di Nina Prenda
Israele in Medio Oriente non ha amici. Al massimo, si può parlare di vicini di casa che non disturbano. Giordania, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti negli ultimi anni stanno sembrando tali, ovvero le élite che governano questi Paesi arabi si stanno dimostrando tali. Quanto ai popoli che vi abitano, invece, spesso l’odio contro lo Stato ebraico è diffuso e il malcontento popolare si fa sentire riguardo alla bussola della politica estera; ma poiché non è sempre il popolo a scegliere chi governa bensì la faccenda è in mano a pochi, al momento questo delicato equilibrio sembra reggere. La questione palestinese e la guerra in corso a Gaza – ripresa nella sera del 17 marzo dopo il cessate il fuoco precariamente durevole dal 19 gennaio 2025 e un integrale scambio tra ostaggi e prigionieri fallito – si è rivelata un’ottima miccia per consentire agli animi e alle voci arabe ostili ad Israele di tornare in piazza e farsi sentire, spesso animate da bambini recitanti slogan inneggianti alla morte del nemico.
In questo frammentato e intricato scenario chiamato Medio Oriente, una regione che vive d’incastri politici spesso fortuiti e molti giochi di specchi, un’area di mondo dove niente è come sembra e tutto è il suo contrario, si colloca la Siria di Abu Muhammad al-Jolani. Il Paese esce da un momento estremamente delicato per la sua storia: dopo quasi tre decenni, il dittatore Bashar Al-Assad è caduto al grido di vendetta di Hay’at Tahrir al-Sham (in arabo: Organizzazione della Liberazione del Levante dove per “Levante”, per il momento, si intende l’attuale Stato della Siria). HTS è una formazione armata islamica siriana di orientamento salafita, derivante da una costola di Al-Qaeda insieme alla quale sono confluiti altri gruppi islamici, attiva e coinvolta nella guerra civile siriana, al cui capo c’è Abu Muhammad al-Jolani.
Il cartello islamico è così animato e mai sopito che, dal 2 dicembre 2024, ha iniziato la sua scalata al potere dell’intero Paese marciando verso Aleppo, Hama, Homs, fino alla conquista della capitale Damasco, facendo cadere Bashar al-Assad l’8 dicembre 2024. Al-Jolani è riuscito a far capitolare l’intero Stato – fino a quel momento nelle mani di Assad solo nella forma, giacché importanti erano e rimangono le sacche dell’opposizione – e a conquistare il potere. HTS non si era ufficialmente presentato al mondo come un nuovo ISIS bensì puntava a proporsi come una nuova organizzazione politica inclusiva e perfino rispettosa delle minoranze. Ma appena due mesi dopo la nomina a Presidente di Al-Jolani (che da leader ha cambiato nome e ora si fa chiamare Ahmed Al-Sharaa) gli scontri all’interno della Siria tra il nuovo governo e le minoranze sono ferocissimi. Tra gli alawiti e i curdi si contano già migliaia di morti.
La Siria di Al-Jolani su Israele
Il giorno dopo la presa di Damasco, il 9 dicembre 2024, la CNN riferiva che Al Jolani aveva voluto rassicurare Stati Uniti e Israele che “la nuova Siria comprende i loro interessi”. L’emittente televisiva sottolineava come, negli anni, Al-Jolani avesse avuto molto tempo a disposizione per affinare la propria strategia comunicativa: per il suo primo discorso a Damasco non a caso ha scelto la Grande moschea degli Omayyadi (non uno studio televisivo né il palazzo presidenziale da cui era fuggito l’oramai ex presidente siriano Assad).
Il 17 dicembre 2024, in un’intervista rilasciata al quotidiano britannico Times, Abu Mohammad Al-Jolani sottolineava che la Siria “non verrà utilizzata” come base per attacchi contro Israele o qualsiasi altro Stato, tornando a chiedere la fine agli attacchi aerei israeliani sul territorio siriano. “La giustificazione di Israele era la presenza di Hezbollah e delle milizie iraniane – diceva Al Jolani – e quella giustificazione è venuta meno”.Tutt’oggi continuano gli scontri tra jihadisti sciiti di Hezbollah in Libano e jihadisti sunniti di HTS in Siria.
Israele, curdi e drusi
La “politica periferica dello Stato ebraico”, ovvero la posizione in politica estera di Israele nella regione che si basa sul guardare oltre il cerchio dei vicini ostili per cercare amici, vede nei drusi e nei curdi alcune risposte. Secondo il Times Of Israel il ministro degli Esteri Gideon Sa’ar presenta una visione di alleanze con le comunità curde e druse in Medio Oriente, dicendo che le minoranze della regione dovranno stare insieme, nella cerimonia del passaggio di consegne con il ministro uscente Israel Katz. “Il popolo curdo è una grande nazione, una delle grandi nazioni senza indipendenza politica – ha detto Sa’ar. – Sono i nostri alleati naturali”. Chiamando i curdi “vittime dell’oppressione iraniana e turca”, Sa’ar dice che Israele “deve raggiungere e rafforzare i nostri legami con loro”. La regione autonoma del Kurdistan in Iraq è strategicamente situata lungo i confini dell’Iran e della Turchia, il che la rende un potenziale alleato strategicamente potente per Israele.
Per quanto concerne i drusi, la situazione è complessa e coinvolge lo Stato ebraico da vicino poiché questo gruppo etnico-religioso che deriva dall’Islam sciita, abita soprattutto le Alture del Golan (è diffuso tra Israele, Siria, Giordania e Libano). In Israele, i drusi sono circa 150mila e godono della cittadinanza israeliana a pieno titolo, partecipano alla società e, contrariamente alla maggior parte degli arabi con passaporto israeliano, sono soggetti alla leva militare obbligatoria, servendo nell’esercito (Tzahal, IDF) con un forte senso di lealtà verso lo Stato ebraico. È bene sottolineare però che proprio nel Golan, molti drusi non hanno accettato la cittadinanza israeliana e si identificano ancora come siriani. La loro identità è un mix unico formato da una forte appartenenza alla regione araba. Il ministro degli Esteri israeliano Gideon Sa’ar ha recentemente ordinato la consegna di pacchi alimentari contenenti aiuti umanitari per assistere i drusi in Siria. In un’operazione condotta nelle scorse settimane, sono stati consegnati 10mila pacchi di aiuti umanitari ai drusi siriani nelle zone di combattimento. L’operazione è stata condotta in coordinamento e cooperazione con il capo della comunità drusa, lo sceicco Tarif, e in collaborazione con il Consiglio religioso druso, l’esercito israeliano e altri elementi della zona.
I rapporti tra Israele e Siria sono una partita a scacchi che si gioca su più livelli. La tolleranza che prova la nuova Siria può essere definita settaria. Il rapporto che lega il Paese ad Israele, altrettanto. E molto dipenderà dalla leadership al comando dello Stato ebraico e dal rapporto con le minoranze contese che legano i due Stati.