I grandi fotografi ebrei: Man Ray e Alfred Stieglitz protagonisti della prima conferenza Kesher sul tema

 di Anna Balestrieri
Esiste un occhio ebraico nella fotografia? È da questo interrogativo che si sono mossi i primi passi del ciclo Kesher dedicato ai fotografi ebrei.

Lo storico dell’arte ed ex professore del liceo Berchet Cesare Badini ha condotto il primo incontro, nato da un dibattito scaturito proprio sulle pagine di Mosaico.

Dopo lo straordinario successo del dagherrotipo negli anni ’40 dell’Ottocento, Badini spiega che “nasce la fotografia ma mancano i fotografi”. La percezione di una “fine dell’arte” da parte di ritrattisti e paesaggisti verrà dagli stessi interpretata in seguito come nuovo punto d’inizio. I vecchi pittori diventano fotografi. Persino Courbet e Delacroix iniziarono ad usare le fotografie come disegni preparatori cui aggiungere il colore al bianco e nero.

Due statunitensi i protagonisti della conferenza: Alfred Stieglitz (a sinistra nella foto) e Man Ray (a destra).

Stieglitz, la fotografia come arte

Alfred Stieglitz (1864-1946) studiò ingegneria al Politecnico di Berlino e frequentò i corsi di fotografia di Hermann Vogel durante i suoi nove anni in Europa dal 1882 al 1890. Nel 1902, ispirato dai movimenti di secessione europea a Berlino, Vienna e Monaco, Stieglitz formò il gruppo dissenziente noto come Foto-Secessione, la corrente neo-pittorialista che utilizzava ritocchi manuali per ritrovare il rapporto con la pittura e dare alla fotografia una pari dignità artistica. Stieglitz e gli altri fotografi del movimento pittorialista miravano a emulare l’estetica della pittura attraverso complesse manipolazioni tecniche, creando fotografie che assomigliavano ad acquerelli o disegni tardo impressionisti.

Alfred Stieglitz, “Winter- Fifth Avenue” (1893)

Le sue prime fotografie en plein air mostrano un’influenza post-impressionista. In questo filone la sua opera “Winter- Fifth Avenue” (1893), per realizzare la quale raccontò, con orgoglio, di aver atteso tre ore nella tempesta di neve del 22 febbraio 1893, per catturare il momento perfetto.

Di ritorno dall’Europa, Stieglitz fondò e finanziò la pubblicazione della rivista americana Camera Work dal 1903 al 1917. Essa presentava opere di fotografi riprodotte su carta giapponese, montate a mano su cartone e disposte meticolosamente. “Persino gli annunci pubblicitari venivano accuratamente selezionati”, ricorda Badini. La pubblicazione della rivista ebbe un ruolo fondamentale nella promozione della fotografia come forma d’arte riconosciuta e tra i suoi contributori vi furono coloro che dettero inizio al dadaismo negli Stati Uniti, anticipando la sua fondazione ufficiale a Monaco. Nel 1905 Stieglitz affittò due stanze al 291 della Fifth Avenue a New York e le trasformò in una galleria. Lo spazio divenne un hub per la convergenza e lo scambio di varie discipline artistiche, mettendo in mostra non solo fotografi ma anche artisti europei come Toulouse-Lautrec, Picasso, Cézanne e Matisse. La Galleria 291 divenne un precursore del movimento Dada a New York, con Duchamp e Picabia che vi esposero prima del 1916.

Negli ultimi anni di Camera Work e oltre, la fotografia di Stieglitz abbracciò una sincerità brutale. Dal 1910, Stieglitz, insieme a Edward Steichen, Alvin Langdon Coburn e Paul Strand, divenne parte di un nuovo movimento chiamato Straight Photography, un approccio più moderno e onesto alla fotografia: catturare immagini chiare e nitide con una manipolazione minima. Precursore di questo periodo è il pezzo “The Steerage” (1907), che ritrae il ponte di terza classe di un piroscafo in partenza per l’Europa, sottolineando la stratificazione sociale dei passeggeri. È questa opera a segnare il suo passaggio alla Straight Photography, con l’attenzione alle persone e le linee diagonali e verticali a segnare la struttura. Manifesto di questa corrente fu “Blind” (1917) di Paul Strand, una fotografia che immortala una donna cieca con al collo una targa con il suo certificato di invalidità.

Dopo la chiusura della rivista nel 1917, la vita personale di Stieglitz si intrecciò sempre più con i suoi sforzi artistici. Nel 1924 sposò la pittrice americana Georgia O’Keeffe. Il loro rapporto è suggellato da una corrispondenza di più di 25.000 lettere scambiate tra il 1915 e il 1946. Questa fase artistica vide uno Stieglitz “feticista” che prediligeva il corpo e le mani della moglie come soggetto delle sue opere.

Man Ray, il dada-surrealista

L’esposizione di Badini ha quindi illuminato la figura di Man Ray, nato Emmanuel Radnitzky, pittore libero e nomade e sempre alla ricerca di nuove forme espressive. La sua collaborazione artistica fondamentale fu con Marcel Duchamp, il principale precursore e protagonista dell’arte concettuale del Novecento.

Le provocazioni dadaiste, casuali e prive di senso, instauravano una relazione con il pubblico, che era libero di interrogarsi sul loro significato o rifiutarsi di accoglierle con un deciso “ma questo lo so fare anch’io!”.

Man Ray non scoprì nuove tecniche, bensì utilizzò in modo giocoso quelle già esistenti, seguendo l’approccio tipico del Dada-Surrealismo. Posizionando oggetti tridimensionali sulla carta fotosensibile, ne fissava l’opacità e le ombre. Di questo periodo furono il ritratto di un profilo di viso e mani ottenuto tramite l’inversione dei grigi grazie alla luce bianca della solarizzazione e “Le violon”, il negativo della schiena dell’amante dell’artista con l’aggiunta dei segni dei fori di risonanza delle viole. L’erotismo si espresse in altre opere di Man Ray, come il portfolio di Mr. e Mrs. Woodman ritratti come manichini impegnati in atti sessuali e il ritratto di De Sade imprigionato nella Bastiglia.

Badini ha ricordato come oltre a Stieglitz e Man Ray, siano molti i fotografi ebrei: Paul Strand, André Kertesz, Laszlo Moholy-Nagy, Lyonel Feininger, Robert Capa, Gisele Freund, Eric Salomon, Ben Shan, Gary Winogrand, Joel Meyerowitz, Elliott Erwitt, Weegee e Diane Arbus.

A proseguire il ciclo di Kesher “I grandi fotografi artisti ebrei” Cesare Badini presenterà lunedì 5 giugno alle ore 19 “Documentare la storia: Robert Capa, Gerda Taro, Lee Miller”, in diretta streaming su zoom

https://us02web.zoom.us/j/85239757336?pwd=bi9PZzVjUkZwM1Nya2dxbXM1cGJNQT09