Ancora un omicidio razziale, ancora indifferenza mediatica

Mondo

Come ai tempi del Ku Klux Klan o dell’apartheid in Sudafrica: a Biella un datore di lavoro italiano uccide un suo dipendente africano, trasformato in uno “schiavo” dalla legge razziale 94/2009 dopo che gli era scaduto il permesso di soggiorno, e getta il suo cadavere in un canale. Poi, sperando di farla franca, riprende la vita di sempre.

Un fatto di cronaca doloroso e agghiacciante nella sua spietata violenza. Fino a qualche anno fa, sarebbe stato sulle prime pagine di tutti i quotidiani e in apertura dei telegiornali. Oggi, invece, in Italia non è così. Dopo una lunga campagna politica e mediatica improntata all’odio razziale, gli italiani sono ormai insensibili, davanti alla tragedia di un uomo dalla pelle scura. Ed ecco che i principali quotidiani italiani dedicano al caso articoli brevi e senza alcun commento, ponendola dopo gli esiti del sorteggio dei mondiali di calcio, le solite inquietanti notizie legate alla “doppia vita” di Berlusconi e alcune notizie dall’estero.

A parti invertite, se uno straniero avesse ucciso a sangue freddo un italiano, a distanza di poche ore le versioni online dei quotidiani avrebbero iniziato il “circo” dell’intolleranza, presentano gli immigrati come creature selvagge e senza scrupoli, acquattate nel buio e pronte a colpire, stuprare, assassinare gli innocenti italiani, notoriamente “brava gente”, come se Mafia, N’Drangheta e Camorra fossero solo circoli dopolavoristici.

E’ il 4 dicembre 2009 e sono le 23.39. Nei quotidiani online, la notizia del crimine razziale scende ancora nella home page, come se nulla fosse accaduto, come se fosse un peccato turbare le coscienze della maggioranza degli italiani, cui politici e media hanno insegnato a temere “l’uomo nero”.

Non la corruzione. Non le mafie e le loro sinergie con la politica. Non la crisi morale e civile che imperversa in Italia e fa più vittime di quella economica. Non l’intolleranza che brucia la civiltà dei Diritti Umani trasformando le nostre città in luoghi di un nuovo medioevo, in cui chi è diverso viene ancora braccato, scacciato dal mondo degli uomini come Caino, umiliato, battuto, imprigionato, messo al rogo.

Sono le 23.42. Ora, come facciamo sempre in queste occasioni, invieremo questo articolo ai direttori di giornali, ai capiredattore, ai responsabili dei network. Domattina, si può esserne certi, la notizia del martirio di Ibrahim, 35 anni, tornerà a salire e otterrà ampio spazio nei telegiornali. “E’ stata solo una svista,” si giustificheranno i gestori dell’informazione. “Di certo, noi non siamo razzisti”.