Perché la Svizzera respinse Liliana Segre: presentato il film “Arzo 1943” al Teatro Franco Parenti

Eventi

di Nathan Greppi
Quando, l’8 dicembre 1943, Liliana Segre si recò con il padre e due cugini al confine svizzero per sfuggire ai nazifascisti, il militare che in quel momento era di turno li respinse, condannandoli alla deportazione. Alcuni si sono chiesti come fosse successo, e chi era il responsabile. Ad indagarlo di recente è il documentario Arzo 1943 del regista ticinese Ruben Rossello, presentato domenica 20 febbraio al Teatro Franco Parenti in un evento organizzato da Micael Goren Monti.

Il documentario

Prodotto e proiettato a gennaio dalla RSI, la Radiotelevisione della Svizzera Italiana, Arzo 1943 comincia raccontando il contesto storico che fece da cornice a quei fatti: negli anni della Guerra, la Svizzera rappresentava un’isola felice rispetto al resto del Continente. Dopo l’8 settembre, furono molti gli italiani che, in quanto ebrei o antifascisti, tentarono di ottenere asilo nel Canton Ticino. Per raccontare tutto ciò, il regista ha intervistato diverse anziane dei paesi sul confine che all’epoca erano bambine e furono testimoni di quei fatti. Tramite le loro storie, raccontate in italiano o in dialetto ticinese, affiorano anche le immagini di quegli ebrei che si recarono lì per ottenere salvezza; in molti casi ci riuscirono, ma non sempre.

Tra il ’42 e il ’43, in Svizzera i regolamenti e i criteri per accettare i profughi cambiavano molto rapidamente, e l’incertezza era diffusa. Recarsi con qualche giorno di differenza era sufficiente a determinare se, per un banale cavillo burocratico o perché le guardie di turno quel giorno interpretavano le regole a modo loro, un ebreo sarebbe stato accolto o rimandato indietro. 

La Segre e la sua famiglia furono tra gli sfortunati: quell’8 dicembre, erano giunti nei boschi vicino ad Arzo, piccolo villaggio svizzero confinante con le province di Como e Varese, per cercare di ottenere asilo in quanto le loro vite erano in pericolo. Purtroppo, chi era di guardia accusò il padre di voler andare in Svizzera per evitare il militare, e a nulla sono valse le suppliche di lei che abbracciò le gambe del soldato.

Rossello ha svolto un approfondita ricerca tramite documenti e materiali d’archivio su chi fosse di guardia quel giorno, ed è emerso che spiccavano due militari sui quali erano già state scritte in precedenza note di demerito, per via del loro carattere difficile e la mancanza di giudizio.

Micaela Goren Monti

Gli interventi

Dopo i saluti introduttivi di Micaela Goren Monti, organizzatrice dell’evento, Rossello ha spiegato che ascoltando le testimonianze della Segre “mi sono reso conto che la storia era conosciuta in ogni particolare. […] C’era solo un particolare che non era stato possibile capire fino in fondo, ed era l’episodio drammatico del respingimento ad Arzo.” Per colmare questa lacuna, ha deciso di fare ricerche in cerca di risposte. Un grande contributo al progetto lo ha dato lo storico Adriano Bazzocco, specializzato sui flussi di profughi e il contrabbando lungo il confine italo-svizzero. 

Alberto Belli Paci, figlio di Liliana Segre, ha spiegato che lui e il fratello Luciano hanno collaborato al progetto perché “volevamo toccare con mano quella situazione, e iniziare un percorso di memoria. Poter fare un piccolo pezzo del percorso che aveva fatto lei.”

In merito al film, la storica del CDEC Liliana Picciotto ha voluto sottolineare che “la Svizzera, durante tutto il conflitto, ha accolto in tutto 21.304 ebrei o persone di origine ebraica da Francia, Germania, Austria e Italia. Tenuto conto della quantità di ebrei presenti in questi paesi, il rifugio svizzero è stato una goccia del mare.” Inoltre, raramente i fuggitivi erano al corrente dei regolamenti alla frontiera, e capitava che gli stessi profughi che ad un posto di blocco venivano respinti, in un altro venivano accolti. Nel caso della Segre, è inspiegabile come hanno potuto respingerla in quanto i giovani sotto i 16 anni avevano pieno diritto all’accoglienza, senza eccezioni. Pertanto, in quel caso la responsabilità per il suo respingimento era individuale di chi era di guardia.

Liliana Picciotto e Alberto Belli Paci
Ruben Rossello e Liliana Picciotto