Gli ebrei, l’Europa e il mondo

Mondo

Ecco l’intervento tenuto dal presidente del Congresso ebraico europeo Pierre Besnainou in occasione dell’assemblea del World Jewish Congress, a Parigi il 12 novembre 2006.

Signor Primo Ministro, ambasciatore d’Israele, signore e signori ambasciatori, signore e signori eletti, signora presidente della Fondazione alla Memoria, rappresentanti dei culti, presidente del Congresso Mondiale, rappresentanti delle comunità ebraiche mondiali, cari amici

E’ una gran gioia per me ricevervi in occasione del 25° anniversario del Congresso Ebraico Europeo e rivedere tante personalità che hanno contrassegnato la storia di questa istituzione.

Signor Primo Ministro, quello che ci ha riunito questa sera al Senato è un momento particolare. Vorrei per prima cosa rendere omaggio al Presidente di questa alta assemblea, Christian Poncelet, la cui amicizia e ospitalità ci è così preziosa. Alla fina di questa giornata che ci ha insegnato tanto vorrei farla partecipe, signor Primo Ministro, del senso di emozione, di riconoscenza e di preoccupazione che proviamo.

L’emozione è quella di vedere riuniti a Parigi tanti illustri rappresentanti dell’ebraismo mondiale, venuti qui dalla Diaspora e da Israele. Al di là delle circostanze, quello che riunisce la Francia e il Congresso Mondiale Ebraico sono innanzitutto i valori condivisi, quelli di tolleranza, di libertà e di affermazione dei diritti dell’uomo. Non è senza significato che noi ci ritroviamo a Parigi, simbolo di quella Francia che, prima nazione al mondo, ha elevato gli ebrei al rango di cittadini e di cui il padre del filosofo Emmanuel Levinas ha potuto dire, in pieno affaire Dreyfus: “Un paese i cui cittadini sono pronti a lacerarsi per riabilitare un piccolo capitano ebreo è un paese dove dobbiamo andare senza indugio”. Come dimenticare, cari amici, che proprio in questa stessa città Theodore Herzl ha concepito l’idea del sionismo, mentre assisteva alla degradazione del capitano Dreyfus, proprio a poche strade di distanza dal luogo in cui ci troviamo ora?

E poi il senso di riconoscenza per la lotta senza quartiere che voi combattete ogni giorno contro l’antisemitismo e che richiede determinazione e coraggio. La fermezza dimostrata dalla Francia di fronte a tali aggressioni ha potuto contenere queste nuove violenze, farle regredire, anche se restano a livelli sempre molto preoccupanti.

La preoccupazione infine, di fronte alle minacce che incombono sullo Stato di Israele. L’attaccamento che noi proviamo verso Israele non può essere meglio espresso che dalle parole di Elie Wiesel, ricordate recentemente dal presidente Jacques Chirac: “Gli ebrei possono vivere fuori da Israele ma non possono vivere senza Israele”.

Da quando è stato istituito nel 1936, il Congresso Mondiale Ebraico che rappresenta le comunità ebraiche di tutto il mondo, si è dato tre compiti principali: la lotta all’antisemitismo, il sostegno alla creazione dello Stato di Israele e, dal 1948, l’avvenire e la conservazione della sicurezza di Israele. Da oltre 25 anni questa lotta è combattuta con passione, determinazione e coraggio da Edgar Bronfman e Israel Singer.

Il Medio Oriente vive da decenni momenti estremamente dolorosi. Tanti i drammi che i popoli di questa regione sono stanchi di affrontare, e non aspirano che ad asciugare le lacrime e a vivere in pace. Questa pace che sembra sempre a portata di mano ci sfugge continuamente, ma non vi è alcun dirigente di questa regione che non sappia dentro di sé che presto o tardi per la volontà delle popolazioni, essa finirà per trionfare. Il Congresso Mondiale Ebraico è impegnato nella ricerca di questa pace ed è su questa strada così difficile che ogni giorno mi sforzo di dare il mio contributo al dialogo e alla speranza. Colgo l’occasione per porgere il mio saluto agli ambasciatori di Egitto e di Giordania i cui governi hanno avuto il coraggio della pace con Israele e operano giorno per giorno per trovare un accordo definitivo che permetta al popolo palestinese di vivere in un suo stato, in pace e in sicurezza accanto a Israele.

