Francia: morto ragazzo ebreo, dopo un’aggressione antisemita

Mondo

di Nathan Greppi
Le autorità hanno cercato a lungo di negare le cause antisemite del decesso, tanto che anche di recente il procuratore Eric Mathais aveva negato questo tipo di movente adducendo una mancanza di prove sufficienti. Eppure, le circostanze della morte di Jeremy Cohen, giovane ebreo francese di 31 anni investito da un tram a Bobigny, pochi chilometri a nord-est di Parigi, fa capire che non è stato proprio un incidente.

Il giovane, affetto da disabilità motoria, prima di essere investito era stato picchiato da alcuni ragazzi. Secondo i genitori indossava la kippah, e per questo sarebbe stato preso di mira. Nel tentativo di scappare, muovendosi a fatica, Cohen è caduto sui binari, proprio mentre stava passando il tram.

I genitori hanno lanciato diversi appelli per raccogliere testimonianze e ricostruire i fatti che hanno preceduto la morte, anche grazie a un video come prova. “Fino ad oggi non ci sono prove per stabilire con certezza che la vittima indossasse o meno una kippà al momento della violenza” ha detto ieri il procuratore di Bobigny. Per il candidato di estrema destra Eric Zemmour non ci sono invece dubbi: “È morto perché era ebreo”. E anche Marine Le Pen parla di possibile “omicidio antisemita”.

Non sono mancate prese di posizione da parte dei più importanti politici francesi, forse anche per le elezioni che si terranno il 10 aprile: Emmanuel Macron ha chiesto “completa chiarezza” sull’accaduto, chiedendo però di evitare strumentalizzazioni politiche. Il gabinetto del capo di Stato ha chiamato i genitori di Cohen per assicurare loro che sarà fatta piena luce sul caso. Nella comunità ebraica francese è ancora forte il ricordo per vari casi di aggressioni antisemite su cui la giustizia non ha fatto del tutto luce.

Le autorità giudiziarie faticarono nel 2018 a includere il movente antisemita nell’omicidio di Mireille Knoll, uccisa da due giovani nel suo appartamento. E così pure sull’omicidio di Sarah Halimi, signora ebrea picchiata e uccisa nel 2017 da un giovane che l’aveva defenestrata urlando Allah Akbar, la Corte di Cassazione ha deciso che il colpevole non poteva essere processato perché “incapace di intendere e di volere”.