Festival / Adin Steinsaltz: il Talmud? Deve essere accessibile a tutti

di Marina Gersony

Rabbi-Adin-Steinsaltz«Oggi ho visto il mio Maestro piangere. Quando ho appreso al telefono che i corpi di Naftali Frenkel, Eyal Yifrach e Gilad Shaar erano stati ritrovati, il rabbino Adin Steinsaltz era seduto accanto a me in macchina. Ho avuto il triste compito di dargli la notizia». È la toccante testimonianza di Rabbi Pinchas Allouche in un articolo pubblicato su thealgemeiner.com, in seguito al ritrovamento dei corpi dei tre ragazzi israeliani rapiti in giugno e barbaramente uccisi.
«Rabbi Steinsaltz – ha proseguito Rabbi Allouche -, è uno dei grandi tzaddikim del nostro tempo, è il direttore della scuola superiore Mekor Chaim, dove due dei ragazzi erano studenti e dove anch’io ho avuto il privilegio di studiare. Quando gli diedi la notizia impallidì e le lacrime iniziarono a scorrergli sulle guance».
Dopo la tragedia, Rabbi Steinsaltz non ha voluto rilasciare dichiarazioni, nessun commento, nessuna intervista, le morti violente di Naftali, Eyal e Gilad l’hanno colpito come una spada dritta nel cuore.
Il Collegio rabbinico, comportandosi in modo esemplare, non ha pronunciato una sola parola di condanna contro chi si è macchiato di quei terribili delitti, non una, e il Rav si è limitato a osservare un silenzio più potente di mille accuse di fronte a una tragedia senza nome e senza perché.
L’opinione pubblica israeliana, non ha potuto non restare impressionata dalla grandezza di quest’uomo così composto e capace, nonostante l’orrore, di trasmettere un forte segnale di pace. La catena dell’odio va spezzata, ha sottinteso Rav Steinsaltz, al suo allievo in macchina dopo aver appreso la terribile notizia: «una nube scura ha colpito la nostra nazione oggi. I nostri cuori sono spezzati ma, uniti con i cuori delle famiglie dei ragazzi, piangiamo e gridiamo con loro. Non possiamo cancellare il Male. Ma possiamo creare il Bene. Siamo in grado di trasformare il mondo attraverso la bontà vivendo come ebrei e agendo come ebrei, con la nostra Torà e le nostre mitzvot».
Ma chi è Adin Even Israel Steinsaltz, chiamato anche Adin Even Yisrael? Quando qualcuno gli ha chiesto il perché di questo secondo nome, Steinsaltz ha risposto enigmaticamente come solo un Maestro illuminato sa rispondere: «È una lunga storia, ma è collegato al Rebbe di Lubavitch. Lui voleva cambiare il mio nome, per qualche tempo. Ma non mi ha dato alcuna spiegazione». Ma dietro a questa risposta criptica si nasconde, in verità, una ritrosia e una forma di pudore. Even Israel, il nome con cui il Rebbe volle designarlo significa “la pietra d’Israele”.
Ma chi è dunque questo rav e grande talmudista, critico sociale e pensatore con un’intensa formazione scientifica che nel 1988 la rivista Time ha celebrato come lo «studioso del millennio»?
Poco noto in Italia ma conosciutissimo in Israele e nel mondo, è considerato un personaggio carismatico, pensatore fuori dagli schemi, celebre per il suo tratto umano e la pietas, dotato di una forza spirituale speciale; ma è anche conosciuto per la battuta pronta e il senso dell’umorismo. Per farsi un’idea del personaggio, vale la pena guardare qualche sua conferenza o intervista su youtube. La sua biografia narra di un bambino nato a Gerusalemme nel 1937 da genitori “secolari”. Alla domanda come mai sia diventato frum (in yiddish: devoto, pio), il Rabbi ha risposto: «La storia è molto semplice. Ero un ragazzo riflessivo e un grande lettore. Inoltre, i miei antenati erano rabbini. Mio padre mi ha chiesto: “Sei serio?”, e quando ho detto di sì, mi ha sostenuto fino in fondo».
Il giovane Steinsaltz si rivela fin da subito un ragazzo speciale, svelto e molto dotato per lo studio. Lo immaginiamo così, intellettualmente vivace, appassionato lettore, curioso e determinato: dopo gli studi in fisica, chimica, matematica e sociologia all’Università Ebraica, dopo la laurea e gli studi rabbinici, ha fondato molte scuole sperimentali. Quindi, a soli 23 anni, è diventato il direttore scolastico più giovane di Israele, record – così si dice -, mai battuto.
