Danni nel sud di Israele

Otto morti e oltre 90 feriti in seguito a un massiccio attacco missilistico iraniano

Israele
 di Anna Balestrieri
Lunedì 16 giugno 2025, il conflitto tra Israele e Iran ha vissuto una nuova, sanguinosa escalation. All’alba, un’ondata di missili balistici iraniani ha colpito il territorio israeliano, causando la morte di almeno otto persone e il ferimento di altre 92.

Tra le vittime, tre sono state uccise sul colpo da un impatto diretto in un edificio residenziale nel centro di Israele, mentre altre due sono state estratte senza vita dai detriti di un rifugio anti-missile che ha subito un colpo diretto a Petah Tikva. Il sindaco della città, Rami Greenberg, ha sottolineato che la tragedia è avvenuta nonostante la presenza di una stanza sicura, mentre centinaia di altri cittadini si sono salvati proprio grazie al rifugio.

Nel frattempo, a Haifa, i soccorritori hanno recuperato tre corpi dalle macerie di un edificio colpito da un missile, facendo salire il bilancio complessivo delle vittime della giornata a otto. Le ricerche continuano, con un disperso ancora segnalato. In totale, più di 100 persone sono rimaste ferite in varie località del Paese, con almeno 20 bambini tra i feriti: due in condizioni moderate, gli altri lievi. Una donna di 30 anni versa in condizioni gravi.

In totale, dall’inizio dell’Operazione “Operazione Rising Lion” in Israele si contano oltre 370 missili lanciati, centinaia di droni (UAV) impiegati, più di 30 siti colpiti, vittime:, 24 morti,  592 feriti, di cui 10 in gravi condizioni, 36 in condizioni moderate e 546 con lesioni lievi. (dati aggiornati al 16/6/25, ore 12:00).

L’attacco odierno

L’attacco, che secondo i media iraniani è stato “più potente e letale dei precedenti”, ha provocato gravi danni anche in strutture civili: due edifici sono parzialmente crollati nella zona centrale di Israele, mentre numerosi altri hanno subito danni dovuti all’onda d’urto. Residenti locali hanno raccontato che le loro case hanno tremato violentemente e che parti di tetti e balconi sono crollate. “È un miracolo che io sia vivo”, ha detto un residente.

Missili sono stati intercettati anche nel sud di Israele, vicino a Eilat, dove tuttavia non si segnalano danni o vittime. Sirene di allarme sono suonate ripetutamente nel nord, dove si è temuto per tre dispersi a causa di un incendio scoppiato dopo l’impatto. A Tel Aviv, l’ambasciata statunitense ha subito lievi danni dovuti all’onda d’urto, ma non si segnalano feriti tra il personale. L’ambasciatore Mike Huckabee ha confermato che l’edificio resterà chiuso e che restano in vigore le istruzioni per il rifugio.

La risposta israeliana

In risposta all’attacco, l’IDF (Forze di Difesa Israeliane) ha colpito diverse basi delle forze Quds del Corpo delle Guardie Rivoluzionarie Iraniane (IRGC) a Teheran.

L’Iran ha definito l’attacco “una nuova fase della lotta contro il regime sionista” e ha promesso che le prossime offensive saranno “ancora più precise e distruttive.” Il presidente iraniano Masoud Pezeshkian ha dichiarato che l’Iran “non ha iniziato la guerra” e ha ribadito che Teheran non vuole dotarsi di armi nucleari, in linea con il decreto religioso del leader supremo Khamenei.
Tuttavia, il clima resta estremamente teso anche all’interno della Repubblica Islamica: nella mattinata di lunedì, il regime ha giustiziato Esmail Fekri, accusato di essere una spia al servizio del Mossad. Si tratta della terza esecuzione per spionaggio nelle ultime settimane.
Gli eventi di lunedì arrivano dopo una domenica altrettanto sanguinosa. Il 15 giugno, Israele aveva colpito duramente diversi obiettivi in Iran, provocando — secondo il Ministero della Salute iraniano — la morte di almeno 224 persone. Tra le vittime anche tre alti comandanti delle Guardie Rivoluzionarie, uccisi a Teheran. Fonti del Golfo riferiscono inoltre che almeno 14 scienziati nucleari iraniani sono stati eliminati da Israele in una serie di attacchi mirati, inclusi attentati con autobombe.

Israele ha anche preso di mira la leadership degli Houthi in Yemen, anche se non sono stati forniti dettagli sulle vittime. In parallelo, in una mossa potenzialmente legata al conflitto, 28 aerei cisterna americani sono decollati dagli Stati Uniti in direzione est, senza scorta visibile di caccia. Non è chiaro se la loro destinazione sia il Medio Oriente, ma il loro numero è stato giudicato “insolitamente elevato”.

Nel contesto di un possibile ulteriore coinvolgimento degli Stati Uniti, il generale Michael Kurilla, capo del Comando Centrale (CENTCOM), ha chiesto al Pentagono di aumentare il supporto militare a Israele. Tuttavia, la proposta ha incontrato resistenze interne: Elbridge Colby, sottosegretario alla Difesa per la Politica, ha espresso contrarietà, temendo che uno spostamento di risorse dalla regione asiatica possa compromettere la prontezza americana nell’Indo-Pacifico. Il segretario alla Difesa Pete Hegseth sembrerebbe invece allineato con la posizione di Kurilla.
Infine, dal fronte di Gaza, l’IDF ha comunicato domenica la morte di Noam Shemesh, sergente di riserva ventunenne di Gerusalemme, caduto in combattimento nel sud della Striscia. L’esercito israeliano ha anche annunciato il recupero del corpo dell’ostaggio Aviv Atzili, morto e trattenuto da Hamas, ritrovato mercoledì scorso.
A completare il quadro di tensione globale, decine di migliaia di manifestanti sono scesi in piazza nei Paesi Bassi per protestare contro la condotta israeliana nella guerra.
La guerra continua. Con minacce crescenti da parte iraniana, risposte militari israeliane sempre più incisive, e un coinvolgimento internazionale in evoluzione, il conflitto sembra destinato a proseguire senza una fine imminente.