti i giovani laici delle grandi città, sentiamo che il governo ha superato ogni limite. Quello che più fa riflettere è il comportamento dei media: nessuno riporta la verità, è solo grazie a facebook, youtube e ai giornali esteri che le notizie girano».

«La situazione sta diventando così estrema che persino mia suocera è andata in piazza a manifestare-, racconta Zizi – Fino ad ora eravamo addormentati, non ci siamo resi conto che Erdogan ha messo in carcere la maggior parte degli intellettuali, ha preso il completo potere sulle televisioni e sui giornali e ha indebolito l’esercito. Spero solo che non sia troppo tardi. La situazione è molto tesa, per tutti, e in questi casi gli ebrei devono stare ancora più attenti».

Lo confermano le parole del Primo Ministro Erdogan che ha recentemente suggerito che i disordini in Turchia potrebbero essere attribuiti alla “lobby del tasso di interesse”, un termine che in passato è stato associato dai media turchi ad una presunta cospirazione di uomini d’affari ebrei. Nelle ultime settimane, anche il quotidiano turco Yeni Safak ha affermato che un complotto ebraico americano è dietro alle proteste nelle piazze di Istanbul.