In perenne bilico fra la vita e la morte

di Luciano Assin, guida turistica e autore del blog L’altra Israele

Domani sera inizierà la celebrazione del Yom Kippur (il giorno dell’espiazione), una giornata che prevede un digiuno di 25 ore senza cibo e bevande. E’ l’occasione per riflettere sulle nostre azioni compiute nell’anno appena trascorso e chiedere perdono al  prossimo per i peccati o gli sgarbi commessi nei loro confronti.

Secondo la tradizione ebraica i dieci giorni che trascorrono fra Rosh hashanà (il capodanno ebraico) e Yom Kippur vengono chiamati “i giorni terribili”. In questo periodo l’Onnipotente giudicherà ognuno di noi in base al nostro operato. La maggior parte di noi verrà iscritto nel Libro della Vita e vivrà un altro anno fino al prossimo giudizio, una parte più piccola ci abbandonerà.

In questo giorno di riflessione è consuetudine cantare un pyut, vale a dire un canto liturgico, di nome Unetaneh tokef kedushat ha yom, traducibile in “Proclamiamo ora la santità di questo giorno”.  Nel pyut sono catalogati tutti i modi in cui si può abbandonare questa valle di lacrime.

“Who by fire” è una bellissima canzone di Leonard Cohen che ripropone in chiave personale il testo di Unateneh Tokef.  Cohen ha più volte affermato che il testo della sua canzone è stato influenzato dal canto liturgico.

Di seguito i due testi. Giudicate voi.

CHI PER FUOCO (Who by Fire)

E chi per fuoco, chi per acqua

Chi sotto il sole, chi di notte,

Chi per alta ordalia, chi per comune processo,

Chi nel suo festoso mese di maggio.

Chi per lentissimo declino,

E chi devo dire fa la chiama?

E chi nella sua solinga sottoveste, chi per barbiturico,

chi in queste terre d’amore, chi per qualcosa di spuntato,

e chi per valanga, chi per polvere,

chi per ingordigia, chi per fame,

E chi devo dire fa la chiama?

E chi per coraggioso assenso, chi per incidente,

chi in solitudine, chi in questo specchio,

chi per ordine della sua donna, chi per mano propria,

chi in catene mortali, chi al potere,

E chi devo dire fa la chiama?

UNETANEH TOKEF

A Rosh Hashanah è stato scritto

E a Yom Kippur è stato sigillato

Quanti lasceranno la terra e quanti verranno creati

Chi vivrà e chi morirà

Chi morirà secondo il suo destino e chi prima

Chi per spada e chi per fiera

Chi per fame e chi per sete

Chi per catastrofe e chi per peste

Chi per strangolamento e chi per lapidazione

Chi avrà pace e chi errerà

Chi vivrà in armonia e chi infastidito

Chi sarà tranquillo e chi soffrirà

Chi diventerà povero e chi diventerà ricco

Chi sprofonderà e chi verrà innalzato

Ma la redenzione, la preghiera e le opere buone

Annullano la malvagia sentenza.

Nessuno fra i miei amici, veri o virtuali, e le mie conoscenze ha commesso atti tali da non dover essere incluso anche quest’anno nel libro della vita. Sfortunatamente per tutti voi non ho conoscenze così altolocate da poter influire “dove si puote ciò che si vuole”, e più non dimandate.

Auguro comunque a tutti noi, non importa di che credo e opinione, una lunga vita piena di salute e tranquillità.

L’augurio ebraico da pronunciare prima di Kippur è “hatimà tovà”, buona firma, sottointendendo che ognuno di voi possa essere segnato nel libro della vita anche per l’anno a venire.