Parashat Vaygash

Parashat Vayggash

Appunti di Parashà a cura di Lidia Calò
Chi porta vita alle persone come ha fatto Sèrakh a suo nonno, merita lunga vita. Quando si dà qualcosa, non è una perdita ma un guadagno enorme, perché si riceve indietro sempre di più di ciò che si ha dato.
Nessuno ha vissuto tanto a lungo come Sèrakh perché dare gioia di vita alle persone è la cosa più bella e più importante come dice il trattato di (Taanìt 22a): quali sono le persone meritevoli hanno chiesto al profeta Eliahu?
Sono quei due pagliacci che girano nel mercato e se vedono qualcuno giù di morale, fanno di tutto per alzarglielo, con qualche barzelletta o altro.
Chi fu il primo messaggero a portare la bella notizia a Yaacov?
Il Midrash ci racconta di Sèrakh, figlia di Asher. I fratelli scelsero lei perché avevano bisogno di un abile messaggero per dare la notizia a Yaacov. Anche se sarebbe stato meraviglioso per il padre sapere che il figlio amato era ancora vivo, lo shock improvviso, per questa notizia inaspettata, poteva danneggiare la salute di Yaacov. Ricordiamoci che il grande patriarca era anziano, aveva 130 anni e Yosef era scomparso da ben 22 anni! I fratelli scelsero Sèrakh proprio perché era una ragazza intelligente e sapeva suonare molto bene l’arpa. Sèrakh cominciò a suonare della musica per suo nonno e mormorò dolcemente le parole: «Mio zio Yosef è ancora vivo. Egli è governatore su tutto l’Egitto». Continuò a ripetere la stessa frase diverse volte, finché suo nonno iniziò a sorridere.«Ciò che stai cantando è molto bello, Sèrakh» disse Yaacov. «C’è aria di belle notizie. Possa tu essere benedetta con una lunga vita per avermi tirato su il morale con notizie piene di speranza».
Tuttavia Yaacov non credette realmente a sua nipote, finché i fratelli non gli confermarono la notizia e finché non vide i carri che suo figlio Yosef aveva mandato. C’è anche un’altra opinione diversa secondo la quale fu Naftali il primo a raccontare a Yaacov che Yosef era ancora vivo. Naftali era un rapido corridore: egli compiva sempre le commissioni per i suoi fratelli e per suo padre. Perciò i fratelli lo mandarono avanti per fare in modo che Yaacov sapesse della notizia il più presto possibile. Comunque tutti i fratelli si riunirono prima, per annullare il giuramento secondo il quale non avrebbero mai detto a nessuno che Yosef era ancora vivo…
Un altro aspetto interessante della parashà di Vayigàsh è quanto scritto a proposito di: “E cadde (Yosef) sul collo di suo fratello Binyamin e pianse, e Binyamin pianse sul suo collo”.
Perché piansero i due fratelli?
Ognuno pianse per la distruzione del Bet Hamikdàsh che si trova nel territorio del fratello. Yosef pianse per i due Bet Hamikdàsh, che saranno costruiti a Yerushalaim, nel territorio di Binyamin, e che saranno poi distrutti. Binyamin pianse per la distruzione del Mishkan Shilò, città nel territorio di Yosef. Sia il Mishkan  di Yerushalaim, sia quello di Shilò erano Santuari pubblici.
Simili a essi ci sono dei Santuari privati: che simboleggia quello che si trova nel cuore di ogni ebreo e che può, Dio non voglia, distruggersi  anch’esso. Il Bet Hamikdàsh è il luogo dove dimora la Shechinà di Hashem. L’ebreo che adempie alle mitzvòt e che segue la strada della Torà attira su di sé la Shechinà di Hashem e in questo modo costruisce un “Santario privato” dentro il suo cuore.
Invece, un ebreo che non segue la strada della Torà e non adempie alle mitzvòt non permette alla Shechinà di dimorare in lui, quindi in questo modo manda in rovina il suo Bet Hamikdàsh privato.
La distruzione di un  Bet Hamikdàsh, “pubblico o privato” che sia, è una vicenda tristissima. Per questo Yosef, quando vide profeticamente che nel territorio di Binyamin saranno distrutti i due Santuari scoppiò in lacrime; proprio come Binyamin, quando vide che verrà distrutto il Mishkan, nel territorio di Yosef.
Quando vediamo il Santuario privato di un amico distruggersi, a causa dei suoi peccati, ciò è così triste che ci fa piangere. Piangiamo, perché condividiamo col nostro amico la sua tristezza, per la distruzione del suo Santuario privato.
È interessante notare che Yosef pianse per i Santuari che saranno distrutti nel territorio di Binyamin e non pianse per il Mishkan, che sarà distrutto nel suo territorio!
Binyamin pianse per la distruzione del Mishkan nel territorio di Yosef, ma non pianse per i Santuari che saranno distrutti nel suo territorio!
Perché nessuno dei due pianse per la distruzione del Santuario nel proprio territorio? Perché piansero l’uno per l’altro?
Una persona piange, vedendo il compagno peccare e distruggere la sua dimora per Hashem, mentre non piange quando lui stesso pecca e distrugge in lui il suo Santuario privato.
Il pianto infatti non ha il potere di ricostruire di nuovo il Santuario!
Invece di piangere si dovrebbe cominciare a ricostruire il Bet Hamikdàsh, per mezzo delle mitzvòt e delle buone azioni. Ma quando vediamo la distruzione del Bet Hamikdàsh nel prossimo, piangiamo perché condividiamo con lui la tristezza per la distruzione del suo Santuario. Noi purtroppo non possiamo ricostruirlo sul momento, questo dipende solo da lui, cioè da ognuno di noi. Possiamo dare agli altri dei buoni consigli, ma la parte più importante del lavoro dipende da noi, dal nostro lavoro interiore. È solo grazie alla nostra forza di volontà che possiamo aggiustare le nostre azioni e ricostruire il nostro “piccolo/grande” Santuario interiore. Allora ci è permesso piangere per questo…
Iniziamo a costruire il nostro Santuario personale, facendo mitzvòt e opere buone, e certamente meriteremo di vedere il terzo Bet Hamikdàsh costruito in eterno. Amen.

Di rav Shlomo Bekhor

 

(Peter von Cornelius, “Giuseppe rivela la sua identità ai fratelli”)