Philip Roth visto dalla stampa americana e israeliana

di Roberto Zadik
Uno dei più famosi e riconosciuti autori contemporanei, lo scrittore ebreo americano di origine galiziana, Philip Roth, curiosamente omonimo e con le stesse origini del grande Joseph Roth, ci ha lasciato martedì notte a 85 anni, per arresto cardiaco mentre da anni viveva appartato nella sua tenuta nel Connecticut.
E come  accade per i grandi personaggi, la notizia si espande sui media di mezzo mondo assieme a omaggi e gossip. Ecco cosa dicono alcune importanti testate online statunitensi e israeliane, da Tablet Magazine a Times of Israel, citando una serie di articoli apparsi subito dopo la morte del versatile e ribelle autore, uno dei più prolifici e stimolanti del Novecento e di questi anni Duemila, che riuscì a pubblicare una trentina di romanzi in mezzo secolo di carriera. Laico, irriverente, inquieto, dotato di inesauribile fantasia e forte senso dello humour e autore di libri estremamente originali e dissacranti come Il lamento di Portnoy del 1969 e Pastorale Americana recentemente diventato film diretto da Ewan McGregor.

Ma che tipo era Philip Roth e cosa contraddistingueva il suo stile e il suo personaggio?   In tema di omaggi,  l’editoriale apparso su Tablet Magazine e firmato da Marc Weitzmann lo descrive a livello letterario come “un misto di sofisticazione e di spontaneità, abile nell’analizzare personaggi, luoghi comuni e tabù americani come pochi altri autori”. La scrittrice anglo-giamaicana Zadie Smith sul sito del Newyorker ricorda le risate con Philip Roth, le loro conversazioni e gli scambi di idee. “Si dedicava a tutto quello che faceva –  ha ricordato – con energia, curiosità, ricerca, energia e precisione. Non scriveva per compiacere il prossimo o per intrattenerlo e diceva. con la sua consueta ironia. che la letteratura non è un concorso di bellezza morale”. La Smith ha rivelato di aver incontrato Roth da anziano quando ormai “non scriveva quasi più ma leggeva sempre e soprattutto Storia Americana. Era insolitamente patriottico, sebbene molto critico, e voleva esplorare il suo Paese in ogni suo aspetto, nel conflitto fra nobili ideali e sanguinosa realtà”. Secondo The Guardian il mondo ha “perso uno dei più importanti autori del Ventesimo secolo e uno dei più grandi testimoni di quell’epoca, esplorando i lati più oscuri e le contraddizioni di quella che appariva a tutti come il Periodo d’Oro americano dopo la Seconda Guerra Mondiale”. L’articolo si focalizza chiaramente anche sulla forte ebraicità dell’autore, su come egli abbia analizzato i diversi elementi dell’identità ebraica, il senso di colpa, il sentimenti ambivalenti verso Israele degli ebrei diasporici, l’antisemitismo subdolo di molti ambienti.

Il sito della CNN si concentra invece su come la sua scomparsa sia stata la fine di una lunga e articolata carriera letteraria, sui tanti riconoscimenti ottenuti fin dagli inizi, con libri come Goodbye Columbus  che narrava le vicende degli ebrei americani dopo la Seconda Guerra Mondiale e che vinse il primo dei numerosi National Book Awards che Roth ottenne nella sua vita.

Vediamo cosa dice la stampa israeliana. Stando a quanto riporta Times of Israel in un bell’omaggio a lui dedicato, l’autore venne spesso ammirato ma anche criticato per il suo presunto “maschilismo” e le sue tematiche “scomode”, dal sesso, alla morte, al lato oscuro degli esseri umani. Nei suoi tanti romanzi, fra gli argomenti,  Roth spesso parlò di ebrei pur dichiarandosi spesso non solo laico ma “anti-religioso” e personaggi come Nathan Zuckerman sembrano avere diverse caratteristiche autobiografiche.

Un autore stimolante, a tratti geniale, ma molto complesso anche nel suo sentimento ebraico, che diversamente da Malamud o da Bellow non raccontò le vicende degli ebrei immigrati ma della seconda generazione, di coloro che già si sentivano americani e che vivevano come “ebrei senza ebrei, ebraismo o sionismo, ma nell’ambiente esterno concentrandosi più spesso nei rapporti coi non ebrei che fra di loro”.

Avventurosa anche la sua vita privata. Sposatosi due volte e due volte divorziato, la prima moglie fu Margaret Martinson, dalla quale si è separato nel 1963. La donna è poi morta in un incidente stradale. La sua seconda ex moglie Claire Bloom, attrice, ebrea di origini russe, e sposata con lui dal 1990 al 1995, secondo il Times  ha spesso criticato il celebre marito, descrivendolo nel  libro autobiografico Leaving a Doll’s House (Lasciando una casa di bambola) come “freddo, manipolatore e instabile”.

Personalità intensa e inquieta, Philip Roth, Pesci ascendente Sagittario, attraversò momenti di profonda depressione, come quando il suo Operazione Shylock venne recensito negativamente, nel 1993; si ritirò definitivamente dalla vita pubblica nel 2015. Schietto e diretto “non cercò mai di essere ‘amico’ del lettore ma voleva raccontare la vita nella sua totale impurità”. Nato il 19 marzo 1933 nel New Jersey, ebbe un’infanzia serena, adorato dal padre, un assicuratore di successo, che però rivelò un carattere ribelle decidendo di fare lo scrittore invece che l’avvocato come volevano i suoi famigliari, influenzato da Kafka, Henry James e dal suo scrittore preferito James Joyce.

Criticato spesso dal mondo ebraico americano, agli inizi della sua carriera venne accusato di incoraggiare stereotipi anti-ebraici e di “odio di sé”, Roth andò avanti per la sua strada. Diverse sono le analogie con la vita di Woody Allen, dal laicismo, allo humour, alla satira del suo mondo ebraico e dell’America, e sempre secondo Times of Israel per un periodo frequentò Mia Farrow, ex moglie del cineasta ebreo newyorchese.  Con Roth scompare uno degli autori più originali e dirompenti, definito da vari suoi colleghi, su The Guardian (fra questi la grande scrittrice americana, Joyce Carroll Oates)  come “estremamente onesto e selvaggiamente divertente”.