“Private”, Film Coraggioso?

Spettacolo

Anche sui nostri giornali è comparsa la notizia che la candidatura all’Oscar del film di Saverio Costanzo
“Private” è stata scartata, dato che il regolamento dell’Academy of Motion Picture Arts, i cui membri scelgono le nominations per i Premi Oscar, prevede che per essere preso in considerazione un film dev’essere parlato nella sua lingua d’origine, in questo caso in italiano, il che non si è dato per questa pellicola. E fin qui niente di strano.

Ma la questione della lingua in cui è parlato il film in questo caso va, secondo me, al di là del puro aspetto normativo del premio.

La vicenda narrata ci riguarda da vicino: si svolge in una località di confine in Cisgiordania dove una famiglia palestinese che vive in una casa isolata dovrebbe andarsene per lasciare il posto a un gruppo di militari israeliani che la occupano per questioni strategiche. I soldati pretenderebbero che gli abitanti se ne andassero, come normalmente succede, ma loro e soprattutto il capofamiglia si rifiutano di abbandonare la loro casa e sono perciò costretti a una coabitazione forzata con i soldati ‘usurpanti’. I quali non sono teneri, non sono simpatici, impongono regole abbastanza inique, ci sono dei bambini per cui non hanno nessun riguardo. Tuttavia anche loro fanno il loro mestiere e la convivenza deve andare avanti.

Il film ha avuto un premio a Locarno ed è stato presentato come un lavoro coraggioso. Perché coraggioso? Gli spettatori per chi fanno il tifo? Siamo sempre nella scia dell’immagine dei palestinesi poveri e degli israeliani protervi di cui è stata ricca l’iconografia sui nostri giornali in questi anni.

Ma ritorniamo alla questione della lingua: naturalmente fra le due parti nemiche c’è incomunicabilità, solo che nella versione distribuita da noi gli arabi sono doppiati in un classicissimo italiano, mentre gli ebrei parlano in ebraico con sottotitoli in italiano. Il produttore del film dice piccato che doppiando i palestinesi “fummo accusati di razzismo anti Israele”: ma è ormai un ‘must’ dei film di guerra (e non solo) che i cattivi – in genere i tedeschi – si mettano ad abbaiare secchi ordini, appunto in tedesco, che ci vengono graziosamente tradotti nei sottotitoli, come se non ci arrivassimo da soli a capirne lo sgradevole significato.