Parashat Sheminì. La passione della fede può avere effetti negativi, ma le leggi ebraiche sono qui a contenerli

Appunti di Parashà a cura di Lidia Calò
Cercare le origini delle parole a volte può essere tanto rilevante quanto scavare le rovine di un’antica città. Prendiamo la parola “entusiasmo“. Oggi lo vediamo come qualcosa di positivo. Un dizionario lo definisce come “un sentimento di energico interesse per un particolare argomento o attività e il desiderio di essere coinvolti in esso”. Le persone con entusiasmo hanno passione, slancio ed eccitazione e questo può essere contagioso. È uno dei doni di un grande insegnante o leader. La gente segue chi ha passione. Se volete influenzare gli altri, coltivate l’entusiasmo.

Ma la parola “entusiasmo” non ha sempre avuto una connotazione favorevole. In origine si riferiva a qualcuno posseduto da uno spirito o da un demone. Nell’Inghilterra del diciassettesimo secolo, era associata alle sette protestanti estreme e rivoluzionarie, più in generale ai puritani che combatterono la guerra civile inglese. Divenne sinonimo di estremismo religioso, esaltazione e fanatismo. Era considerato irrazionale, volatile e pericoloso.

David Hume (1711-1776 filosofo scozzese) scrisse un affascinante saggio sull’argomento. Egli iniziava osservando che «la corruzione delle cose migliori produce le peggiori» e ciò è particolarmente vero per la religione. Ci sono, dice, due modi in cui la religione può sbagliare: attraverso la superstizione e attraverso l’entusiasmo, due fenomeni abbastanza diversi.

La superstizione è guidata dall’ignoranza e dalla paura. A volte possiamo avere ansie e terrori irrazionali, che affrontiamo ricorrendo a rimedi altrettanto irragionevoli. L’entusiasmo è l’opposto. È il risultato di un eccesso di fiducia. L’entusiasta, in uno stato di grande estasi religiosa, arriva a credere di essere ispirato da Dio stesso, ed è quindi autorizzato a ignorare la ragione e la moderazione. Egli «si ritiene sufficientemente qualificato per accostarsi alla Divinità, senza alcun mediatore umano». La persona nella sua morsa è così piena, di quello che considera un santo rapimento, che si sente in grado di scavalcare le regole da cui è normalmente governata la condotta sacerdotale. “Il fanatico consacra se stesso e conferisce alla propria persona un carattere sacro, molto superiore a quello che le forme e le istituzioni cerimoniali possono conferire a qualsiasi altra”. Norme e regolamenti, pensa l’appassionato, sono per la gente comune non per noi che siamo ispirati da Dio e che sappiamo meglio. Questo scrisse Hume, e può essere davvero molto pericoloso.

Ora abbiamo una descrizione precisa del peccato per cui morirono Nadav e Avihu, i due figli maggiori di Aronne. Chiaramente la Torà considera la loro morte altamente significativa perché vi si fa riferimento in non meno di quattro occasioni (Levitico 10:1-2, 16:1, Numeri 3:4, 26:61). È stata una tragedia sconvolgente, avvenuta proprio nel giorno dell’inaugurazione del servizio del Mishkan, un momento che avrebbe dovuto essere una delle grandi celebrazioni della storia ebraica.

Gli stessi Saggi furono sconcertati dall’episodio. Il testo dice semplicemente che “offrirono fuoco non autorizzato [esh zarah] davanti al Signore, che Egli non aveva comandato. Allora un fuoco uscì dalla presenza del Signore e li consumò, ed essi morirono davanti a Lui». Evidentemente i Saggi sentivano che doveva esserci qualcos’altro, qualche ulteriore peccato o difetto di carattere, per giustificare una punizione così terribile e drastica.

Mettendo insieme degli indizi nel testo biblico, alcuni hanno ipotizzato che fossero colpevoli di essere entrati nel Santo dei Santi; che lo avevano deciso di propria iniziativa senza consultare Mosè o Aronne; che si erano ubriacati; che non erano adeguatamente vestiti; che non si erano purificati con l’acqua della conca di rame; che erano così presuntuosi da non essersi sposati, pensando che nessuna donna fosse abbastanza per loro; o che erano impazienti che Mosè e Aaronne morissero, in modo da poter diventare i capi di Israele.

Alcuni hanno ipotizzato che il peccato per il quale sono stati puniti non sia accaduto affatto quel giorno. Era accaduto mesi prima al Monte Sinai. Il testo dice che Nadav e Avihu insieme a settanta anziani salirono sulla montagna e “videro il Dio d’Israele” (Esodo 24:10). Dio “non alzò la mano contro i capi degli Israeliti; videro Dio, mangiarono e bevvero” (Esodo 24:11). L’implicazione è che allora meritavano una punizione per non aver distolto lo sguardo, o per aver mangiato e bevuto in un incontro così sacro. Ma Dio ha ritardato la punizione per non causare dolore nel giorno in cui strinse un’alleanza con il popolo.

