L’IDF indaga sulle scioccanti affermazioni di Hamas sulla sorte del piccolo Kfir Bibas e della sua famiglia

Israele

di Redazione

«Tre detenuti sono morti a causa dei precedenti bombardamenti sionisti sulla Striscia di Gaza», si legge in una nota divulgata ieri dalle Brigate al Qassam, l’ala militare di Hamas riferita agli ostaggi Kfir Bibas (10 mesi), il fratellino Ariel Bibas (4 anni) insieme alla madre Sherry Silverman Bibas. L’annuncio non menziona il padre Yarden Bibas, 34 anni, anch’esso prelevato durante il massacro del 7 ottobre.

La notizia della morte dei tre ostaggi della famiglia argentino-israeliana Bibas è arrivata come un fulmine a ciel sereno dopo gli appelli sempre più pressanti per la loro liberazione. Nei giorni scorsi Hamas aveva fatto sapere di non essere in grado di rintracciare il nucleo famigliare, essendo questo stato «ceduto» nelle scorse settimane ad un altro gruppo islamista. Ieri le Brigate al Qassam hanno annunciato invece che i tre sono morti, a loro avviso «uccisi in un precedente bombardamento dell’esercito» israeliano».

Mentre l’IDF sta valutando l’accuratezza di tali affermazioni che non escludono l’ormai nota strategia di terrorismo mediatico, disinformazione e guerra psicologica adottata contro l’Occidente. L’IDF ha dichiarato che la famiglia Bibas è stata trasferita da Hamas a un’altra organizzazione terroristica e detenuta nella città di Khan Yunis, nel sud di Gaza, «come fossero bottino di guerra» secondo quando affermato dal portavoce militare Avichay Adraee.

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«Hamas continua a comportarsi in maniera crudele e inumana», ha ribadito a sua volta il portavoce IDF Daniel Hagari, secondo cui la responsabilità della sicurezza di tutti gli ostaggi nella Striscia di Gaza ricade interamente sull’organizzazione terroristica Hamas. Di fatto l’organizzazione non ha fornito dettagli sull’ubicazione o sulle condizioni delle circa 170 persone ancora detenute. In queste ore l’IDF continua a monitorare la situazione della famiglia Bibas e degli altri rapiti, impegnandosi a utilizzare tutti i mezzi necessari per il loro rilascio nella speranza che siano ancora vivi. Anche se le dichiarazioni di Hamas non lasciano presagire nulla di buono.

 

Media che danno i tre ostaggi per morti

Kfir Bibas, il più giovane di circa 30 bambini presi in ostaggio a Gaza, ha trascorso quasi un quinto della sua vita in prigionia dopo essere stato rapito dalla sua casa in un kibbutz nel sud di Israele durante l’attacco di Hamas contro Israele del 7 ottobre. Il bambino stava solo gattonando quando è stato sequestrato, ma è probabile che abbia raggiunto la fase in cui inizia a usare oggetti per alzarsi e muoversi, ha detto sua zia.

È stato rapito da Nir Oz insieme a suo fratello maggiore, Ariel, la loro madre, Shiri, e il padre, Yarden. Martedì, le autorità israeliane hanno affermato di ritenere che la famiglia fosse stata consegnata da Hamas a un altro gruppo militante palestinese in una possibile complicazione dei tentativi di liberarlo. «Hamas continua a comportarsi in maniera crudele e inumana», ha detto il portavoce militare Daniel Hagari.

La zia di Kfir, Ofri Bibas-Levy, ha espresso preoccupazione per il destino dei bambini e ha chiesto il loro rilascio. Ha sottolineato la mancanza di informazioni sulla loro situazione e ha appellato al governo israeliano, al Qatar e all’Egitto affinché facciano tutto il possibile per includere la loro famiglia negli sforzi di negoziazione. Durante una conferenza stampa, Bibas-Levy ha sollevato interrogativi sul protrarsi del tempo prima del rilascio dei giovani ostaggi, esprimendo la sua preoccupazione per la mancanza di chiarezza su chi si stia prendendo cura di loro a Gaza, compreso il nipotino di 10 mesi, solito alimentarsi con il latte artificiale. «Forse è parte di una guerra psicologica contro di noi», ha suggerito, aggiungendo: «La mia speranza è che non li vedano come un trofeo».

Il video del rapimento dei terroristi del 7 ottobre, diventato in seguito virale, mostra Shiri Bibas terrorizzata mentre stringe i suoi figli. La visibile angoscia della donna, i capelli rossi vivaci dei bambini (chiamati «le teste rosse») e l’età di Kfir hanno attirato l’attenzione pubblica internazionale. In altre immagini il padre dei ragazzi appare ferito.

Il destino di Kfir è diventato di fatto un simbolo della richiesta di rilascio di tutti gli ostaggi. «La gente qui prende la notizia con trepidazione e vuole assicurarsi che sia confermata», perché in precedenza ci sono state notizie di prigionieri uccisi che poi si sono rivelate false, riporta Al Jazeera. Alcuni – afferma l’emittente qatariota – pensano che l’annuncio di Hamas possa essere un modo per spingere ad una proroga della tregua».

Martedì scorso, i parenti delle vittime hanno fatto sentire nuovamente la loro voce per sensibilizzare l’opinione pubblica israeliana e internazionale. L’appello dall’ormai tristemente nota e rinominata Piazza dei Dispersi, di fronte al museo di Tel Aviv, ha sollevato interrogativi del tipo «L’Islam insegna a rapire gli infanti? Ogni momento che passa sono sempre più in pericolo», con centinaia di persone che hanno lanciato in cielo palloncini arancioni come simbolo dei capelli tossi dei piccoli Kfir e Ariel.

Nonostante il rilascio di 31 bambini come parte di un accordo, nove sono ancora nelle mani dei terroristi di Gaza, compresi Ariel e Kfir Bibas, alimentando l’angoscia delle loro famiglie e della nazione israeliana. Nel frattempo non vi è alcuna novità sul prolungamento della tregua: il precedente accordo scadrà in queste ore, ieri era l’ultimo giorno di cessate il fuoco. La situazione rimane fluida e si attendono ulteriori sviluppi.