Firenze, bilancio positivo per la quarta edizione del Balagan Cafè

di Ilaria Ester Ramazzotti

Un evento del Balagan Cafè
Un evento del Balagan Cafè

Musica, dibattiti, letture, incontri e tanta buona cucina hanno caratterizzato, fra giugno e settembre, una serie di sette serate proposte dal festival Balagan Cafè, organizzato dalla Comunità Ebraica di Firenze in collaborazione con il Comune di Firenze nell’ambito del programma Estate Fiorentina. Un ventaglio di eventi aperti al pubblico si sono così svolti nel giardino della sinagoga di via Farini, per far da ponte fra la Comunità Ebraica e la città di Firenze, fra le tradizioni ebraiche e le altre, fra i linguaggi e le culture.

E proprio ai linguaggi delle identità e delle differenze è stata dedicata la quarta edizione di questa “grande macchina complessa che si muove attraverso il lavoro di tanti volontari – ci spiega Laura Forti, assessore alla Cultura della Comunità Ebraica di Firenze -; il tema riguardava i linguaggi del mondo ebraico – specifica – anticipando quello della Giornata della cultura ebraica del prossimo 18 settembre”.

La serata di maggior richiamo è stata quella con il cantante Raiz, che ha portato al Balagan, lo scorso 1° settembre, più di seicento persone. “Abbiamo scelto artisti che abbiano un personale percorso, intenso e interessante, considerando anche il tema legato al linguaggio – prosegue Forti -, e Raiz ha un percorso complesso, dal pop con gli Almamegretta all’esperienza da solista”. Ha preceduto il concerto l’incontro con l’artista che “ha raccontato in modo molto schietto e molto aperto il suo riavvicinamento al mondo ebraico, spiegando che cosa ciò abbia significato per lui e anche la sua scelta di andare a vivere in Israele”.

Altro concerto molto apprezzato è stato quello del 14 luglio con i Klezroym, il più celebre gruppo di musica ebraica in Italia, che “nato negli anni Novanta, ha saputo resistere nel tempo integrando altri linguaggi: dal teatro, alla musica colta, alla musica dei centri sociali, costruendo un percorso”. Molto seguiti sono stati anche il concerto di musica yiddish di Sharon Bernstein, dall’America, e due cori giunti da Israele, il Jerusalem Cantors Choir e il Cantabile, e, non ultima, la serata con i Radicanto.

“Questa quarta stagione è stata ottima, e siamo molto contenti della risposta della città”, ci dice Enrico Fink, direttore artistico del Balagan Cafè. Nonostante il numero delle serate proposte sia stato ridotto rispetto a quella di altre edizioni (fra cui una con quattordici serate), in quanto “abbiamo dovuto selezionare delle date”, spiega Forti, gli organizzatori registrano un bilancio positivo, anche sul versante qualitativo. “Il Balagan, nato come semplice evento comunitario, con pochissimi finanziamenti, è diventato in quattro anni un evento cittadino significativo nell’estate fiorentina – ribadisce l’assessore -. Credo che quello che è piaciuto sia stato, da una parte, l’apertura di questo imponente cancello che normalmente maschera la sinagoga (eretto dopo il terribile attentato al tempio di Roma negli anni Ottanta), ma che aprendosi dà finalmente modo alla città di conoscere la comunità, capace di collaborare attraverso questo grande lavoro di volontariato, anche con la voglia di incontrare la città”.

balagan-cafè3Al Balagan Cafè ci si incontra, si ascolta musica, si seguono interviste, conferenze, presentazioni di libri e letture, si sta insieme e si cena insieme. “La nostra principale fonte di finanziamento dell’evento sono appunto gli apericena”, con proposte culinarie delle differenti tradizioni ebraiche, sottolinea l’assessore Forti. Ma il Balagan non è solo un festival o una vetrina, tengono a sottolineare. “Il Balagan Cafè è sopravvissuto ad anni difficili, come il 2014, un anno di guerra in Israele – ricorda Fink – e ha rappresentato momenti di apertura della comunità e di effettivo incontro anche “quando i giornali parlavano male di Israele e in momenti di tensione, quando si sono comunque svolti dibattiti e incontri civili. Una cosa che non era affatto scontata”. A proposito invece di alcune polemiche sorte all’interno della comunità, Fink ritiene che il Balagan “sia stato altresì un esperimento per superare la diatriba comunitaria fra apertura o chiusura verso l’esterno e un evento costruttivo anche all’interno della comunità, che ha stimolato l’orgoglio di farne parte e il riavvicinamento di persone lontane”.

“Questi incontri hanno permesso di mostrare un associazionismo capace di portare avanti un progetto importante, nonostante le differenze e i punti di vista – continua Forti -; tutta la comunità ha partecipato, giovani e meno giovani: un segnale sociale di rilievo”. E poi “è interessante portare qui artisti del mondo ebraico, confrontandosi con ebrei di tutto il mondo che portano le loro istanze, nuovi stimoli e forse anche un ebraismo più contemporaneo. Dall’altro lato, questo incontro caldo, umano, con cui la città ci conosce, serve anche a sfatare tanti stereotipi e pregiudizi, attraverso il parlarsi e il conoscersi. C’è un cuore dietro questa iniziativa, e credo questo calore sia arrivato e si sia percepito nelle atmosfere del Balagan. L’incontro della comunità con la città, a sua volta “permette di superare remore, paure e stereotipi all’incontrario – conclude Forti -, perché una stretta di mano e il guardarsi negli occhi servono più di tante ideologie”.