Phil Spector

Dal successo alla prigione. Compie 80 anni il produttore e musicista Phil Spector

Taccuino

di Roberto Zadik
Dalle sale di registrazione alla galera con l’accusa di omicidio. La vita del geniale e controverso Harvey Philip Spekter, poi americanizzato in Spector, sembra una soap opera dal finale tragico e, spesso dividere il talento artistico dalle oscurità caratteriali è tanto complesso quanto necessario specialmente per un personaggio enigmatico e tormentato come questo.

Nato a New York il 26 dicembre 1939 o 1940, nel quartiere malfamato del Bronx come Stanley Kubrick, da famiglia ebraica di origini ucraine, Spector non è stato solo uno dei più grandi produttori dello star system angloamericano, assieme a Brian Epstein dei Beatles, ad Albert Grossmanper Dylan, a Paul Rothschild per i Doors, ma molto di più. Egli si è infatti distinto da tutti gli altri semplici businessmen come innovatore e pioniere assoluto in campo musicale, suonando pianoforte e chitarra e componendo canzoni e come inventore del metodo di registrazione Wall of Sound (Muro del Suono)  fondendo i vari strumenti in un’unica grande orchestra. Questo nuovo metodo sonoro è stato grandemente utilizzato da celebri band come i Beach Boys che collaborarono lungamente con lui .

In oltre quasi quarant’anni di carriera, dal 1954 al 1981, questo personaggio intenso e enigmatico ha prodotto e collaborato a stretto contatto coi più grandi del pop e del rock e la lista di collaborazioni e di contributi non solo manageriali ma anche e soprattutto creativi realizzati con perfezionismo e raffinatezza stilistica è davvero lunga. Sopravvissuto a vari drammi, la morte del padre suicidatosi quando aveva solo 9 anni, a un terribile incidente d’auto nel 1974 dove rischiò la vita riportando varie ferite alla testa, alla morte dell’amico fraterno John Lennon, chiudendosi sempre di più vittima delle sue nevrosi fino all’epilogo con la morte dell’attrice Lara Clarkson, trovata uccisa da un colpo di pistola a casa sua nel febbraio 2003. Sposato tre volte, poco conosciuto in Italia ma fondamentale nel mondo musicale statunitense come “talent scount” di numerosi artisti, Spector ha segnato un’epoca chiudendosi sempre di più in sè stesso vittima della sua personalità e dei suoi eccessi.

Le collaborazioni e i successi

Dalle Ronettes, gruppo femminile, la cui cantante principale Veronica Bennett detta Ronnie divenne sua moglie, a Lieber e Stoller, anche loro ebrei e autori di capolavori cantati da Elvis Presley come Hound dog e Jailhouse rock, ai già citati Beach Boys, ai Beatles col loro ultimo e commovente album   Let it Be per poi legarsi amichevolmente a John Lennon e seguirlo nella sua luminosa carriera solistica e nel suo bellissimo Imagine del 1971 il suo album più famoso e a George Harrison con il suo Concerto per il Bangladesh o a altri grandi personaggi come la band punk dei Ramones e il cantautore ebreo canadese Leonard Cohen. E questi solo alcuni dei nomi, senza tralasciare le importanti collaborazioni con Cher, Tina Turner e in tempi più recenti quando dalla morte di Lennon la sua attività si spense sempre di più, con la cantante canadese Celine Dion e il gruppo alternativo britannico degli Starsailor .

Nella sua vita Spector ha davvero “vissuto per la musica” fin dai banchi di scuola, da adolescente e dalla fine degli anni ’50 a quel tragico omicidio in casa sua dell’attrice Lara Clarkson per cui venne condannato a 19 anni di prigione, la sua carriera è stata un crescendo segnato da fasi estremamente positive e euforiche e da momenti tragici. Una figura molto complessa e inquietante ma al tempo stesso fantasiosa e perfezionista che non si limitava a produrre gli album ma ne seguiva meticolosamente il cammino creativo ispirando gli stessi artisti durante la realizzazione. Scrisse anche personalmente alcuni classici come “Be My Baby” cantata dal gruppo femminile delle Ronettes che divenne un classico assoluto come  l’emozionante Unchained Melody dei Righteous Brothers prodotta da lui e inserita nella colonna sonora del cult anni ’90 Ghost.