Queste sono tutte interpretazioni midrashiche: vere valide e importanti, ma non il semplice senso del verso. Il testo è chiaro. In ciascuna delle tre occasioni in cui viene menzionata la loro morte, la Torà dice semplicemente che hanno offerto un “fuoco non autorizzato”. Il peccato era che avevano fatto qualcosa che non era stato comandato. Lo fecero sicuramente, per i più alti motivi. Mosè disse ad Aronne subito dopo la loro morte dei suoi figli, che questo era ciò che Dio intendeva quando disse: “Io sarò santificato in mezzo a quelli che mi sono vicini” (Levitico 10:3). Un Midrash afferma che Mosè stava confortando suo fratello dicendo: “Erano più vicini a Dio di te o di me”.

Ecco dunque che l’etimologia della parola “entusiasmo”, ci aiuta a capire l’episodio. Nadav e Avihu erano “entusiasti” non nel senso contemporaneo della parola, ma nel senso in cui il termine era usato nel diciassettesimo e diciottesimo secolo. Gli entusiasti erano persone che, piene di passione religiosa, credevano che Dio li stesse ispirando a compiere azioni a dispetto della legge e delle convenzioni. Erano molto santi, ma erano anche potenzialmente molto pericolosi. David Hume in particolare ha sottolineato che l’entusiasmo in questo senso, è diametralmente opposto allo spirito del sacerdozio. Nelle sue parole, “tutti gli entusiasti si sono liberati dai vincoli ecclesiastici ed hanno espresso grande indipendenza devozionale; disprezzando forme, cerimonie e tradizioni”

I sacerdoti comprendono il potere, e quindi il potenziale pericolo, del sacro. Ecco perché luoghi, tempi e riti sacri devono essere custoditi con regole, così come una centrale nucleare deve essere protetta con il più attento isolamento. Pensate agli incidenti che si sono verificati quando questo tentativo è fallito: Chernobyl, per esempio, o Fukushima in Giappone nel 2011. I risultati furono e possono essere devastanti e duraturi.

Portare un fuoco non autorizzato al Tabernacolo poteva sembrare una piccola offesa, ma un singolo atto non autorizzato nel regno del sacro provocò una violazione delle leggi intorno ad esso che poteva trasformarsi nel tempo in un buco aperto. L’entusiasmo, per quanto innocuo possa essere, in alcune delle sue manifestazioni può rapidamente trasformarsi in estremismo, fanatismo e violenza religiosamente motivata. È quello che è successo in Europa durante le guerre di religione nei secoli XVI e XVII, e sta accadendo oggi in alcune religioni. Come ha osservato David Hume: “La ragione umana e persino la moralità sono respinte [dagli entusiasti] come guide fallaci, e il pazzo fanatico si consegna ciecamente” a ciò che crede essere l’ispirazione divina, ma ciò che potrebbe in realtà essere presunzione surriscaldata o rabbia frenetica.

Ora comprendiamo in dettaglio che il cervello umano contiene due diversi sistemi, ciò che Daniel Kahneman (psicologo israeliano 1934-…) chiama “pensiero veloce e pensiero lento”. Il cervello veloce, il sistema limbico, dà origine alle emozioni, in particolare in risposta alla paura. Il cervello lento, la corteccia prefrontale, è razionale, deliberativo e capace di riflettere sulle conseguenze a lungo termine di azioni alternative. Non è un caso che abbiamo entrambi i sistemi. Senza risposte istintive innescate dal pericolo non sopravviveremmo. Ma senza il cervello più lento e deliberativo ci ritroveremmo ripetutamente coinvolti in comportamenti distruttivi e autodistruttivi. La felicità individuale e la sopravvivenza della civiltà dipendono dal raggiungimento di un delicato equilibrio tra i due.

Proprio perché suscita passioni così intense, la vita religiosa in particolare ha bisogno dei vincoli della legge e del rituale, di tutto l’intricato minuetto del culto, perché il fuoco della fede sia contenuto, dia luce e faccia intravedere la gloria di Dio. Altrimenti può alla fine diventare un inferno furioso, diffondendo distruzione e mietendo vite. Dopo molti secoli in Occidente, abbiamo domato l’entusiasmo al punto da poterlo considerare una forza positiva. Non dobbiamo mai dimenticare, però, che non è sempre stato così. Ecco perché l’ebraismo contiene così tante leggi e così tanta attenzione ai dettagli – e più ci avviciniamo a Dio, più ne abbiamo bisogno.

Di rav Jonathan Sacks zzl