Che cosa non si fa per salvare il Mar Morto

Israele

di Avi Shalom


Alle prime luci dell’alba, sulle rive del Mar Morto, oltre mille israeliani si sono spogliati e sono entrati in acqua, disponendosi davanti all’obiettivo di Spencer Tunick, fotografo americano, famoso per i suoi ritratti di nudi di gruppo che di recente ha deciso di servire la causa ambientalista.

Il progetto, intitolato “Naked Sea” (Mare Nudo) lo impegna da quasi due anni. Sensibilizzare l’opinione pubblica sul fatto che il livello delle acque del Mar Morto è in continua diminuzione sta diventando una vera missione per Spencer, che vuole salvare un ecosistema unico al mondo, noto per le proprietà terapeutiche dei suoi sali e dei fanghi neri. “La mia idea”, ha spiegato l’artista “è quella di giustapporre la vulnerabilità del corpo umano nudo con quella del Mar Morto e dell’ambiente, cui l’uomo infligge attacchi continui, a volte con conseguenze irreparabili”.

Tunick ha realizzato tre tipi di scatti. Modelli e modelle di età tra i 20 e i 60 anni hanno posato completamente nudi prima in acqua e dopo a riva, e poi coperti dalla testa ai piedi dal fango del Mar Morto.

Ma agli occhi di alcuni la buona causa non basta a giustificare quello che è stato definito “uno spettacolo indecente degno di Sodoma e Gomorra”, come ha affermato indignato un parlamentare israeliano di destra nei giorni precedenti lo shooting. Ma alle critiche Tunick è ormai abituato: le sue opere – che coinvolgono sempre centinaia di persone completamente svestite, di solito in spazi pubblici – sono controverse. In molti, non solo in Israele, le giudicano un affronto al pubblico pudore.

Fino all’ultimo momento, il fotografo Spencer Tunick non era sicuro che avrebbe potuto realizzare gli scatti che aveva in mente. I permessi necessari tardavano mentre si allargava l’opposizione al progetto. Eppure la scelta di Tunick non poteva cadere in un momento più adatto, ora che il Mar Morto è in lizza a livello internazionale per diventare una delle “meraviglie del mondo”.