Una scena di 'Valley of tears', la serie tv sulla Guerra del Kippur

Israele: ‘Valley of Tears’, in tv il trauma della guerra del Kippur

Spettacolo

di Avi Shalom
La sera del 19 ottobre ed il giorno successivo, 255 mila israeliani si sono raccolti davanti ai televisori per assistere all’esordio della serie televisiva ‘Valley of Tears’ che in dieci puntate ripercorre le fasi iniziali della Guerra del Kippur (1973) sulle alture del Golan. Prodotta con grande dispendio di mezzi (e poi acquistata da HBO Max, ad un prezzo record per una serie televisiva israeliana) la fiction ha portato nelle case degli israeliani non solo le scene di guerra – con battaglie campali di carri armati, riprese da distanza ravvicinata – ma anche porzioni dell’Israele di allora, col suo desiderio di evasione e di normalita’ (appena sei anni dopo la Guerra dei sei giorni) e anche con le emergenti tensioni sociali.

Per realizzare la serie il regista Yaron Zilberman e gli sceneggiatori Ron Leshem, Amit Cohen e Daniel Amsel, hanno scavato per oltre un anno non solo negli archivi ufficiali dell’esercito e della televisione di Stato, ma hanno anche visionato i filmini amatoriali girati con cineprese ‘super-8’ dai riservisti israeliani, o da civili giunti spontaneamente in prossimita’ delle aree di combattimento. In quei filmini sono stati catturati i sentimenti e gli sguardi dei soldati che poco prima erano ancora impegnati in combattimenti, e che avevano appena visto i loro compagni morire. Anche da qui il senso di grande autenticita’ della serie, accresciuto dall’aver potuto riattivare carri armati dell’epoca e di averli riportati nell’area esatta degli scontri – la Valle delle lacrime – che in questi 50 anni non e’ praticamente cambiata, se non per i rigogliosi campi di ciliege che oggi attraggono gli escursionisti.

La storia inizia nella vigilia del Kippur, quando molti militari si appresentano a tornare in licenza a casa ed il fronte resta relativamente sguarnito. Sul monte Hermon, nella centrale di ascolto della unita’ di intelligence 8200, un giovane militare ritiene di aver captato segnali che fanno temere un imminente attacco siriano, ma i suoi superiori non li ritengono tali da dover alterare la disposizione delle forze. Nel gigantesco bunker del monte Hermon resta cosi’ una guarnigione striminzita che da li’ a poco dovra’ vedersela con l’attacco improvviso di una agguerrita unita’ di elite siriana e con 1600 carri armati lanciati verso le retrovie di Israele, avendo di fronte solo 170 blindati israeliani.

Nei primi giorni di combattimento – mentre nelle retrovie i riservisti si stavano ancora organizzando – quasi tutti gli ufficiali dislocati sul Golan rimasero uccisi. Molti di loro comandavano carri armati, con mezzo corpo esposto fuori dalla torretta. Da quel momento la gestione della guerra sul terreno passo’ ai subordinati: ragazzi di 19 anni, strappati bruscamente alla routine quotidiana, che fino a quei giorni erano probabilmente piu’ interessati al concerto di Woodstock (1969) e alla rottura dei Beatles (1971) che non agli equilibri militari e alla penetrazione sovietica in Medio Oriente.

Come era presumibile, la serie ha riaperto le ferite fra quanti a quei combattimenti hanno partecipato in prima persona, e ai loro familiari. La televisione pubblica ha dunque fatto seguire la visione di ogni puntata con un dibattito in studio, con la partecipazione di testimoni dell’epoca. Sono cosi’ apparsi ex militari che hanno narrato dei traumi da combattimento riportati allora, emersi spesso a distanza di molti anni, e del peso che essi hanno avuto sulle loro esistenze. Sono comparse le vedove e gli orfani dei caduti. Inoltre gli sceneggiatori hanno voluto che le tensioni sociali si riflettessero anche nelle fila dell’esercito. Fra i personaggi spiccano alcuni attivisti del movimento radicale di protesta sefardita delle Pantere Nere, che all’inizio degli anni Settanta affronto’ l’establishment laburista, ed anche un intellettuale del Mazpen, una piccola formazione della sinistra rivoluzionaria marxista. In studio sono stati richiamati adesso veterani delle Pantere Nere per misurare la distanza fra la protesta sociale di allora – che poi avrebbe spinto alle dimissioni Golda Meir – e quella attuale nei confronti di Benyamin Netanyahu.

‘Valle di lacrime’ è dunque una feature di guerra, ma racconta molto di più anche sulla società di allora. Ed i dibattiti in studio fungono da terapia nazionale per superare i traumi che non pochi israeliani hanno trascinato con sé per mezzo secolo, spesso circondati per giunta dall’incomprensione di chi era loro vicino.