Identità ispanoamericana

Mondo

Nel recente Convegno sul ladino, la lingua parlata dagli ebrei sefarditi, è stato ricordato che con la diaspora dalla penisola iberica (Spagna e Portogallo, Sefarad) gli ebrei non solo si diffusero verso i paesi del bacino mediterraneo e il nord dell’Europa, ma anche il Nuovo Mondo, da poco scoperto, fu meta di ondate di profughi che vi trovarono rifugio. Anche se è un fenomeno ancora non molto studiato, pare che questi judios fossero i primi bianchi di origine europea stanziati in America.

Nel primo secolo dopo la cacciata, molti “cripto-ebrei” emigrarono infatti, al seguito delle truppe della conquista, alla volta della Nuova Spagna (Nueva Espana), ossia i territori coloniali dell’impero spagnolo: l’attuale Messico, l’America Centrale, nonché quasi tutti gli States sud occidentali (California, Nevada, Utah, Colorado, Wyoming, Arizona, Nuovo Messico e Texas), territori che resteranno di dominio spagnolo fino al 1821.

Anche oltremare vigeva il Tribunale dell’Inquisizione che, sorto in Spagna nel XV° secolo, fu formalmente istituito in Messico nel 1571. Dopo un periodo iniziale di estrema durezza, venne decretato che l’Inquisizione non avrebbe avuto alcuna autorità sugli Indios, né giurisdizione alcuna sugli ebrei. Tuttavia al Sant’Uffizio era demandata la responsabilità di garantire che una volta convertiti – volontariamente o con la forza –
questi “conversos” e i loro discendenti non scivolassero di nuovo nella loro antica fede. E se si eccettuano i periodi di persecuzioni (attorno al 1580 e 1590 e più tardi ancora intorno al 1640) molti di questi “marranos” poterono vivere relativamente tranquilli e nel benessere e praticare le loro tradizioni in modo discreto nel segreto delle loro case.

L’ultimo e più sorprendente capitolo di questa storia è che da alcuni decenni molte famiglie di origine iberica, ufficialmente cattoliche, hanno scoperto di avere radici sefardite, di essere cioè discendenti da quegli antichi marrani che erano sfuggiti all’inquisizione locale. Riemergono alla memoria, come raccontano alcuni dei protagonisti di questo ritorno alle origini, episodi inconsueti di usanze “strane” che si erano tramandate ed erano sopravvissute fino ad oggi: il non viaggiare di sabato ad esempio, l’accensione delle candele il venerdì sera, l’evitare di mangiare maiale, o addirittura la stella di Davide incisa sulle pietre tombali. Si tratta di prove aneddotiche che non avrebbero forse sostanza se non fossero suffragate da recenti ricerche storiche e progressi nei test del DNA che rivelano l’importante ruolo avuto dai cripto-ebrei e dai loro discendenti nella colonizzazione spagnola del sud-ovest americano.

Questo ha portato a numerose conversioni all’ebraismo, anche se è difficile stabilirne il numero. Molte autorità rabbiniche considerano loro dovere assistere questi discendenti, come hanno fatto negli Stati Uniti nel caso di sostegno dato a ebrei sovietici, albanesi o siriani.

La scienza moderna getta nuova luce sulla storia dei cripto-ebrei, dopo che antropologi molecolari hanno recentemente messo a punto un test DNA del cromosoma maschile o Y che può indicare una connessione ancestrale con i “cohanim”, ossia la casta sacerdotale ebraica che fa risalire le sue origini ad Aaron, fratello di Mosè, più di 3000 anni fa.

Uno dei protagonisti ha detto: “Si è trattato più di un ritorno che di una conversione. Sono passati quattrocento anni da quando la mia famiglia divenne cattolica. Non è andato perduto quel germe dell’ebraismo, e io ora faccio il viaggio di ritorno alla volta del mio passato ebraico”.