Rav Moshe Reuven Azman

Leader ebraici in Ucraina: “Nessun panico, noi restiamo qui”

Mondo

di Anna Lesnevskaya
Kiev rimane cauta nonostante l’annuncio del ministero della Difesa russo che ha dichiarato il 15 febbraio di aver cominciato il ritiro di alcune truppe dalle frontiere ucraine. Mercoledì 16 febbraio, nella Giornata dell’Unità nazionale istituita dal presidente dell’Ucraina Volodimir Zelenskij proprio nella data indicata da alcuni media occidentali come il possibile giorno dell’inizio dell’invasione russa, il leader ucraino ha detto alla Bbc che Kiev non ha ancora visto nessuna ritirata e che per ora si tratta soltanto di dichiarazioni.

Tuttavia, dalla capitale ucraina, rav Pinhas Vyshedski dice a Mosaico di sentirsi sollevato dopo lo Shabbat vissuto all’insegna della tensione e di non aspettarsi nessuna guerra. Nel 2014, dopo essere stato per tanti anni il rabbino capo di Donetsk all’est del Paese, in seguito alla rivolta separatista appoggiata dal Cremlino Vyshedski ha dovuto trasferirsi a Kiev dove ora presiede la sua comunità in esilio. “L’unica cosa che mi interessa è che non si crei il panico e che i membri della comunità rimangano tranquilli”, dice rav Vyshedski che non ha nessuna intenzione di lasciare l’Ucraina e che ora è concentrato sulle preparazioni per il Purim.

Lo stesso atteggiamento è condiviso da altri rabbini e leader ebraici ucraini, come emerso durante l’incontro online di domenica scorsa con rappresentanti dell’ambasciata d’Israele a Kiev e con il ministero degli Esteri israeliano. In un’intervista al sito lenta.ua il rabbino capo dell’Ucraina, Moshe Reuven Azman (nella foto), ha detto che è pronto per qualsiasi scenario e che la comunità da lui guidata si sta occupando di preparare scorte alimentari e di garantire la sicurezza, e che in un momento come questo lui non può lasciare Kiev. L’Ucraina, secondo il rabbino, deve imparare a vivere una vita normale, pur trovandosi continuamente sotto minaccia, seguendo l’esempio di Israele.

Sinagoga corale di Kiev

Israele, il Ministro Lapid invita gli israeliani a lasciare l’Ucraina

Da Israele arrivano segnali ben diversi. Martedì 15 febbraio il ministro degli Esteri Yair Lapid ha reiterato il suo appello ai cittadini israeliani che si trovano in Ucraina a lasciare il Paese il prima possibile. “La finestra della possibilità di andare via si sta chiudendo”, ha avvisato Lapid. Dichiarazioni che non sono state ben accolte né dal governo ucraino – durante la visita in Israele lunedì la viceministra degli Esteri ucraina Emine Dzhaparova ha detto che stanno seminando panico e producono danni economici ­­– né dai leader ebraici in Ucraina. Come ha fatto sapere l’ambasciatore israeliano a Kiev, Michael Brodsky, in un’intervista al Times of Israel, i capi comunitari non hanno apprezzato le distinzioni fatte da Israele tra cittadini israeliani e non e hanno chiesto di avere indicazioni in materia di misure di sicurezza.

Secondo le stime dell’ambasciatore Brodsky, in Ucraina rimangono ancora circa 10mila israeliani, mentre più di 2mila hanno già lasciato il Paese. I famigliari dei diplomatici israeliani sono partiti, ma l’ambasciata a Kiev continua ad operare con i rinforzi arrivati da Gerusalemme prestando tutto l’aiuto necessario per chi vuole partire, mentre un ufficio consolare temporaneo dovrebbe cominciare la sua attività a Leopoli, nella parte occidentale dell’Ucraina. La ministra dei trasporti israeliana Merav Michaeli ha detto che ci saranno otto voli aggiuntivi dall’Ucraina per Israele durante questa settimana.

Yair Lapid, ministro degli esteri israeliano

Evacuare gli ebrei ucraini?

Un’eventuale evacuazione degli ebrei ucraini in caso di conflitto passa da un altro binario, e verrà gestita soprattutto dall’ufficio di collegamento Nativ (organizzazione governativa israeliana che ha mantenuto i contatti con gli ebrei del blocco orientale durante la guerra fredda), dall’Agenzia ebraica, dalle organizzazioni ebraiche americane e anche da alcuni gruppi cristiani, riporta The Times of Israel. La testata The Jerusalem Post parla di un piano segreto di Israele per salvare gli ebrei ucraini in caso di invasione russa, evacuandoli e fornendo loro un alloggio temporaneo. Non se ne conoscono i dettagli, ma ministeri e organizzazioni coinvolte ci stanno lavorando da settimane.

L’Agenzia ebraica ha fatto sapere a Mosaico che al momento non sta evacuando nessuno dall’Ucraina (ad eccezione di 24 insegnati dipendenti dal Ministero dell’Educazione che sono partiti sabato per Israele), ma che si tratta di una situazione in evoluzione e che l’organizzazione sta cercando di adattarsi il più velocemente possibile ai bisogni della comunità. L’agenzia vanta una presenza forte in Ucraina dove si trovano quattro funzionari israeliani e 100 collaboratori locali. Secondo le stime dell’Agenzia, sono 43mila gli ucraini che hanno entrambi i genitori ebrei e si identificano come tali, ma le persone che potrebbero effettuare il rimpatrio secondo la Legge del Ritorno sono 200mila.

La ministra per l’Aliyah e l’Integrazione, Pnina Tamano-Shata ha detto al suo dicastero di prepararsi per migliaia di Olim ucraini nell’eventualità di un attacco di Mosca. Israele aveva già visto un’Aliyah di massa dall’Ucraina dopo l’inizio del conflitto nel Donbass nel 2014.

Nel periodo dal 2014 al 2021, secondo i dati dell’Agenzia Ebraica, ci sono stati 45mila nuovi Olim provenienti dall’Ucraina.