di Michael Soncin
Il 3 febbraio del 1965 moriva a Torino Giuseppe Levi, scienziato ebreo, diventato una personalità conosciuta nel panorama scientifico a livello mondiale. Nato a Trieste il 14 ottobre del 1872, docente alla Facoltà di Medicina e Chirurgia di Torino, ebbe tra i suoi allievi tre giovani che diventarono in seguito premi Nobel: Renato Dulbecco, Salvador Luria e Rita-Levi Montalcini, questi ultimi entrambi di origini ebraiche, un legame condiviso con lo stesso Giuseppe Levi. Fu noto non solo per il suo indiscusso operato di istologo, ma anche di antifascista nella Torino assediata dalle leggi antiebraiche volute dal totalitarista Benito Mussolini.
Un vero “Maestro”
Ai giorni nostri, l’appellativo di Maestro, scritto con la lettera maiuscola, suona quanto mai lontano, una figura rara, pressoché scomparsa, mentre ritrova pienezza completa nel suo significato se si parla di Giuseppe Levi. Un Renaissance Man, come si direbbe nella lingua inglese, che ha avuto un ruolo chiave nella biologia del Novecento. Suo è il merito di aver messo in piedi in Italia, durante gli anni oscuri del fascismo una scuola di biologia sperimentale riconosciuta internazionalmente. Sempre in Italia, è stato uno dei primi ad adottare nel campo dell’istologia, la tecnica della coltivazione in vitro, con sospensione a goccia, e sua è la ben nota Legge di Levi, studio dell’analisi comparativa delle differenti specie cellulari. Gli studenti lo ricordano per il grande esempio che è stato nel rispondere alle nefandezze del nazifascismo, una di queste è proprio Rita-Levi Montalcini. Esperienze che gli hanno fatto conoscere il carcere, le umiliazioni razziste, come la sospensione dall’Università, poiché secondo le leggi razziali, tra le tante negazioni alla vita, anche quella scolastica ne faceva parte. Eppure, in quei tempi, prima del nascondimento per evitare i rastrellamenti, senza timori lungo le vie di Torino, manifestava ad alta voce il suo rifiuto per verso la disumanità di Mussolini.
Una figura da amplificare
Un personaggio appartenente alla cultura mitteleuropea, il cui lato umano emerge nel romanzo Lessico Famigliare, scritto dalla figlia Natalia Ginzburg. Nel 1963, anno della pubblicazione, vinse il Premio Strega e venne poi tradotto in numerose lingue, tra cui l’ebraico, il cinese e il coreano. L’estate scorsa è stato nuovamente pubblicato in svedese, balzando nella Top 10 nelle librerie di tutta la Svezia. Dopo il ritratto affettivo della Ginzburg, di Levi, si è parlato in seguito qua e là, forse troppo poco rispetto al peso e al prestigio che ne riveste e ne meriterebbe.
Tuttavia, uno spiraglio ha iniziato a poco a poco ad aprirsi sempre di più. Ne sono un esempio il volume curato da Domenico Ribatti, Il maestro dei Nobel, edito da Carrocci nel 2018; lo spazio dato all’interno del film Rita Levi-Montalcini, uscito nel 2020, dove ad interpretare Giuseppe Levi vi è l’attore Franco Castellano; più recentemente nel saggio Rita Levi-Montalcini e il suo Maestro – Una Grande avventura nelle neuroscienze alla scuola di Giuseppe Levi. Un’opera magistrale, che denota un grande coraggio da parte dell’editore, in un periodo difficile per l’editoria, che ha visto dare alla luce un lavoro frutto di una minuziosa ricerca e un lungo studio. A cura di Marco Piccolino, ha visto la collaborazione di Piera Levi-Montalcini, Pietro Calissano, Alberto Cavaglion, oltre a numerosi altri autori, e personaggi che hanno contribuito alla realizzazione.
- Leggi anche: Giuseppe Levi: il burbero famigliare
Un laboratorio, anticamera per salvare gli scienziati ebrei in fuga
Il testo curato da Piccolino è una sorta di duetto tra l’allieva Rita Levi-Montalcini e il maestro Giuseppe Levi, dove le due figure vengono analizzate attraverso una chiave di lettura alternativa rispetto a quanto detto e fatto prima d’allora. L’alto rigore espositivo è presente in ogni capitolo.
“Poco noto è il ruolo di Giuseppe Levi nel dare aiuto e ospitalità nel suo istituto di Torino a scienziati ebrei alcuni dei quali in fuga per le leggi razziali”, scrive Piccolino. Un aspetto effettivamente non molto conosciuto, qui approfondito nel capitolo 6: “In qualche modo si può dire che, negli anni già difficili che precedettero la sua espulsione dall’università, tra le altre azioni meritorie dello scienziato torinese, vi sia stata quella di dare supporto a giovani studiosi ebrei, permettendo che così continuassero le loro ricerche, e contribuendo anche alla loro salvezza personale. A un certo punto – come già sappiamo – lo stesso Levi, lui non più giovane, conobbe, – insieme alla giovane allieva, Rita Levi-Montalcini – i disagi della triste condizione dell’ebreo in fuga nell’Europa delle persecuzioni razziali e della guerra.
A cura di Piccolino – Autori vari, Rita Levi Montalcini e il suo Maestro – Una grande avventura nelle neuroscienze alla scuola di Giuseppe Levi, Edizioni ETS, pp. 315, € 29,00.
(Nella foto: Giuseppe Levi con la moglie Lidia Tanzi sulla spiaggia di Forte dei Marmi qualche anno prima della sua espulsione dall’Università di Torino. Credit: La Stampa)