Sotto le macerie della bellezza italiana, la storia millenaria dell’ebraismo nelle Marche

Italia

di Ester Moscati

La città di Camerino devastata dal sisma (Foto Angelo Emma-LaPresse)
La città di Camerino devastata dal sisma (Foto Angelo Emma-LaPresse)

Non è stato solo il Ground Zero della bellezza italiana, la distruzione di alcuni dei borghi più belli del pianeta. Anche una grande pagina di storia dell’ebraismo italiano è stata sepolta sotto le macerie e le scosse di terremoto di fine ottobre. Una pena infinita per gli scenari naturalistici, le cittadine e le strade dove si mossero filosofi e qabbalisti rinascimentali, eruditi e insigni sapienti della tradizione ebraica, mercanti e scriba che in lungo e in largo percorrevano quelle zone magiche del centro Italia, da Bachur Levita a Elia del Medigo, a Joseph Alemanno e Ghershom Soncino…

 

La ferita profonda che si è aperta sul Monte Vettore, la forza devastante delle scosse più violente e lo sciame sismico che continua ad atterrire le popolazioni locali hanno posto sotto gli occhi del mondo quel cuore d’Italia di stupefacente splendore che ha visto nei secoli una presenza ebraica radicata e importante.

La geografia delle Marche sconquassate dal terremoto, insieme ai territori limitrofi di Umbria e Lazio, è un catalogo di cognomi ebraici che testimoniano un legame millenario: Ancona, Ascoli, Belforte, Camerino, Cingoli, Osimo, Recanati, Tolentino. E ancora Barchi, Cagli, Fano, Della Pergola, Urbino, Iesi, Macerata, Mondolfo, Moresco, Pesaro, Pergola, Senigaglia … e tutte le loro varianti. Da Norcia, in Umbria, deriva invece il cognome Norsa, diffuso nel Nord Italia.

Una presenza ebraica oggi contenuta ma che ha lasciato segni importanti nelle arti e nei mestieri, nella storia, nelle mura delle cittadine fortificate, arroccate sulle colline digradanti dall’Appennino al mare, oggi macerie frantumate e fumanti.

Camerino, il quartiere ebraico della Giudecca
Camerino, il quartiere ebraico della Giudecca

Là, dove la bellezza della natura e dei luoghi ha ispirato poeti e pittori, rendendo struggenti gli sfondi delle opere rinascimentali così come i versi del recanatese Leopardi, gli ebrei hanno trovato terre di lavoro e rifugio, muovendosi sul finire del primo millennio da Roma verso Ancona. La loro presenza fu capillare, come ci dicono ancora i cognomi di origine; chiamati dai Signori locali per le attività di prestito, che stimolarono l’economia, o imprenditori loro stessi, gli ebrei giunsero nei territori delle Marche attraverso le vie Salaria e Flaminia, e poi, secondo le vicende storiche incalzanti, dal Regno di Napoli dopo la Cacciata dei Re Cattolici, dalla Germania e dal Levante. Ebrei italiani, sefarditi e askenaziti trovarono qui accoglienza e relativa sicurezza, anche se non mancarono talvolta episodi di violenze e persecuzioni. Portarono mestieri nuovi, per i quali nei luoghi di origine avevano spesso l’esclusiva, come la tincta judeorum concessa dai Normanni in Sicilia. E così anche nelle terre della Marca furono Tintori, ma anche Orefici, Tessitori, e mercanti di seta, calzolai (da cui i cognomi Della Seta, Galligo, cioè calzolaio, da cui deriva la specializzazione marchigiana nell’industria calzaturiera).

Nelle Marche Meridionali oggi così severamente colpite dal terremoto, insediamenti ebraici si ebbero ad Amandola, Ascoli Piceno, Belforte del Chienti, Camerino, Casigliano, Cingoli, Corridonia, Fermo, Folignano, Macerata, Matelica, Montegiorgio, Monterubbiano, Offida, Recanati, Ripatransone, San Ginesio, San Severino Marche, Tolentino.

In ognuno di questo luoghi, gli archivi conservavano documenti dell’antica presenza ebraica mentre, nelle mura, tra i vicoli di pietra e mattoni rosati, erano ancora leggibili le tracce delle giudecche e dei ghetti. Oggi, gran parte di questo patrimonio è in rovina o cancellato per sempre.