di Marina Gersony
C’era da aspettarselo. Con la performance di martedì sera, Noa (Achinoam Nini) e Mira Awad hanno portato, volenti o nolenti, il conflitto mediorientale sul palco dell’Ariston. Non tanto per la loro esibizione – una versione multilingue dell’iconica Imagine di John Lennon, in ebraico, arabo, inglese e italiano – quanto per le polemiche che ne sono seguite e sembrano non placarsi.
L’idea di unire le voci di due donne con storie apparentemente inconciliabili in un’unica melodia avrebbe dovuto essere un simbolo di pace. E invece, ha scatenato un putiferio. Il motivo? Nei giorni precedenti, molti giornali avevano annunciato l’evento come il duetto tra un’israeliana e una palestinese, con l’intento di lanciare un messaggio oltre politica, bandiere e confini. Ma quando il pubblico ha scoperto che Mira Awad, all’anagrafe Mīrā ’Anwar ‘Awaḍ, è israeliana a tutti gli effetti – pur essendo figlia di un medico arabo-palestinese cristiano e di una donna bulgara cristiana – le polemiche sono esplose.
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All’indomani della performance, i social sono diventati un campo di battaglia. Ghali Amdouni, noto come Ghali, il cantautore e rapper italiano di origine tunisina, ha commentato con un post lapidario: «Ditemi che è uno scherzo». Un utente ha ironizzato: «Bella idea lanciare un messaggio di pace tra due cantanti israeliane». Un altro ha rincarato: «Ora gli artisti israeliani si fanno passare per palestinesi per diffondere le loro menzogne». E, come spesso accade, le critiche sono arrivate da più fronti. Mira è stata accusata di tradimento: per alcuni, tra cui palestinesi, duettare con un’israeliana significava legittimare un sistema ingiusto. Noa, invece, ebrea e cittadina del mondo, è finita nel mirino di alcuni connazionali per le sue posizioni considerate “buoniste” e troppo indulgenti. Per la serie, the never ending story.
Non è del resto la prima volta. Come ha ricordato la stessa Noa, ogni volta che lei e Mira si esibiscono insieme, c’è una guerra in corso. È successo nel 2009 all’Eurovision e succede di nuovo oggi. «Noi non riportiamo la realtà, quello lo fanno i media», ha detto. «Il nostro compito, come artisti, è immaginare la realtà che vorremmo vedere».
Ma allora, può davvero la musica fare la differenza? O siamo ormai incapaci di ascoltarla senza filtri ideologici? Forse Leonard Bernstein aveva ragione: «Questa sarà sempre la nostra risposta alla violenza: fare musica con ancora più intensità, con ancora più bellezza, con ancora più devozione». Martedì sera, sul palco dell’Ariston, Noa e Mira hanno cantato immaginando un mondo migliore. Non hanno risolto un conflitto. Ma hanno cantato. E forse, nonostante tutto, vale ancora la pena provarci.