Israele ha la meglio sulla Jihad Islamica, ma a Gaza rifiutano la tregua

di David Zebuloni

Uno scambio di fuoco insolito ha visto lo Stato d’Israele protagonista dell’ultimo weekend. Insolito non tanto per la sua tempistica (puntuale più che mai nella stagione estiva), né per la provenienza dell’attacco (sempre al Sud, sempre da Gaza) e nemmeno per la sua natura (loro lanciano i missili, l’Iron Dome li intercetta e li neutralizza) , ma per i giocatori coinvolti in causa: non più Hamas, bensì la Jihad Islamica. Un gruppo terroristico che occupa la Striscia di Gaza e si contende la leadership locale. Un gruppo più piccolo e meno organizzato, ma molto più estremo di quanto possa essere Hamas, noto anche per i suoi legami stretti con Iran e Hezbollah. Un gruppo radicale privo di contatti con l’esterno, che non comunica con i media internazionali e beneficia della propaganda locale per rafforzarsi.

Dopo quattro giorni di minacce sul sud di Israele, dunque, lo Stato Ebraico ha dato inizio all’operazione Breaking Dawn lo scorso venerdì, uccidendo immediatamente quindici membri della Jihad, tra cui il comandante nel nord della Striscia Tayasir Jabari. Nonostante le autorità sanitarie di Hamas abbiano riportato un bilancio di trentuno vittime a Gaza, tra le quali anche sei bambini, l’esercito israeliano è riuscito a dimostrare diversamente: dei filmati rilasciati dall’aviazione militare israeliana e presto diventati virali, mostrano un’operazione delicata e complicata definita “operazione a pinzetta” nella quale gli aerei da combattimento israeliani prendono di mira e colpendo soltanto i terroristi interessati, lasciando in vita invece i cittadini innocenti.

Almeno nove dei tanti decessi indicati da parte palestinese, quindi, sono stati causati dai razzi della Jihad Islamica atterrati poco dopo il lancio, all’interno del territorio dell’enclave costiera.

«I nostri obiettivi sono stati raggiunti, non ha senso continuare», ha dichiarato il neo Premier israeliano Yair Lapid. «Non ci sarà alcun cessate il fuoco se l’occupante non accetta le nostre condizioni», ha replicato Ihsan Ataya, uno dei leader della Jihad Islamica in Libano, frenando le aspettative circa il buon esito della mediazione egiziana e chiedendo a Israele il rilascio immediato Bassam al-Saadi, l’alto comandante dell’organizzazione palestinese arrestato in Cisgiordania, a Jenin, all’inizio del mese di agosto.

Così, mentre Hamas tace e non prende una posizione, il conflitto a Gaza continua; talvolta tacito, talvolta brutale. Oltre settecento razzi sono stati lanciati su Israele, tutti intercettati e neutralizzati dal sistema antimissilistico Iron Dome. Tutto sembrerebbe indicare una vittoria schiacciante da parte di Israele, sia in termini politici che in termini militari, ma la Jihad Islamica pare non avere alcuna intenzione di accettare la tregua. La battaglia, potrebbe essere appena iniziata. Intanto, sono state prese di mira dai missili della Jihad oltre alle città al confine con Gaza, come la martoriata Sderot, anche Beer Sheva e Gerusalemme.

(AP Photo/Ariel Schalit)