CityZEN, Palermo vista da Ruggero Gabbai

di Nathan Greppi

cityzenIn questo periodo si parla molto dei profughi, coloro che scappano dalle loro case per sopravvivere; ma è possibile essere profughi nella propria terra? La risposta ce la dà Ruggero Gabbai, che in occasione del 23esimo Sguardi Altrove Film Festival ha proiettato in anteprima mondiale il suo ultimo documentario: CityZEN. 

Lo ZEN (Zona Espansione Nord) è un quartiere periferico di Palermo, progettato nel 1969 dall’architetto milanese Vittorio Gregotti. Esso è costituito da una serie di case popolari ridotte in rovina, in cui tutti fanno fatica a tirare avanti eccetto mafiosi e spacciatori. A niente è servita la costruzione del Centro Commerciale Conca d’Oro e della vicina casa di riposo, che in teoria dovrebbero servire a migliorare le condizioni degli abitanti: per usare le parole di Gabbai, “una storia tipicamente italiana”.

Girato dal 2008 al 2015, CityZEN era nato come un documentario sull’architettura dello ZEN, ma in seguito Gabbai ha voluto dare un peso al lato umano dell’argomento. In questo modo, ci permette di esplorare questo microcosmo che dà l’idea di essere una realtà a sé stante rispetto a Palermo, abitato dai personaggi più svariati; in questo luogo dimenticato, come spesso accade nei luoghi disagiati, le persone cercano di aiutarsi a vicenda, prendendo iniziative quali la fondazione di un Inter Club locale o la creazione di un gruppo rap chiamato ZEN. It Posse. 

ruggero gabbai
Ruggero Gabbai

Dopo aver trattato la Shoah in Memoria e l’esodo degli ebrei egiziani in Starting Over Again, Ruggero Gabbai è approdato in un’Italia a noi sconosciuta. Qui ha dovuto cercare di guadagnarsi la fiducia della gente del posto, convinta all’inizio che volesse sfruttarli ma che alla fine ha sostenuto il suo progetto. Inutile dire che non sono mancati i rischi, come ci si aspetterebbe se si effettuano riprese in un quartiere dove si spaccia a ogni angolo. A differenza dei film neorealisti, dove la denuncia sociale era apertamente di parte, qui l’autore riesce a restare politicamente oggettivo e pur prendendo posizione, fa sentire tante voci diverse e permette allo spettatore di trarre da solo le giuste conclusioni.

Forse è anche per rendere meglio la realtà del luogo che vengono privilegiati i colori grigi e scuri, in contrasto con l’idea di una Palermo solare.

Tornando all’immagine dello ZEN come una realtà a parte rispetto a Palermo, occorre fermarsi un attimo e riflettere: infatti se grattiamo la superficie e leggiamo tra le righe, capiamo che lo ZEN incarna pienamente molti problemi dell’Italia, e di uno Stato che non riesce ad aiutare chi ne ha bisogno. Non è un caso che una delle canzoni del gruppo ZEN. It Posse si conclude con due semplici parole: “Svegliati Italia”.