‘Marc Chagall. I messaggi segreti della Torah nella filigrana delle sue opere’: l’evento Kesher (15.5.2022)

di Michael Soncin
“Molti dei musei che si trovano nella Provenza e nelle zone ad essa adiacenti, sono frutto della presenza di molti grandi artisti, che nel dopoguerra vi si stabilirono per viverci. Tra questi vi era Marc Chagall, con il museo a Nizza, che porta il suo nome. Inaugurato nel 1973, è stato ideato con il coinvolgimento diretto dello stesso artista. Si tratta di una delle più importanti raccolte di Chagall. Sono qui principalmente custoditi i grandi quadri, tra i quali una sezione relativa al Messaggio Biblico, oltre ad una parte delle opere del Cantico dei Cantici”.

Daniele Liberanome durante la conferenza di Kesher, organizzata da Paola Boccia, “Marc Chagall. I messaggi segreti della Torah nella filigrana delle sue opere”, nel discorso introduttivo cita diverse opere custodite al Musée national Marc Chagall, puntualizzando che i pezzi esposti sono lavori eseguiti durante gli anni, scelti dall’artista uno per uno, ma non pensati per il museo.

Marc Chagall, Adamo ed Eva cacciati dal paradiso (1961)

“In Adamo ed Eva cacciati dal paradiso (1961) come in altre opere di questo genere si vede quanto Chagall abbia voluto scoprire delle proprie radici, dei suoi studi di Torah, per creare una composizione dotata di aspetti di forte originalità. In quest’opera si vede lo sguardo dei due – Adamo ed Eva – teso verso il futuro. Se facciamo un confronto alle opere classiche di artisti come Masaccio, la cacciata dal paradiso è un momento di grande dolore e dispiacere, qui invece c’è un’idea diversa, positiva, evidentemente figlia del periodo felice in chi egli stava vivendo. Qui si guarda al mondo in un modo molto più ottimista. Uscire dall’Eden ed entrare nel Mondo è cosa buona. Si noti anche a sinistra in giallo, l’albero della conoscenza del bene e del male, che sembra un roveto ardente. È una luce che ci guida. Ha sembianze antropomorfe, perché è lì, la nascita del genere umano, un qualcosa che ci contraddistingue: l’uscita dal paradiso è la nascita del genere umano”.

Un altro confronto esposto da Liberanome, è l’opera chiamata Mosè che riceve le tavole della legge (1960-1966). “Uno degli aspetti interessanti e di come Mosè e la montagna abbiano le stesse cromie, diventati in un certo modo un tutt’uno, dove lui è quasi la legge stessa”.

Marc Chagall, Mosè riceve le tavole della legge (1960-1966)

 

Chagall era una grande conoscitore del Midrash, dei commenti, della cultura ebraica in generale”, ha affermato Alfonso Sassun nel proseguo del racconto del grande artista ebreo, citando l’Autoritratto con 7 dita (1912-1913). Sette dita è un riferimento all’espressione yiddish Mit alle zibn finger, che significa metaforicamente ‘fare qualcosa mettendoci tutte le proprie energie’.

“Ci sono circa 400 opere di tema biblico, comprensive di disegni preparatori”, ha spiegato Sassun. Una di quelle analizzate si chiama Mosè e il roveto ardente (1960-1966) (nella foto in alto). La storia che rappresenta questo quadro viene letta come avviene nella lingua ebraica, da destra a sinistra. Al centro in alto, dentro il cerchio si vede la figura dell’angelo, che parla dal roveto a Mosè. Da notare che alcune delle scene raffigurate da Chagall non sono minimamente menzionate nel testo del roveto ardente, come quella degli egiziani che affogano dall’onda che li travolge o del passaggio degli ebrei, che escono dall’Egitto.

Marc Chagall, Autoritratto con sette dita – 1912,1913

 

“Fin dalla mia prima giovinezza, sono stato affascinato dalla Bibbia. Mi è sempre sembrato e ancora mi sembra che sia la più grande fonte di poesia di ogni tempo”, disse Chagall.