La marcia da Tel Aviv alla Knesset per il rilascio degli ostaggi

Israele

di Redazione
Martedì 14 novembre è iniziata da Tel Aviv, la marcia per sensibilizzare il rilascio degli ostaggi, che si concluderà a Gerusalemme sabato 18, al termine dello Shabbat. Le famiglie hanno invitato i cittadini di tutto il paese ad unirsi alla marcia che durerà cinque giorni, per chiedere la liberazione degli israeliani rapiti dai terroristi di Hamas e portati a Gaza.

La marcia è partita a pochi passi dal Museo d’arte di Tel Aviv, conosciuto ora come “Piazza degli ostaggi”. Come riporta il Jerusalem Post, durante la conferenza stampa, poco prima della partenza, Yuval Haran del Kibbutz Be’eri, ha detto: «Sette persone della mia famiglia sono state rapite a Gaza. Yael, di anni 3, Naveh, 8, Noam, 12. Lì c’è anche mia mamma. Tutta la mia famiglia è lì. Per le persone rapite non c’è più tempo e nemmeno per noi. Da 39 giorni stiamo vivendo una preoccupazione infinita. Non possiamo più stare seduti e aspettare».

Nella foto: la marcia da Tel Aviv per il rilascio degli ostaggi, 14 novembre 2023 (screenshot da YouTube). 

 La popolazione di Israele chiede al governo di intraprendere misure concrete per riportare a casa i propri cittadini. Shelly Shem Tov ha il figlio Omer, di anni 21, che è stato trascinato a Gaza: «Chiedo a Benjamin Netanyahu e al governo di darci risposte e azioni».

La tappa finale della marcia sarà di fronte al Parlamento israeliano. Un cammino di 63 chilometri le cui fermate previste sono: martedì a Be’er Ya’akov, mercoledì sera nel Kibbutz Gezer, giovedì a Latrun, venerdì presso il Kibbutz Maale haChamishah, dove si fermeranno per la cena dello Shabbat. Sabato sera durante l’arrivo sarà poi il momento della manifestazione.

Non ci sono intemperie che li possa fermare. «La pioggia non è niente per noi». A dirlo è stato uno dei partecipanti Meirav Leshem Gonen, il cui figlio è tenuto in ostaggio. Una forte pioggia è iniziata poco prima della marcia, ma Meirav ha esortato comunque gli israeliani ad unirsi alla protesta.

Gli ostaggi devono essere liberati, adesso!

 «I nostri cuori sono sempre con gli ostaggi e le loro famiglie. Dall’inizio della guerra, abbiamo lavorato ininterrottamente per liberarli. Se e quando ci sarà qualcosa di concreto da riferire, lo faremo». Sono le parole del primo ministro Benjamin Netanyahu.

Sono 240 gli ostaggi tenuti prigionieri a Gaza, dopo l’attacco terrorista di Hamas. Questa protesta è solo una delle tante misure intraprese, oltre agli appelli rivolti alle organizzazioni internazionali.

Gli israeliani in ostaggio devono essere rilasciati all’istante. La gente vuole riavere a casa i loro cari, adesso. È il sentimento comune di tutti loro. «I famigliari degli ostaggi sono seduti nelle loro case, preoccupati per la sorte dei loro cari, e vogliono fare qualcosa adesso. Intendiamo arrivare a Gerusalemme e incontrare il Primo Ministro, con una richiesta chiara: restituirli tutti, adesso».

Alcuni dei manifestanti hanno riferito di sentirsi abbandonati dal governo. Nella marcia compaiono slogan come “Non lasciateci soli”, “Li riporteremo indietro”. «Non potete immaginare cosa voglia dire non potere fare nulla per il proprio figlio. Li stiamo perdendo». E il racconto di una madre che si è unita alla protesta, che ha ricordato, tra le lacrime, Noa, la giovane soldatessa morta ad appena 19 anni.

·       Leggi anche: La morte di Noa Marciano: uccisa da Hamas o da un bombardamento israeliano?

 

A Ginevra il ministro israeliano chiede il rilascio degli ostaggi

Il ministro degli esteri israeliano Eli Cohen il 14 novembre durante una serie di incontri a Ginevra presso gli uffici della Nazioni Unite, ha sollecitato il rilascio dei prigionieri israeliani a Gaza, invitando il capo dell’ONU a dimettersi.

Cohen ha anche chiesto al Comitato internazionale delle Croce Rossa (CICR) di trovare una soluzione per ottenere l’accesso agli ostaggi a Gaza. «La Croce Rossa deve attivarsi in tutti i modi per visitare al più presto gli ostaggi, compresi i bambini, le donne e gli anziani, tenuti prigionieri dall’organizzazione terroristica Hamas».

Da una nota del Times of Israel, si legge che il ministro ha criticato l’Organizzazione Mondiale della Sanità, dicendo che l’uso degli ospedali a Gaza da parte di Hamas come copertura delle proprie attività terroristiche, è indice di un grave fallimento per l’OMS stessa. «L’Unione Europea ha già annunciato questa settimana che Hamas sta utilizzando gli ospedali e la popolazione di Gaza come scudi umani per i terroristi di Hamas, e le organizzazioni delle Nazioni Unite dovrebbero unirsi a questo appello inequivocabile».

«Davanti agli occhi di queste organizzazioni è stata creata la più grande infrastruttura terroristica del mondo. Questo è un doppio crimine di guerra quando missili e razzi vengono lanciati contro la popolazione israeliana dagli ospedali», ha aggiunto Cohen.