Shaaban al-Sayed, il padre dell’ostaggio prigioniero di Hamas per quasi 10 anni: «Sembra un essere umano, ma non lo è più»

Israele

 di Michael Soncin
Tra i sei ostaggi rilasciati a Gaza, c’erano anche Hisham al-Sayed e Avera Mengistu, liberati dopo un decennio di prigionia, nelle mani del gruppo terroristico di Hamas. Domenica sera, presso l’ospedale di Ichilov in Israele, si è tenuta una conferenza da parte dei parenti dei due ostaggi, in cui le toccanti testimonianze si sono alternate a momenti di gioia per il loro ritorno, ma anche di rabbia per il grave trauma subito.

“Come musulmano, sono furioso con Hamas”

A colpire è stato l’intervento del padre di Hisham, Shaaban al-Sayed, che ha raccontato il tragico cambiamento del figlio, detenuto dall’aprile 2015 da Hamas: «Quando lo abbiamo abbracciato, ho capito che stavo abbracciando qualcuno che sembrava un essere umano, ma che non lo era più. Non ha ricordi, non ha voce. È come se non avesse vissuto tra gli esseri umani per tutti questi anni».

Hisham è affetto da una malattia mentale. Cosa ha visto, cosa avrà mai subito per un peggioramento così grave delle sue condizioni di salute, a tal punto da essere spogliato anche dell’ultimo brandello che fanno di una persona un essere umano?

«Era in un campo di tortura. Era con persone che non sono persone. Era in un posto terribile. Hamas non fa che mentire. Non sono onorevoli come hanno detto di essere, ecco perché lo hanno rilasciato senza una cerimonia. Non volevano che il mondo lo vedesse perché avrebbe smascherato le loro bugie, non volevano che nessuno vedesse le sue condizioni. Se avessero avuto un minimo di rispetto per le persone, lo avrebbero liberato molto tempo fa».

«Pensavamo che Hamas fosse un movimento di liberazione, ma la realtà è ben diversa», ha detto il padre, ricredendosi profondamente sulle sue precedenti convinzioni. Anzi, è stato molto critico verso il mondo arabo, di cui ha denunciato il silenzio sul 7 ottobre e le azioni stesse di Hamas, che hanno colpito anche beduini e arabi. Diversi membri della comunità beduina sono stati fatti prigionieri da Hamas il 7 ottobre, compresi quattro membri di una famiglia: Youssef Ziyadne e tre dei suoi figli, Hamza, Bilal e Aisha. Bilal, 18 anni, e Aisha, 17 anni, sono stati rilasciati durante una tregua di una settimana alla fine di novembre 2023 e nel gennaio 2025 l’IDF ha recuperato i corpi di Youssef e Hamza nel sud di Gaza.

Anche Farhan al-Qadi, un altro membro della stessa comunità beduina di Rahat, era stato rapito il 7 ottobre e salvato dall’IDF nell’agosto 2024.

Infatti, Sayed si appella anche all’indifferenza della comunità araba in Israele: «L’opinione pubblica araba deve pronunciarsi su questi atti. Perché questo silenzio?». Ha poi aggiunto di essere pronto a parlare con la gente di Hamas su Al Jazeera per dimostrare che – a differenza di come affermava Hamas – suo figlio non è un soldato, ribadendo che «Hamas ha fatto politica sulle spalle di un uomo mentalmente malato».

«Chiedo ai rappresentanti dell’opinione pubblica araba di rispondere di quanto accaduto il 7 ottobre e anche di quanto accaduto a Hisham: una persona malata di mente che è stata rapita», ha detto il padre secondo quanto riportato dal Jerusalem Post.

Quanto alle condizioni di salute il padre spera che la riabilitazione non si prolunghi. «Le sue condizioni non sono buone. Non è nel nostro mondo. Si è trovato in uno stato di tortura psicologica. Vedo che cerca di parlare ma non riesce a comunicare. E quando non lo capiamo, abbassa la testa e tace».

«Come musulmano, sono furioso con Hamas».

“Non fatevi ingannare dalle immagini dei ritorni”

«Dietro il sorriso ci sono cicatrici irreversibili. Non fatevi ingannare dalle belle immagini dei ritorni. Abbiamo il dovere morale di fare pressione sui responsabili affinché tutti gli ostaggi tornino a casa». A dirlo è stato Ilan Mengistu, fratello di Avera Mengistu, l’altro ostaggio liberato, a Gaza dal settembre 2014, che ha preso parola assieme al padre di Hisham.

«Questo giorno è la prova della provvidenza divina. Sei tornato da noi e siamo infinitamente felici, ma siamo anche consapevoli che la strada è ancora lunga: la riabilitazione richiede tempo, pazienza e supporto», ha detto Ilan, chiedendo a tutti di continuare a pregare per la guarigione e la liberazione di tutti gli ostaggi.

E proprio alle famiglie degli ostaggi ha detto: «I nostri cuori sono con voi. Solo noi possiamo comprendere i sentimenti di perdita, impotenza e desiderio. Siamo qui al vostro fianco, abbracciandovi e dicendo: “Mantenete la speranza. Non avete la possibilità di arrendervi”».

Infine, entrambe le famiglie hanno ringraziato Netanyahu, i soldati dell’IDF, le famiglie degli ostaggi, il presidente Trump e tutti coloro che hanno contribuito a restituire Avera alla sua famiglia.

Foto in alto: Hisham al-Sayed al centro con i famigliari (Ma’ayan Toaf, GPO – Government Press Office)