Lansky, la storia del criminale ebreo bielorusso diventa un film con Harvey Keitel 

Spettacolo

di Roberto Zadik

È sempre assai difficile sapere chi si nasconda dietro il crimine. Quale possa essere la personalità di un personaggio così spietato come il mafioso Meyer Suchowlanski che, noto internazionalmente come Meir Lansky, passò alla storia per la fredda brutalità dei suoi crimini assieme ad altri delinquenti come Lucky Luciano e Vito Genovese nell’America violenta anni ’30.

Eppure a rispondere a questa domanda ci pensa la pellicola biografica Lansky, uscita sugli schermi americani lo scorso mese di giugno e interpretata da un talento indiscusso del genere noir come l’ attore newyorchese di famiglia ebraica polacco-rumena Harvey Keitel, 82 anni compiuti il 13 maggio, nei panni del celebre criminale che si racconta negli ultimi anni della sua vita turbolenta.

Ma di cosa parla questo film  diretto dal giovane regista americano di madre israeliana Eytan Rockaway? A svelare vari dettagli sulla sua trama e sulla biografia di Lansky, il sito Ynetnews che si sofferma sulla complessa figura del mafioso nato a Grodno in Bielorussia nel 1902 che, come sottolinea l’articolo firmato da Amir Bogen, fu caratterizzata da “una forte identità ebraica”. Segnato da una dolorosa storia famigliare devastata da pogrom e persecuzioni nella sua nativa Bielorussia, Lansky fu un coraggioso combattente contro i nazisti e fervente sionista, ma quando emigrò negli Stati Uniti cambiò identità e inasprì il suo carattere finendo risucchiato in una  vorticosa spirale criminale

Nella pellicola il personaggio si sdoppia in due ambiti ben distinti, il Lansky anziano, impersonato da Keitel, abile trasformista, estremamente espressivo ed efficace e a suo agio in ruoli cupi e violenti, come dimostrato nella sua lunga carriera cinematografica da Taxi Driver, a Apocalypse Now a Pulp Fiction; mentre i suoi anni giovanili vengono impersonati dall’attore John Magaro, raccontando sia le sue attività delinquenziali sia esplorandone il complicato e tormentato carattere.

Fra gli aspetti principali del suo personaggio viene evidenziato come egli potesse mischiare varie contraddizioni,  rivelandosi sia  crudele, freddo e bugiardo, sia leale e affidabile nelle sue amicizie come dimostrano la strenua difesa di Lucky Luciano, cercando di eliminare i suoi avversari e del suo correligionario e amico inseparabile Bugsy Siegel nei vari momenti di crisi che lo afflissero.

L’intreccio biografico e cinematografico è dunque estremamente avvincente e ricco di colpi di scena. Stando a quanto descrive anche il Times of Israel, il lungometraggio è stato realizzato dal regista e dalla sua collaudata squadra di attori, da Keitel, a John Magaro, da Sam Worthington nella parte del giornalista David Stone che intervistò varie volte Lansky, con estrema meticolosità, attingendo dalla realtà con una serie di interviste a personaggi realmente esistiti e dalla fiction, ricostruendo i numerosi episodi criminosi in cui Lansky fu implicato.

Dalle svariate truffe che a quanto pare sembra fossero la sua specialità, compiute fra New Orleans e la Cuba prima della dittatura di Fidel Castro, all’estorsione, allo spaccio di sostanze stupefacenti con cui, assieme ad altri delinquenti ebrei, divenne esponente di primo piano del cosiddetto “Sindacato ebraico”. Una serie di reati da lui perpetrati con una fredda e cinica razionalità, come evidenzia l’articolo “preferendo usare la testa più che la violenza”.  Estremamente astuto, organizzato e capace di agire nell’ombra, egli  si rivelò una personalità assai ambigua, sostenendo il governo americano durante la Seconda Guerra Mondiale, svelando informazioni segrete dei nazisti. Successivamente divenne messaggero delle autorità israeliane nei primi anni di vita dello Stato ebraico mantenendo un forte legame con Israele quando negli anni ‘70 cercò di fare Aliyah.

Emozioni forti e introspezione psicologica sono dunque alla base della pellicola che  è stata realizzata da Rockaway in maniera estremamente meticolosa consultando varie biografie così come lavorando alla sceneggiatura con suo padre Robert Rockaway, docente di storia specializzato nel legame fra mondo ebraico e criminalità organizzata americana  e che ha intervistato Lansky in occasione del suo libro Vite e crimini dei gangster ebrei. Rockaway ha lavorato intensamente con il figlio per la produzione di questo lavoro che è il secondo lungometraggio del regista dopo l’horror The Abandon del 2015.