Israele, si torna nei campus, fra tensioni e paura

Israele

di Anna Balestrieri
Dopo numerosi rinvii e copiosi ripensamenti, il 31 dicembre ha marcato l’apertura dell’anno accademico in Israele per la maggior parte delle università. Nonostante parte degli studenti continui a prestare servizio di leva nelle zone interessate dal conflitto, la necessità di uniformare l’anno curricolare ai precedenti ha prevalso. I corsi sono ripresi regolarmente ed i campus si sono ripopolati di studenti, ebrei ed arabo-israeliani.

Le sospensioni dopo il “Sabato nero”

In un clima teso e con qualche assente. Dagli eventi del “Sabato Nero” del 7 ottobre, infatti, circa un centinaio di studenti israeliani, principalmente arabi, sono stati sospesi dagli studi a causa di presunte simpatie per Hamas.

Pochi giorni prima dell’apertura ufficiale dell’anno accademico, l’Università di Haifa, città mista con una significativa popolazione araba e capoluogo di distretto nel nord, ha comunicato la sospensione di otto studenti dagli studi.

Il comitato disciplinare dell’università ha agito su una richiesta presentata all’inizio della settimana scorsa dal rettore, il professor Guy Alroey. Nella sua richiesta, Alroey ha sostenuto che la presenza degli otto studenti all’università potrebbe causare “situazioni estreme” che “richiedono azioni adeguate per evitare risultati disastrosi”.

Sei degli otto studenti erano stati sospesi già l’8 ottobre, all’indomani del massacro, quando il loro presunto sostegno all’attacco di Hamas contro le comunità vicine al confine con la Striscia di Gaza era giunto all’attenzione delle autorità accademiche.

Il 10 ottobre, in una lettera, divenuta virale, a sei degli studenti che lo avevano criticato per la sospensione, il rettore sottolineava l’efferatezza senza precedenti dell’aggressione di Hamas e la responsabilità del suo ruolo istituzionale nel “proteggere l’intera comunità dell’Università di Haifa”, aggiungendo che “gli studenti che sono stati colpiti dalla guerra hanno bisogno della nostra protezione e del nostro sostegno ora, più di chiunque altro.” La giustificazione di Alroey era stata accolta con comprensione da un’opinione pubblica scioccata dalla violenza dei fatti, poco disposta a difendere una libertà di parola che degenera nell’incitamento all’odio, con immagini del massacro accompagnate da didascalie come “ma che splendida mattina” e “se lo meritano”.

Il procedimento disciplinare era iniziato circa tre settimane dopo. Il comitato inizialmente aveva annullato la sospensione, ma l’ha ripristinata alla fine della scorsa settimana.

La risposta degli studenti indagati

Gli studenti in questione, la maggior parte dei quali è rappresentata da Adalah, un’organizzazione no-profit per i diritti umani che si occupa della difesa legale dei diritti delle minoranze arabe in Israele, hanno risposto che l’università non ha specificato il danno che la loro presenza potrebbe causare. Hanno aggiunto che la decisione di sospenderli in fase di giudizio pregiudicherà la loro capacità di proseguire gli studi.

In una risposta, Adalah ha accusato l’università di misure selettive contro gli studenti arabi, aggiungendo che la decisione viola la presunzione di innocenza degli studenti interessati “e trasmette il messaggio minaccioso che l’università cerca di trasmettere, che ha lo scopo di inibire ogni discorso critico riguardante la guerra.”

La scorsa settimana il seminario HaKibbutzim, il Kibbutz Teachers College, ha espulso uno studente ebreo che sosteneva che il college ammette studenti che sostengono il terrorismo e diffondono disinformazione, sostenendo che gli studenti arabi del college avrebbero espresso sostegno al massacro del 7 ottobre sui social media.

Il ruolo della no-profit Adalah

Alla fine della scorsa settimana erano state prese decisioni su 65 dei procedimenti disciplinari aperti dallo scoppio della guerra. Secondo i dati raccolti da Adalah, dal 7 ottobre 2023 113 studenti palestinesi provenienti da 33 istituzioni accademiche hanno chiesto consulenza legale all’istituzione in merito ai procedimenti disciplinari avviati contro di loro dalle istituzioni accademiche in cui studiano. Le accuse riguardano sia post sui social in sostegno agli atti terroristici di Hamas o d’incitamento contro i soldati israeliani sia contenuti che esprimono solidarietà con gli abitanti di Gaza o versetti del Corano dal valore ermeneutico ambiguo.

L’organizzazione, che ha rappresentato la stragrande maggioranza degli studenti sottoposti a provvedimenti disciplinari, ha dichiarato che circa la metà degli stessi si è conclusa con la completa assoluzione. Sei studenti hanno ricevuto una “punizione educativa”, come il servizio civile o la richiesta di scrivere una lettera di scuse; quattordici hanno ricevuto una sospensione temporanea e dodici sono stati espulsi.

La speranza è che gli istituti di istruzione superiore tornino ad essere uno spazio di confronto costruttivo e pacifico, dove la libertà d’espressione non sconfina nell’annientamento di chi la pensa diversamente.