La “Marcia per la pace” delle donne ebree e arabe per un dialogo israelo-palestinese

Israele

di Paolo Castellano

Un'immagine della Marcia per la Pace
Un’immagine della Marcia per la Pace

Durante il quinto giorno della “Marcia per la pace” un grande numero di donne vestite di bianco, che cantava allegre canzoni, ha attraversato il deserto del nord di Israele fino a Kfar Yehoshua nella valle Jezreel. Il gruppo centrale di 19 donne è stato accolto con applausi e complimenti dai molti supporter.

«Dobbiamo scollarci dai nostri divani e dobbiamo abbandonare i nostri telefoni e fare qualcosa di concreto per non rimanere passivi e rassegnati», ha detto Donna KirshBaum dalla città di Omer situata nella parte sud di Israele. «Stiamo letteralmente impuntando i pedi per la pace».

Come riportano Haaretz e il sito d’informazione Forward, “La marcia della pace” è un’iniziativa del Women Wage Peace (WWP) ed è iniziata il 4 ottobre al termine di Rosh Hashanah. Donne ebree ed arabe si sono ritrovate a Rosh Hanikra nel nord di Israele per incominciare un evento podistico di 240 chilometri, un percorso di 14 giorni verso Gerusalemme, che è terminato il 19 ottobre con una grande protesta davanti alle residenze del presidente e del primo ministro israeliano. A Gerusalemme, le donne-atlete hanno chiesto di riattivare le negoziazioni per una pace con i palestinesi. Inoltre molte persone hanno ospitato le marciatrici durante il loro percorso.

Le marce locali e gli eventi sono avvenuti su tutto il territorio israeliano. Ci sono state inoltre una parata notturna con le torce, una performance di viaggio intitolata “Looking Peace in the Eyes”, delle attività per bambini, varie esibizioni d’arte e dei raduni di preghiera per la riconciliazione.

Hagit Lavie, un’ebrea israeliana che ha organizzato il circuito della marcia con la palestinese Huda Abuarquob, ha affermato che il percorso abilitava i partecipanti a reclutare dei seguaci, inclusi quelli che erano già attivamente coinvolti nel pacifismo.

Una cerimonia nel Neve Shalom, un villaggio arabo-ebraico il cui nome significa oasi di pace, ha ospitato la pacifista liberiana Leymah Roberta Gbowee,  vincitrice del Nobel per la pace nel 2011, e un concerto dell’artista israeliano Achinoam Nini.

Alle prime ore del mattino dell’ultimo giorno di marcia per la pace, le marciatrici  partendo da Israele hanno percorso circa 6 km insieme a mille donne palestinesi dall’ Allenby Crossing fino a Qasr el Yahud nella valle del Giordano.

Diversi eventi di solidarietà si sono svolti anche in Egitto, Tunisia, Marocco, Giordania, nel nord e nel sud America e anche in Europa.

«Le nostre anime si stanno parlando e stiamo ricevendo un travolgente supporto dai sindaci, dai leader municipali, dai giornalisti, da uomini e donne di ogni parte del mondo, incluso il mondo arabo, e in particolare da molte migliaia di cittadini che desiderano la pace», ha detto la presidentessa del WWP Yael Admi nel suo discorso d’apertura.

«È il momento che la silente maggioranza si faccia sentire», ha dichiarato la marciatrice Helene Gozani dalla Ella Valley. «Noi abbiamo il potere nelle nostre mani».

Lavie ha inoltre detto che la maratona è stata ispirata dalle grandi marce della storia – la marcia del sale del Mahatma Gandhi avvenuta nel 1930, la marcia di Martin Luther King per la libertà e la grande marcia delle donne liberiane, che hanno avuto un ruolo chiave nel porre fine alla seconda guerra civile liberiana.

Il WWP, che ha preso il nome dal romanzo di Judyth Hill intitolato “Wage Peace”, scritto dopo i tragici eventi dell’11 settembre, è nato due anni fa grazie all’impegno di 40 donne israeliane, madri di soldati che stavano combattendo la guerra di Gaza durante il 2014. Oggi il WWP ha mille membri israeliani e arabi e ha circa 9mila supporter di ogni religione. La corsa solidale è il più grande movimento femminista in Israele, con un’organizzazione che attraversa 17 regioni e con l’aiuto di 21 gruppi di lavoro. Inoltre il 57% dei finanziatori del WWP sono filantropi israeliani.

Il WWP avanza le seguenti richieste: l’istituzione di un ufficio governativo per la pace e la riconciliazione, un consiglio di pace con l’obiettivo di sviluppare un piano strategico per la pace e un dipartimento per la pace nell’ufficio del primo ministro con lo scopo di risolvere le crisi di sicurezza preferendo il dialogo alla violenza. Le contestatrici infine chiedono che il governo integri le donne nel gruppo di governo e nei team per le negoziazioni.