Rough Diamonds: drama un po’ familiare, un po’ criminale nella comunità Chassidica di Anversa

di Giovanni Panzeri
L’avvento di Netflix come piattaforma online ha avuto un impatto rivoluzionario sul nostro modo di concepire il cinema e le serie tv.

Per quanto riguarda la comunità ebraica, in particolare, si può dire che ha permesso al grande pubblico di conoscere gli usi, le tradizioni e le vite dei membri delle comunità ebree più ortodosse. Questo grazie a serie divenute successi internazionali, come Shtisel (2013; dal 2018 su Netflix) e Unorthodox (2020), fino ad arrivare a Rough Diamonds (‘la famiglia dei diamanti’ nella versione italiana), la serie nata dalla collaborazione dei registi israeliani Rotem Shamir e Yuval Yefet.

La serie descrive la storia (immaginaria) di una famiglia ortodossa Chassidica, inserita nel mondo dei commercianti di diamanti di Anversa, e coinvolta in una spirale drammatica di eventi che costringe i suoi membri ad immergersi sempre di più nel mondo del contrabbando di droghe e del crimine organizzato inglese e albanese, entrando in crescente contrasto con le proprie convinzioni morali, personali e religiose.

Dalla serie emergono i conflitti interni dei protagonisti, dovuti alle tensioni, alle contraddizioni e alle ambiguità in seno non solo alla propria famiglia ma anche al rapporto tra un mondo ‘esterno’ contemporaneo, vissuto come fonte di libertà ma anche di corruzione, e una comunità conservatrice e tradizionale, che se da una parte può essere fonte di unione, protezione e solidarietà, dall’altra può risultare per alcuni personaggi, con le sue regole e il peso del suo giudizio, limitante per quanto riguarda le scelte di vita dei suoi membri.

In realtà il lato ‘crime’ della serie è di gran lunga quello meno originale, e se da una parte la sua funzione è quella di alzare la tensione e la posta in gioco tramite scene d’azione e scelte che mettono continuamente in dubbio la sopravvivenza della famiglia, dall’altra il tutto si risolve in una successione di situazioni già viste e riviste e di ‘incidenti’ che man mano diventano sempre più improbabili.

Dove la serie brilla, invece, è proprio nell’attenta e dettagliata descrizione del modo di vivere, della cultura e dei rituali della comunità Chassidica di Anversa. Un’attenzione ai dettagli frutto di 6 anni di studio e ricerca, costruita grazie ad un forte lavoro di coinvolgimento e comunicazione all’interno della comunità.

“È necessario immergersi in quel mondo per riuscire veramente a capirlo e imparare” ha spiegato Yefet  al Times of Israel, “avevamo bisogno della loro fiducia. E l’abbiamo guadagnata, penso, perché hanno capito che eravamo in buona fede, e non stavamo cercando di sfruttarli o di rubargli qualcosa… volevamo il quadro completo”.

Quest’attenzione si riflette attraverso la descrizione di rituali e usi quotidiani, dall’usanza di dormire separati durante il periodo mestruale, al giudizio verso il suicidio, fino alle pratiche riguardanti il matrimonio. Un’istituzione che pur prevedendo la libera scelta della donna, in questo caso la protagonista Gila, è pesantemente condizionata ed influenzata dal pressante giudizio della comunità.

La serie spicca inoltre per l’attenzione ai linguaggi, e lo show in lingua originale riflette il misto di Yiddish, Fiammingo, Francese e Inglese usati quotidianamente nelle conversazioni all’interno delle istituzioni della comunità dei diamanti di Anversa..

Lo show si sofferma anche sul funzionamento e sulla politiche interne di queste istituzioni, ma questo è un contesto che forse sarebbe stato interessante approfondire di più.

La serie è disponibile su Netflix.