Negazionismo: è ora di fare qualcosa

Italia

Una settimana fa a Roma, nella zona Tomba di Nerone – Municipio XX, era stata trafugata  la targa dedicata alla memoria di Settimia Spizzichino – l’unica donna catturata durante la retata del 16 ottobre del 1943, ad essere sopravvissuta alla deportazione ad Auschwitz. Lunedì 16 luglio la targa è stata ricollocata al parco di via Grottarossa  alla presenza fra gli altri del sindaco di Roma, Gianni Alemanno, del presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, e del presidente della Comunità ebraica di Roma, Riccardo Pacifici. Per quest’ultimo, l’occasione della nuova targa intitolata a Settimia Spizzichino è stata l’occasione per sottolineare i pericoli che stanno dietro atti come quello si settimana scorsa. Che si tratti di atti vandalici o razzismo, bisogna far qualcosa, fa capire Pacifici, senza mezze parole. “C’è un pericolo non solo a Roma, ma in Italia e in Europa. Serve rimboccarsi le maniche e combattere. Per ora con gli strumenti della democrazia e, qualora ve ne fosse bisogno, spero di no, con le armi, come hanno fatto i partigiani”. Il primo passo da compiere, in ogni caso, secondo Pacifici è quello di approvare una legge che condanni il negazionismo come un reato, punibile anche con la reclusione: “Riteniamo che il Parlamento possa e debba estendere la legge Mancino, facendo rientrare nella normativa il reato di negazionismo, che è già una legge quadro in Unione europea”.  “Credo sia giunto il momento che
anche l’Italia si muova in questo senso, sulla scia di quello
che hanno gia’ fatto altri Paesi in Europa” ha aggiunto.

In effetti, a leggere le cronache dei giornali, il negazionismo oltre alle manifestazioni di antisemitismo, sembra un fenomeno in costante ascesa, sia nelle forme più subdole che si annidano nei meandri del web sia in quelle più palesi e concrete dei partiti dell’estrema destra europea che sono riusciti a guadagnarsi seggi nei parlamenti nazionali – i casi di Alba Dorata in Grecia e Jobbik in Ungheria sono emblematici in questo senso.
Complice senz’altro la crisi economica e sociale che l’Europa sta attraversando, è indubbio che l’offensiva (per ora, solo verbale) antisemita e negazionista si stia facendo ogni giorno più grande.
“Sono rimasta scioccata dalla violenza del negazionismo su internet” ci dice Donatella Di Cesare, docente di filosofia all’Università di Roma e autrice recentemente del volume “Se Auschwitz è niente. Contro il negazionismo”.

La Di Cesare è fra coloro che condivide, a partire da una riflessione tutta filosofica, la condanna per legge del negazionismo. Nel suo libro spiega come la ragione della pericolosità di questo fenomeno sia da ricondursi al fatto che il negazionismo sia tutt’altro che un’opinione. “Il negazionismo, spiega, è un progetto politico”. “Chi nega Auschwitz di fatto si fa portatore e continuatore del progetto hitleriano di sterminio degli ebrei” quello che, nelle parole dei negazionisti non sarebbe mai avvenuto, non essendo esistite, a loro dire, le camere a gas.  “Alla base della negazione della Shoah, osserva ancora Di Cesare, c’è la volontà di scardinare i principi che sono alla base della democrazia. “Non dobbiamo dimenticare che la nostra Europa democratica è sorta dalle ceneri di Auschwitz e che chi le nega, nega di fatto l’Europa e i principi che ne stanno alla base. Per questo i negazionisti rappresentano un pericolo, e per questo il negazionismo, secondo me, va trattato come un reato”.

Secondo Di Cesare, la diffusione incontrollata del negazionismo, inteso come progetto politico, è un problema che ci riguarda tutti come cittadini, e che come tale non va lasciato alla sola responsabilità degli storici, come è accaduto sinora.

Nel gennaio 2007 con il manifesto “Contro il negazionismo per la libertà della ricerca” un gruppo di 150 storici di diversa formazione si schierò contro il disegno di legge proposto dall’allora Ministro della Giustizia Clemente Mastella, per la condanna del negazionismo.

“La strada della verità storica di Stato – si legge nel Manifesto dei 150 –  non ci sembra utile per contrastare fenomeni, molto spesso collegati a dichiarazioni negazioniste (e certamente pericolosi e gravi), di incitazione alla violenza, all’odio razziale, all’apologia di reati ripugnanti e offensivi per l’umanità; per i quali esistono già, nel nostro ordinamento, articoli di legge sufficienti a perseguire i comportamenti criminali che si dovessero manifestare su questo terreno.
E’ la società civile, attraverso una costante battaglia culturale, etica e politica, che può creare gli unici anticorpi capaci di estirpare o almeno ridimensionare ed emarginare le posizioni negazioniste. Che lo Stato aiuti la società civile, senza sostituirsi ad essa con una legge che rischia di essere inutile o, peggio, controproducente.”

“Accanto al timore per ‘la libertà di ricerca’ minacciata da possibili invasioni di campo”, scrive Di Cesare, il gruppo dei 150 si schierò “contro quella che definiscono una ‘verità di Stato'”.
Dopo quella di Mastella del 2007, non sono state avanzate altre proposte per una legge sul negazionismo.