di Anna Balestrieri
I familiari degli ostaggi e dozzine di sostenitori iniziano a radunarsi in queste ore per commemorare il 500° giorno di prigionia dei loro cari fuori dalla tenda del Forum delle Famiglie degli Ostaggi e dei Dispersi in via Azza a Gerusalemme, con l’intenzione di marciare più tardi verso la Knesset.
Il digiuno come metodo per esercitare pressione sul governo
Il Forum delle Famiglie degli Ostaggi e dei Dispersi ha dichiarato un digiuno di 500 minuti per lunedì 17 febbraio, in solidarietà con gli ostaggi, dalle 11:40 fino alle 20:00, ora locale. “Un giorno di digiuno non è nulla in confronto alla sofferenza che stanno vivendo” a Gaza, ha dichiarato il Forum.
L’evento si sta svolgendo oggi, 17 febbraio 2025, in via Azza a Gerusalemme, per segnare i 500 giorni dall’assalto di Hamas del 7 ottobre 2023.
Il Forum ha invitato a partecipare alle proteste presso l’accampamento di fronte alla residenza del primo ministro a Gerusalemme, dove chiedono il rilascio dei loro cari da oltre un anno. Dopo le dichiarazioni delle famiglie alle 7:30 del mattino, è iniziata la marcia verso la Knesset. Durante il digiuno, tutte le commissioni della Knesset interromperanno le loro attività e alle 14:00 ci sarà un’altra manifestazione davanti al parlamento.
Anche il movimento di protesta Mishmeret 101 terrà manifestazioni a Gerusalemme, segnando quelli che definiscono “500 giorni di abbandono, negligenza, sradicamento, massacro e mancanza di compassione“, con una manifestazione centrale alle 18:00 di lunedì presso la residenza del primo ministro.
Un appello trasversale
L’appello arriva da ogni credo politico e posizionamento nella società. Levi Ben-Baruch, zio dell’ostaggio Edan Alexander, chiede il ritorno di tutti gli ostaggi avvolto nel suo scialle di preghiera e con i tefillin, invitando la nazione a digiunare insieme alle famiglie, a pregare come un’unica anima, un unico cuore. “Vogliamo sapere quando torneranno tutti a casa,” dice Ben-Baruch, il cui nipote Alexander è un soldato e non è nella lista dei 33 ostaggi previsti per il rientro nella prima fase dell’accordo in corso.
“Questa è una protesta di solidarietà che rafforza gli ostaggi e fa sentire le grida di coloro che non possono essere ascoltati. Non c’è più tempo: dobbiamo agire immediatamente per riportare tutti a casa,” dicono le famiglie degli ostaggi israeliani prigionieri a Gaza, invitando la nazione a unirsi a loro per chiedere al governo Netanyahu di assicurare un accordo con Hamas e riportare in Israele gli ostaggi ancora prigionieri.
Maccabit Meyer, zia degli ostaggi Ziv e Gali Berman, esorta la nazione a uscire e unirsi al loro grido: “Voglio che Ziv e Gali siano tenuti nell’abbraccio di loro madre Talia”.
Le risposte all’evento in ogni angolo del paese
A Tel Aviv, una manifestazione di emergenza si terrà alle 20:00 in Piazza degli Ostaggi. “Non possiamo permettere che questo accordo fallisca, dobbiamo agire ora per riportare tutti a casa!” ha scritto il gruppo.
Nel kibbutz meridionale di Be’eri, duramente colpito dall’attacco del 7 ottobre, si sta tenendo una manifestazione centrale per i residenti delle comunità di confine di Gaza, a partire dalle 10 del mattino.
In tutto il Paese, gli studenti terranno manifestazioni di solidarietà all’inizio della giornata scolastica e alcune aziende ridurranno il loro orario lavorativo in segno di protesta.
Si moltiplicano gli appelli di varie organizzazioni, tra di esse Bonot Alternativa (Costruiamo un’alternativa): “Chiediamo al governo israeliano e al suo leader di abbreviare i tempi e di attuare integralmente l’accordo. Firma la petizione e fai pressione insieme a noi: https://bonot.info/BTH-NOW”.
Il movimento delle Donne in Protesta invita i suoi membri a bloccare il traffico all’incrocio tra Rokach e Namir, nella parte nord di Tel Aviv, alle 8:00 del mattino, citando il messaggio di speranza dell’ostaggio liberato Ohad Ben-Ami, che ha dichiarato che sapere delle proteste e del sostegno popolare ha dato forza a chi è ancora in prigionia.