Perché fai del male a questo popolo?

MoséAlla fine della scorsa settimana, la Torà ci ha narrato un episodio piuttosto inquietante. Poco dopo aver ricevuto da D-o la promessa di liberare i figli di Israele dall’oppressione egiziana ed essersi recato dal faraone per chiedere l’esecuzione dell’ordine Divino, Moshè si trova ad affrontare due personaggi (che i maestri identificano con Datàn e Aviràm) che lo mettono di fronte ad una dura realtà: la visita di Moshè ed Aaròn al faraone non ha fruttato nulla di buono; invece che venire liberati, l’oppressione aumenta, così come la mole di lavoro quotidiana assegnata agli ebrei. Questa vicenda lascia Moshè molto perplesso e non sapendo cosa rispondere, si rivolge direttamente a D-o, porgendo la famosa domanda: «Perché fai del male a questo popolo?»

La risposta di D-o, che troviamo all’inizio della Parashà della settimana (Va’erà), è ancora più complessa della domanda stessa in quanto D-o risponde a Moshè citando i patriarchi, Avrahàm, Yitsàq e Ya’àcov, e spiegando come loro non si siano mai lamentati nonostante non avesse mantenuto le promesse loro fatte (Rashi).

Alcuni commentatori sostengono che la domanda di Moshè non era certo una mancanza di fede, come potrebbe sembrare. In quanto neo-leader egli poneva a D-o una domanda che potremmo definire “cosmica”, ossia il perché il popolo di Israele debba soffrire, allora e in seguito nella storia. Quello che Moshè chiedeva era una risposta logica e razionale alla sua domanda, mentre D-o risponde dicendo che non tutto si può spiegare con la razionalità, ed è per questo che cita i patriarchi, i quali eccelsero, ognuno secondo la sua natura, nelle qualità emotive ed emozionali (Midòt) e non in quelle razionali (Sèchel).

La risposta razionale alla domanda di Moshè non c’è, o meglio D-o non la vuole dare; ma l’insegnamento che dobbiamo trarre è che a volte bisogna scindere tra razionalità e fede, anche emotiva, e che di fronte ad un dilemma grave, ma non solo, l’emunà (la fiducia in D-o) dovrebbe sempre prevalere.