Nel ventesimo secolo il popolo ebraico ha conosciuto due degli avvenimenti più sconvolgenti della sua storia: la Shoah da una parte, questa tragedia inaudita. E a questo proposito mi permetta per prima cosa Signora Veil di esprimerle il mio omaggio e il rispetto per tutta la sua opera, e poi di dirle signor Primo Ministro che l’emozione sincera da lei provata in occasione del suo discorso davanti al monumento che commemora la razzia del Vel d’Hiv nel giugno 2005 (in occasione della cerimonia ufficiale in memoria delle vittime dell’antisemitismo in Francia) resterà impressa nella memoria degli ebrei di tutto il mondo.

Due avvenimenti dunque: la Shoah da una parte e l’indipendenza dello Stato di Israele dall’altra.

Agli inizi del ventunesimo secolo, un uomo, Mahmud Ahmadinejad, nega la realtà della Shoah e annuncia a chiare lettere l’intenzione di “cancellare Israele dalla carta geografica”. Quest’uomo è alla guida di una nazione di 70 milioni di abitanti, prossima a disporre dell’arma più micidiale che si conosca. La sua ambizione non la nasconde: come Hitler si augurava un mondo “ripulito dagli ebrei” il presidente iraniano desidera oggi un mondo “ripulito dalla stato di Israele”.

Si sente dire talvolta che questo presidente è folle, marginale, non serio nei suoi propositi: ma la pazzia non è mai stata una circostanza attenuante, è anzi un’aggravante per un capo di stato in attività, capo di un esercito. Chi può garantire che i pazzi non vengano presi sul serio nei loro propositi, che non mettano in atto le loro minacce?

Altra circostanza aggravante è il supremo disprezzo per la Storia ostentato dal regime iraniano e che assume la forma del negazionismo. Questo flagello prospera, nella Repubblica islamica dell’Iran, col favore dei dibattiti o dei concorsi di caricature della Shoah, il cui secondo premio è andato a un francese. Lo sappiamo tutti: dimenticare o negare che gli ebrei sono stati uccisi nelle camere a gas è un’offesa alla memoria delle vittime, una sofferenza per i sopravvissuti e un attentato alla dignità della comunità internazionale.

I discorsi pieni di odio antiebraico pronunciati quotidianamente a Teheran sono tutto tranne che aneddotici: chi dice tali parole oggi contribuisce ad armare, spiritualmente e psicologicamente, quelli che le metteranno in pratica domani. La storia recente ha dimostrato con quale tranquillità si passa dalle parole ai fatti, con quale buona coscienza i pazzi che oggi sfilano al grido di “Morte agli ebrei” o “Morte a Israele” si metteranno a uccidere ebrei domani.

Oggi, signor Presidente, siamo ancora in tempo a evitare una probabile catastrofe: ecco perché noi abbiamo il dovere assoluto di dire e di fare tutto quanto è in nostro potere per impedire che gli attuali dirigenti dell’Iran entrino in possesso dell’arma nucleare. Le chiediamo pertanto signor Primo Ministro, di sostenere la nostra iniziativa per dichiarare il presidente iraniano ‘persona non grata’ in Europa e di sostenere le sanzioni economiche dell’Onu contro l’Iran. E le chiediamo – ben sapendo che la diplomazia ha i suoi limiti – di agire immediatamente. Ne va della pace mondiale, dell’idea che ci siamo fatti della civiltà, e del mondo che ci auguriamo di poter lasciare ai nostri figli e ai nostri nipoti.

Signor Primo Ministro, la sua presenza questa sera al nostro fianco è un’ulteriore testimonianza dell’amicizia vostra verso gli ebrei e Israele. Amicizia che ci è preziosa, è la garanzia della fiducia che gli ebrei francesi possono avere nelle istituzioni della Repubblica e della determinazione con cui voi saprete rispondere ai sostenitori della violenza, del risentimento e dell’ignoranza.