Ma siamo solo all’inizio della sua carriera: nel 1965 fonda l’Israel Institute for Talmudic Publications e comincia, all’età di 28 anni (ce ne sono voluti 45 per completare l’immane lavoro), la sua monumentale traduzione in ebraico, inglese, russo, francese e presto in italiano e altre lingue del Talmud. Prima lo ha tradotto in ebraico moderno dall’originale aramaico e dall’ebraico rabbinico, quindi ha aggiunto le sue spiegazioni e un commento, mentre le edizioni in altre lingue sono solo traduzione dall’ebraico.
A oggi, lo Steinsaltz Talmud, un’impresa titanica e rivoluzionaria, ha venduto oltre due milioni di copie. Una traduzione che è una rivoluzione secolare per il mondo ebraico le cui conseguenze sono incalcolabili. Un grande successo, come del resto molte delle sue opere precedenti che sono state tuttavia oggetto non solo di consensi ma anche di polemiche e di critiche, come in questi casi spesso accade. Per esempio, il divieto di pubblicarle, nel 1989, da parte della leadership rabbinica degli haredim ashkenaziti per l’«audacia» di voler facilitare lo studio dell’antico testo lontano dalla sua forma tradizionale.
Altri hanno invece visto nell’opera di Steinsaltz l’opportunità di avvicinare al Talmud quei lettori lontani dal mondo delle yeshivot. «Spero di avere persone che imparino o dicano “Vogliamo saperne di più, abbiamo più domande”», ha dichiarato in un’intervista Steinsaltz. In breve, lascia intendere il Rabbi, il Talmud è il pilastro centrale dell’ebraismo e se non è reso accessibile a tutti questa sarà una grave mancanza, una carenza imperdonabile. «Il mio obiettivo non è ancora raggiunto. Prossimamente mi occuperò di un commento alla Torà, alla Mishnà e spero di mandare in porto anche un lavoro sul Talmud Yerushalmi. Le nuove generazioni devono imparare a vivere l’ebraismo con una vivacità ed una identità attiva e non come una semplice presenza nel mondo. La terapia giusta è quella di studiare e poi ancora studiare; e va trasmessa come una malattia contagiosa», spiega.
Ma Adin Steinsaltz, uomo poliedrico e dai mille interessi, non si è limitato a tradurre, pubblicare libri (oltre la sessantina) e scrivere centinaia di articoli tradotti in varie lingue su argomenti che spaziano dalla zoologia alla teologia, dalla critica sociale alla mistica ebraica, alla scienza, alla Torà, ma anche alla psicologia, alla filosofia, alla fantascienza … – e qui ci fermiamo -. Steinsaltz ha sempre sentito anche l’urgenza di comunicare e trasmettere valori spirituali e pragmatici attraverso il suo lavoro di insegnante, educatore e Maestro. Ha istituito, dunque, una rete di scuole e istituzioni educative in Israele e nell’ex Unione Sovietica. Non solo: ha lavorato come studioso in prestigiose università americane; i suoi meriti e riconoscimenti sono talmente numerosi da riempire un intero catalogo.
Sollecitato su temi di attualità, Steinsaltz risponde in merito alla crescita dell’antisemitismo nel mondo: «Non riesco a spiegarlo, è un mistero, forse una patologia mentale. In un modo bizzarro e contorto il vero antisemita è interessato agli ebrei come gli ebrei stessi. La gente crede che gli ebrei siano dovunque, dappertutto, fa parte di un sentimento ambivalente. Si pensa che abbiamo molto potere: vorrei che fosse vero. L’antisemitismo islamico? Dal punto di vista della pura teologia, l’Islam è la religione più vicina all’ebraismo. Ma nell’avversione anti ebraica, credo che oggi il mondo musulmano cerchi di tirar dentro altre persone con sé, gli occidentali; ma la situazione degli ebrei in Europa è molto migliore di quanto non lo sia mai stata; tuttavia c’è sempre, nel sottofondo, una gelosia, un’animosità repressa. Questo viene da una tradizione atavica, perché siamo sempre ricordati come diversi». Oggi, rav Steinsaltz vive a Gerusalemme con la moglie da cui ha avuto tre figli che a loro volta gli hanno regalato numerosi nipoti.
Jewish and the City, il Festival internazionale di cultura ebraica, a settembre, a Milano, è l’occasione da non perdere per incontrarlo.