Winehouse, dal 15 al 17 settembre esce “Amy” il documentario su questa fragile vocalist ebrea londinese

Taccuino

di Roberto Zadik

Per tanti versi mi ricorda Janis Joplin, Capricorno ascendente Acquario, questa bravissima Amy Winehouse, morta improvvisamente di alcol e droghe a soli 27 anni come la Joplin e altri miti del rock  che curiosamente si sono spenti tutti alla sua stessa età. Da Jim Morrison, a Kurt Cobain, da Jimi Hendrix al bassista dei Rolling Stones, Brian Jones. Su di lei si è scritto moltissimo e anche io spero di aver dato il mio piccolo contributo consumandomi le dita sulla tastiera del computer in sua  memoria e parlandone due anni fa nella mia trasmissione radiofonica “Prozadik” dedicata a cantanti e band di religione ebraica.

Fragile, carismatica, romantica e sola come Janis, viziosa e fuori dagli schemi e vittima di sé stessa, dei suoi complessi e del successo, la Vergine ascendente Gemelli, Amy Winehouse, ebrea londinese di origini lituane mi ha subito colpito per la sua personalità e la bellissima voce sfoderata in capolavori come “Back to Black”. E ora arriva nelle sale italiane, alla vigilia di quello che sarebbe stato il suo 32esimo compleanno, nacque il 14 settembre 1983,  il documentario “Amy” del regista indiano Asif Kapadia. Solo per tre giorni però, dal 15 al 17 settembre. Non capisco come mai questi film interessanti escano solo per tre giorni e peggio ancora era successo col documentario su Kurt Cobain, uscito solo il 22 luglio al cinema. Comunque sia il filmato si preannuncia molto interessante e ricco di gossip e retroscena inediti e per questo motivo mi dispiacerebbe molto perdermelo, sia come appassionato di musica che come persona molto curiosa per natura.

Il filmato, molto contestato dal padre della vocalist, Mitch, svela curiosità insospettabili sull’artista e su di lei era stata organizzata a Londra, due anni fa, una mostra al Jewish Museum di Candem Town che evidenziava al pubblico il suo “lato ebraico” con foto e immagini rare.

Intitolato laconicamente “Amy”, il video contiene diverse interviste a collaboratori, conoscenti e amici della cantante.  Ma come mai la Winehouse è diventata tanto celebre e quali sono le  peculiarità che la contraddistinguono? Come sempre è molto complesso capire la vera personalità di personaggi pubblici e i sentimenti profondi e identitari al di là dei soliti stereotipi e etichette. Questo vale specialmente per tipi contorti e fragili come la Winehouse, che innamorata follemente di Black Fielder Civil, un tipaccio losco che la fece soffrire non poco, aveva un talento vocale fuori dal comune. Ma non basta.

La cantante era unica per tanti motivi. Nella sua breve e fulminante carriera, riprese dal solaio il genere anni ’50  fra jazz e soul, decisamente passato di moda, duettando con grandi nomi del genere come Tony Bennett, distinguendosi per la qualità delle sue interpretazioni e per il look particolare coi capelli neri gonfi e i magnetici occhi verdi. Eseguì poche canzoni, che però restarono impresse, scolpite nella memoria collettiva come la scherzosa e inquietante “Rehab” dove si prendeva in giro dicendo di rifiutare qualsiasi disintossicazione dai suoi tanti vizi. La struggente “Wake up alone” che parla del suo terrore della solitudine. La cupa e struggente “Back to black” la mia preferita di Amy dove nel videoclip in bianco e nero cammina alla guida di un corteo funebre.

Stranamente tanti artisti morti giovani sembrano prevedere in qualche modo la loro scomparsa, anche Jim Morrison, leader dei Doors, dopo la morte di Hendrix e della Joplin, bevendo assieme ai suoi amici nel 1970 disse “state bevendo col terzo.” E pochi mesi dopo morì. Amy Winehouse come mischiò eccessi e talento, lucidità e confusione e per ubriachezza fece anche sonore figuracce interrompendo concerti e importanti serate. Una vita corta e tormentata e un film che è un omaggio affettuoso e partecipe alla Winehouse: stranamente il suo cognome o nome d’arte, significa “vineria” e dopo numerose riabilitazioni, morì sola per alcolismo quel tragico 23 luglio 2011.