Verità e luoghi comuni su Israele, un dibattito di Kesher

di Nathan Greppi
Spesso su Israele circolano sui media luoghi comuni assai diffusi, come quello secondo cui sarebbe nato come un atto di “riparazione” da parte delle potenze occidentali per i torti che gli ebrei hanno subito durante la Shoah, o che i suoi confini attuali violino ciò che venne stabilito dalle Nazioni Unite nel dopoguerra. Per sfatare questi e altri miti, si è tenuto domenica 7 maggio su Zoom un dibattito dal titolo Decostruire la falsa narrativa su Israele, organizzato da Kesher.

Nell’introdurre l’incontro Niram Ferretti, analista politico e direttore del sito L’Informale, è partito da un assunto: “Israele, dal 1967 ad oggi, è il paese sul quale si è riversato e si riversa costantemente, inflessibilmente, senza interruzione, la propaganda più accanita realizzata alla demonizzazione e alla delegittimazione di uno Stato nazionale. Non ci sono precedenti, ci sono analogie, […] ma non si è mai giunti ad un assunto terrificante, che è quello di negare la legittimità stessa di uno Stato”.

Dopo di lui, ha parlato principalmente David Elber, saggista e collaboratore de L’Informale, che attraverso varie slide ha mostrato i principali luoghi comuni su Israele e come smontarli, attuando una vera e propria operazione di debunking. Ad esempio, ha mostrato una serie di cartine che vengono spesso riproposte dalla propaganda filopalestinese, che mostrerebbero lo Stato ebraico espandersi sempre di più a discapito di uno Stato arabo. In realtà, il territorio che in origine gli inglesi destinavano unicamente agli arabi senza che gli ebrei potessero insediarvisi era la Transgiordania, che coincide con l’attuale Giordania.

Un altro luogo comune è che Israele sia nato come una sorta di “risarcimento” al popolo ebraico per la Shoah, quando non è così; Israele nasce dall’esercizio del diritto all’autodeterminazione che gli ebrei hanno come ogni altra etnia. Un mito, quello del risarcimento, assai diffuso in Italia, come dimostrano recenti fatti: nel rispondere alla lettera di un lettore nel marzo 2023, il giornalista Aldo Cazzullo scrisse sul Corriere della Sera che “noi occidentali abbiamo presentato ai palestinesi un conto che avremmo dovuto pagare noi”.

Altro tema è la denominazione di “Giudea e Samaria” che oggi viene utilizzata soprattutto dalla destra religiosa per chiamare la Cisgiordania. Elber fa notare come questi termini in realtà fossero già utilizzati decenni fa anche in altri contesti: essi compaiono nella Risoluzione 181 dell’ONU per la partizione della Palestina e, durante il Mandato Britannico, uno dei distretti della Palestina Mandataria si chiamava “Distretto di Samaria”.

Il semiologo Ugo Volli ha fatto notare come la comunicazione su Israele sia “un caso di scuola”, nel senso che spesso la stampa inverte l’ordine causale quando Israele risponde agli attacchi dei terroristi, facendo sembrare che siano stati gli israeliani i primi ad attaccare. Ha ricordato inoltre come attualmente la principale minaccia per Israele sia l’Iran, che potrebbe essere già in grado di lanciare testate nucleari nel giro di settimane.