Auschwitz: l’Accademia di Brera restaura il Blocco 21

Italia

In onore degli italiani uccisi.


Il Memorial allestito in onore degli italiani caduti nei campi di sterminio nazisti, nel Blocco 21 di Auschwitz, è la traduzione in opera artistica dell’incubo del deportato. Un’enorme spirale di immagini pittoriche avvolge il visitatore nel racconto dei fatti che hanno insanguinato l’Europa nella prima metà del Novecento. Una musica agghiacciante accompagna questo “viaggio storico” e, attraverso i suoni, rievoca la sospensione fra la quasi certezza della morte e la tenue speranza della sopravvivenza. In occasione della “Giornata della memoria”, il 3 febbraio, nell’Accademia di Brera, si è tenuto il convegno sul progetto di documentazione e conservazione del Memorial dei caduti italiani, allestito nel 1980 ad Auschwitz. Il ricordo della Shoah è stato affrontato lungo due linee guida separate, ma complementari: l’impatto delle leggi razziali sulla vita dell’Accademia e la descrizione del progetto “Auschwitz–Cantiere blocco 21”.

Testimone diretto di quegli anni, Dario Fo ha offerto al numeroso pubblico, la propria esperienza e una personale lettura del concetto di memoria: “Da ragazzo – ha raccontato Fo – durante gli anni della guerra, ho visto accadere cose terribili. Mai dimenticherò quella volta in cui mio padre, che era capostazione, mi svegliò nel cuore della notte. Mi condusse alla banchina dove era fermo un treno di deportati diretto, attraverso la Svizzera, verso Est. Nel poco tempo che avevamo a disposizione, io e mio padre mettemmo non so quante bottiglie d’acqua nelle mani delle persone chiuse nei vagoni. Non potevo vedere i loro volti, ricordo solo le mani disperatamente tese oltre le sbarre. L’immagine delle loro mani aperte e delle braccia che si sporgevano alla cieca non mi ha più abbandonato e ha il volto, per me, di quel mercato disumano di vite umane. Ora che gli ultimi sopravvisuti ai campi di sterminio stanno scomparendo, non dobbiamo dimenticare la terribile violenza, fisica e, soprattutto, psicologica che c’è stata. Giornate come questa, incontri come quello di oggi, devono mantenere vivo in noi il ricordo di ciò che è stato. Quella condizione di umiliazione e mortificazione che ha colpito ebrei, rom, prigionieri politici e molti altri, definiti ‘diversi’, è inaccettabile. La memoria deve vivere oggi, per ricordarci che non esistono differenze, che non ci deve più essere razzismo. E lo dico guardando ai recenti fatti avvenuti in questi giorni in Italia contro cittadini extracomunitari. La memoria dell’olocausto si mantiene viva ricordando sempre il valore della vita umana, che non deve essere solo un concetto astratto, ma una verità applicata al nostro presente”.

Diversi relatori hanno, poi, illustrato, sotto diversi aspetti, il progetto “Auschwitz–Cantiere blocco 21”, approvato, nel maggio scorso, dall’Associazione Nazionale Ex-deportati, proprietaria del memoriale. Il cantiere di studio e lavoro nasce dalla proposta, avanzata dall’Isrec (Istituto bergamasco per la storia della Resistenza e della età contemporanea) e dalla Scuola di Restauro dell’Accademia di Brera, di riportare il memoriale alle sue condizioni di bellezza originarie e di risvegliare, all’interno della collettività italiana, la consapevolezza del suo valore e della sua originalità. Il Memorial è opera complessa, che va spiegata e compresa.
Non è un semplice monumento. La realizzazione del progetto, su volere dell’Aned verso la fine degli anni Settanta, infatti, vide la fusione e la collaborazione di saperi diversi ed eterogenei. La struttura elicoidale, attraversata da una passerella in legno sulla quale si muove il visitatore, è stata progettata da Lodovico Belgiojoso, sopravvissuto al campo di sterminio.

Primo Levi ideò e scrisse lo scenario dei fatti storici dal 1921 al 1945, che Mario Pupino Samonà tradusse sulla tela in immagini pittoriche. Infine, Luigi Nono acconsentì all’uso del pezzo musicale “Ricorda cosa ti hanno fatto ad Auschwitz” e Nelo Risi realizzò la regia di questa che potrebbe essere definita un’installazione d’arte contemporanea.

Opera artistica e storica di grande valore, il Memorial è la testimonianza diretta di chi ha vissuto la tragedia della deportazione e, allo stesso tempo, è opera corale che esprime la volontà di raccontare la deportazione attraverso l’intreccio di esperienze diverse, che affondano le proprie radici nella storia del Novecento. Da qui la nascita del progetto “Auschwitz-Cantiere blocco 21”.
A una prima fase di ricerca dei documenti che testimoniassero la storia del memoriale, si è poi affiancata il vero e proprio lavoro di conservazione ad Auschwitz. Nel settembre scorso, 32 studenti dell’Accademia di Brera, accompagnati dai loro docenti (Sandro Scarrocchia, Duilio Marco Tanchis e Armando Romeo Tomagra) e dai collaboratori dell’Isrec (Matteo Cavalleri e Elisabetta Ruffini) si sono recati nel campo di sterminio e, con l’appoggio della facoltà delle Belle Arti dell’Università di Cracovia, hanno proseguito il lavoro di documentazione e hanno avviato le prime, indispensabili operazioni di manutenzione.

“I 32 studenti divisi in gruppi – ha dichiarato Duilio Marco Tanchis, docente di ‘Storia delle tecniche di restauro’ – hanno riportato, in un disegno in scala, le diverse parti pittoriche e grafiche delle spire, verificando quale era lo stato di degrado. Il primo intervento manutentivo è stata l’elminazione degli spessi strati di polvere sulle parti basse delle spirali. L’opera di restauro proseguirà in primavera, con un gruppo di altri 60 studenti che, per 3 o 4 mesi, riporteranno alla luce le immagini disegnate sui 540 metri qudrati di tela che ricorpre la spirale”.

Il progetto di documentazione e conservazione del Memorial consta anche di un’altra sezione: il “Progetto Glossa”, già approvata dall’Aned, ma ancora al vaglio delle autorità italiane. Questo progetto, nato a seguito di una specifica richiesta avanzata dal Museo di Auschwitz, nell’ambito di una nuova politica museale, si propone di illustrare ai visitatori la genesi del memoriale, la sua storia e le fasi della sua realizzazione. Dall’altra, il progetto Glossa, vuole essere un mezzo per spiegare al visitatore, attraverso modalità e supporti ancora da definire, i fatti storici riprodotti in immagini sulla tela. “La conservazione di un’opera dal significato così profondo e molteplice – ha dichiarato Elisabetta Ruffini, collaboratrice dell’Isrec – è condizione irrinunciabile. Il memoriale non può essere abbandonato agli attacchi del tempo e ai cambiamenti di sensibilità delle nuove generazioni. Il ‘Progetto Glossa’, come dice il nome stesso, sarà una nota a piè di pagina che faciliterà la lettura del complesso significato dell’opera, senza nulla togliere al suo valore originario”.