L’onere e l’esonero

Israele

di Luciano Assin

Nel 1948, nel bel mezzo della Guerra d’Indipendenza, David Ben Gurion concesse alla comunita’ ortodossa l’esenzione dal servizio militare di 400 ragazzi per permettere loro di continuare i loro studi teologici nelle yeshivot, le scuole rabbiniche dove chi vuole e soprattutto e’ in grado, puo’ dedicare tutto se stesso allo studio dei sacri testi. Quella che sembro’ allora una decisione minima e ininfluente, e’ diventata oggi uno dei problemi piu’ spinosi della societa’ israeliana ed e’ tornata nuovamente alla ribalta in tutta la sua complessita’ subito dopo i risultati delle elezioni. Il fenomeno delle esenzioni dal servizio militare si e’ ingigantito col tempo fino ad arrivare al numero di circa 7500 esonerati all’anno. L’esenzione va rinnovata ogni anno ed obbliga lo studente a frequentare la yeshiva per almeno 45 ore settimanali. Una situazione del genere pone non pochi problemi alla societa’ israeliana. Il problema maggiore consiste nel fatto che non solo questi “avrechim” non sono inseriti nel mondo del lavoro e di conseguenza non producono ricchezza, ma al contrario, vengono sovvenzionati dallo Stato. Da qui la sensazione sempre piu’ forte che il mondo ortodosso non sia partecipe nella stessa misura della societa’ circostante agli sforzi necessari per far andare avanti il paese, che tradotto in uno dei cavalli di battaglia del programma elettorale di Lapid significa “una piu’ equa divisioni degli oneri”. Come gia’ accennato il problema e’ molto piu’ complesso della ferma obbligatoria in se stessa, in fin dei conti al termine dei tre anni di servizio militare chi e’ interessato ha tutta la vita davanti per continuare i suoi studi in campo religioso. La realta’ e’ che la comunita’ ortodossa in tutte le sue sfaccettature, ha il giustificato timore di perdere i suoi membri per strada una volta che questi, uscendo dal loro ghetto volontario, vengano a contatto con la realta’ circostante. Segno forse che anche i leader dell’ebraismo piu’ intransigente e ortodosso non siano poi così sicuri che le giovani leve siano in grado di resistere alle tentazioni che la societa’ miscredente offre ai loro coetanei. Per inciso va sottolineato che anche i giovani ragazzi religiosi che si riconoscono nei valori del sionismo e dello stato d’Israele siano considerati dagli ultra’ in definitiva molto meno osservanti di quanto l’ebraismo richiederebbe. Questa posizione intransigente e per molti versi contradditoria ha creato un paradosso assurdo e per molti versi pericoloso: piu’ l’ebraismo ultra ortodosso si arrocca sulle sue posizioni e fa di tutto per conservare e trasmettere i dettami dell’ebraismo imponendo il proprio punto di vista e mantenendo i propri privilegi isolandosi sempre di piu’ dal resto della societa’ israeliana, piu’ l’israeliano medio si allontana dall’ebraismo, poiche’ non e’ in grado di distinguere fra le basi di quello che e’ in fondo uno stile di vita codificato e regolamentato fin nei minimi particolari frutto di una tradizione  piu’ che millenaria  e le disparita’ sociali che vengono create da chi si proclama il suo vero custode. Il giovane israeliano che a 18 anni si arruola per un periodo di tre anni non puo’ concepire per quale motivo un suo coetaneo non solo viene esentato ma riceve delle facilitazioni economiche, di fatto, fortemente discriminatorie.

Un’analisi piu’ attenta di questo fenomeno ci porta pero’ a delle importanti considerazioni.  Prima di tutto bisogna capire che lo studio nelle yeshivot e’ molto impegnativo e per certi versi piu’ ostico di qualsiasi disciplina universitaria, e’ uno studio che dura tutta la vita e richiede un grande sacrificio se fatto seriamente. Questa realta’ sottintende il fatto che non tutti siano adatti ad uno studio cosi profondo e totale, ma visto che parte delle sovvenzioni statali che le yeshivot ricevono sono basate sul numero degli studenti che le frequentano una gran parte degli avrechim si trova li piu’ che altro per scaldar le panche e non per un particolare amore verso gli studi teologici. Questi “fuori corso” si trovano in un limbo frustrante e dannoso: da una parte questa mancanza di talento sminuisce il loro valore nella scala sociale, dall’altra la paura di perderli per strada permettendoli un inserimento nel mondo del lavoro li costringe all’ozio forzato. Questo stato di cose ha fatto si che la societa’ ultra ortodossa sia una dei gruppi piu’ poveri della societa’ israeliana, e’ una triste verita’ che piu’ una citta’ abbia una forte componente ultra regiosa fra i suoi abitanti piu’ il municipio non abbia le fonti necessarie per garantire dei servizi adeguati spingendo il ceto medio laico ad abbandonarla per realta’ piu’ accogliente alimentando sempre di piu’ questo circolo vizioso. Fortunatamente la realta’ sta lentamente ma insesorabilmente cambiando, sia l’esercito che le universita’ hanno creato negli ultimi dieci anni diversi programmi per incoraggiare gli ultra ortodossi ad inserirsi nel tessuto sociale israeliano. Secondo recenti calcoli l’esercito ha assorbito 3000 giovani, altri 3000 sono impegnati in vari programmi di servizio civile, mentre nelle varie universita’ ci sono almeno 7000 studenti interessati ad inserirsi nel mondo del lavoro. La direzione e’ quella giusta ma il ritmo e’ ancora blando e insufficiente. Uno dei principali fattori che influisce in questo cambiamento che potra’ rivelarsi radicale e dovuto alle nuove tecnologie informatiche. L’internet e’ il nuovo nemico dell’establishment religioso. Mentre la battaglia col nemico precedente, la televisione, era stata vinta con relativa facilita’, quella contro i social network non sta avendo lo stesso successo e rischia di trasformarsi in una debacle. Computer e smartphones sono al di fuori di ogni controllo e stanno minando le basi delle convenzioni sociali. C’e’ chi adirittura sostiene che la stessa societa’ ultra ortodossa si stia stancando delle limitazioni e delle imposizioni attualmente in vigore. Secondo alcune analisi statistiche i tradizionali partiti rappresentanti l’universo ortodosso hanno raccolto meno voti di quanto si sarebbe dovuto aspettare tenedo conto della loro crescita demografica, molto piu’ forte rispetto alla componente laica. Quali sono le soluzioni possibili? Il programma di Yair Lapid prevede un ulteriore proroga di cinque anni per tutti i ragazzi ortodossi in eta’ di leva, al termine di questo periodo la leva diventera’ obbligatoria per tutti a parte un gruppo minimo di avrechim che riceveranno l’esenzione in base all’eccellenza dimostrata negli studi. Parallelamente lo stato aumentera’ in maniera notevole l’attuale paga dei soldati di leva, in particolare i combattenti. E’ improbabile che una simile proposta riesca a superare le varie obiezioni legali che inevitabilmente verranno avanzate dalla parte laica e religioso-sionista israeliana. La soluzione a questa problematica passa inevitabilmente per un processo di dialogo e di confronto fra le varie componenti direttamente interessate, una legisflerazione in materia senza un accordo de facto se non de jure non porterebbe a grandi risultati.  Se la diatriba attorno al servizio militare o civile appare complicata un problema simile deve essere risolto anche con la minoranza araba, ma questa e’ un’altra storia.