Dipinto degli ebrei che attraversano il Mar Rosso

Parashat Beshallakh: “Alla loro destra e alla loro sinistra, l’acqua era come un muro”

Appunti di Parashà a cura di Lidia Calò

Nel settembre 2010 la BBC, la Reuters e altre agenzie di stampa hanno riferito di una scoperta scientifica sensazionale. I ricercatori del National Center for Atmospheric Research statunitense e dell’Università del Colorado sono riusciti a dimostrare, attraverso una simulazione al computer, come potrebbe essere avvenuta la divisione del Mar Rosso.

Utilizzando una sofisticata simulazione, hanno dimostrato come un forte vento da est, soffiando durante la notte, avrebbe potuto spingere l’acqua indietro in un’ansa dove si ritiene che un antico fiume si sia fuso con una laguna costiera. L’acqua sarebbe stata guidata nei due corsi d’acqua e un ponte di terra si sarebbe aperto in corrispondenza dell’ansa, permettendo alle persone di attraversare le distese di fango esposte. Non appena il vento si fosse calmato, le acque sarebbero tornate a scorrere. Come ha dichiarato il responsabile del progetto alla pubblicazione del rapporto, “le simulazioni corrispondono abbastanza fedelmente al racconto dell’Esodo”.

È quanto afferma il fisico dell’Università di Cambridge Colin Humphreys nel suo libro “The Miracles of Exodus”: Le maree da vento sono ben note agli oceanografi. Per esempio, un forte vento che soffia lungo il lago Erie, uno dei Grandi Laghi, ha prodotto differenze di elevazione dell’acqua fino a quindici piedi tra Toledo, Ohio, a ovest, e Buffalo, New York, a est… Si dice che Napoleone sia stato quasi ucciso da una “improvvisa alta marea” mentre attraversava acque poco profonde vicino alla testa del Golfo di Suez.

Per me, però, la vera questione è quale sia il racconto biblico. Perché è proprio qui che si trova una delle caratteristiche più affascinanti del modo in cui la Torà racconta le sue storie. Ecco il passaggio chiave: Allora Mosè stese la mano sul mare e il Signore respinse il mare con un forte vento da est per tutta la notte, trasformandolo in terra asciutta e dividendo le acque. Così gli israeliti attraversarono il mare sulla terraferma. Alla loro destra e alla loro sinistra, l’acqua era come un muro. (Esodo 14:21-22)

Il brano può essere letto in due modi. Il primo è che ciò che accadde fu una sospensione delle leggi della natura. Fu un evento soprannaturale. Le acque si alzarono, letteralmente, come due muri. Il secondo è che ciò che accadde fu miracoloso, ma non perché le leggi della natura furono sospese. Al contrario, come mostra la simulazione al computer, l’esposizione della terraferma in un punto particolare del Mar Rosso fu un risultato naturale del forte vento dell’est. Ciò che lo rende miracoloso è che avvenne proprio lì, proprio in quel momento, quando gli israeliti sembravano intrappolati, incapaci di andare avanti a causa del mare, incapaci di tornare indietro a causa dell’esercito egiziano che li inseguiva.

C’è una differenza significativa tra queste due interpretazioni. La prima fa appello al nostro senso di meraviglia. È straordinario che le leggi della natura vengano sospese per permettere a un popolo in fuga di essere libero. È una storia che fa appello all’immaginazione di un bambino.
Ma la spiegazione naturalistica è meravigliosa a un altro livello. In questo caso la Torà utilizza l’espediente dell’ironia. Ciò che rendeva gli Egiziani del tempo di Ramses così formidabili era il fatto di possedere la più recente e potente forma di tecnologia militare, il carro trainato da cavalli. Questo li rendeva imbattibili in battaglia e temibili.

Quello che accade in mare è una giustizia poetica di tipo squisito. C’è solo una circostanza in cui un gruppo di persone che viaggia a piedi può sfuggire a un esercito di aurighi altamente addestrati: quando il percorso passa attraverso un fondale fangoso. Le persone possono attraversare, ma le ruote dei carri si bloccano nel fango. L’esercito egiziano non può né avanzare né ritirarsi. Il vento cala. L’acqua ritorna. I potenti sono ormai impotenti, mentre gli impotenti si sono incamminati verso la libertà.

Questa seconda narrazione ha una profondità morale che la prima non ha; e risuona con il messaggio del libro dei Salmi:
Il suo piacere non è nella forza del cavallo,
né la sua gioia nelle gambe del guerriero;
Il Signore si compiace di coloro che lo temono,
che ripongono la loro speranza nel Suo amore indefettibile. (Salmo 147:10-11)

In Bereshit Rabba si indica che la divisione del mare era, per così dire, programmata nella creazione fin dall’inizio. Non si trattava tanto di una sospensione della natura, quanto di un evento scritto nella natura fin dall’inizio, da innescare al momento opportuno nello svolgimento della storia.

Rabbi Jonathan disse: Il Santo, benedetto Egli sia, pose una condizione al mare [all’inizio della creazione], affinché si dividesse per gli israeliti. Questo è il significato di “il mare tornò a scorrere” – [non leggere le-eitano ma letenao], “la condizione” che Dio aveva stabilito in precedenza. (Bereshit Rabba 5:5)

Un miracolo non è necessariamente qualcosa che sospende la legge naturale. È piuttosto un evento per il quale può esistere una spiegazione naturale, ma che – accadendo quando, dove e come è accaduto – suscita meraviglia, tanto che anche lo scettico più incallito percepisce che Dio è intervenuto nella storia. I deboli sono stati salvati, quelli in pericolo sono stati liberati. Ancora più significativo è il messaggio morale che un tale evento trasmette: che l’arroganza è punita dalla nemesi; che i superbi sono umiliati e gli umili sono superbi; che c’è una giustizia nella storia, spesso nascosta ma a volte gloriosamente rivelata.

Il modo elegantemente semplice in cui la divisione del Mar Rosso è descritta nella Torà, in modo che possa essere letta a due livelli diversi, uno come un miracolo soprannaturale, l’altro come un racconto morale sui limiti della tecnologia quando si tratta della forza reale delle nazioni: questo per me è ciò che colpisce di più. È un testo scritto volutamente in modo che la nostra comprensione possa approfondirsi man mano che maturiamo e non siamo più così interessati alla meccanica dei miracoli, ma piuttosto a come si conquista o si perde la libertà.

Per essere chiari, è bene sapere come avvenne la divisione del mare, ma rimane una profondità del racconto biblico che non potrà mai essere esaurita da simulazioni al computer e altre prove storiche o scientifiche e dipende invece dalla sensibilità alla sua deliberata e delicata ambiguità.

Come il ruach, un vento fisico, può dividere le acque e rivelare la terra sottostante, così il ruach, lo spirito umano, può rivelare, sotto la superficie di una storia, un significato più profondo.

 

Di Rabbi Jonathan Sacks zzl

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