Il mondo perduto e ritrovato di Nadav Mann

Ci sono molti modi per passare il tempo libero c’è chi gioca a tennis, e chi riprende con incontaminata passione la raccolta di conchiglie cominciata la prima volta che mise piede su una spiaggia. Nadav Mann, 65 anni, da una decina d’anni, passa il suo tempo libero percorrendo Israele in lungo e in largo. Ma non alla scoperta di luoghi mai visti, bensì alla ricerca di foto di un tempo ormai scomparso. Foto cioè di quella che nei pensieri di Mann, è stata l’età d’oro di Israele, quella dei primi anni della fondazione dello Stato, del kibbutz modello, dei giovani agricoltori pieni di vita, bruciati dal sole e dall’entusiasmo per ciò che stavano costruendo.

Nadav Mann dunque è un cercatore di fotografie, un cacciatore di immagini: si muove in solitaria, da una città all’altra, da un villaggio all’altro, alla ricerca di un Israele che i giovani non conoscono, non vedono e non hanno mai visto. Un Israele che non esiste più e che secondo Mann rischia di essere dimenticato.
Mann entra nelle case e spinge le persone a frugare nei cassetti, negli armadi, nelle scatole di scarpe dimenticate chissà dove. E quando finalmente il tesoro viene alla luce, Mann lo digitalizza. Non priva nessuno di quel tesoro, di quei ricordi, semplicemente li “ricrea” o meglio ancora li “ibernizza” in milioni di pixel.

E’ così che, ormai da dieci anni passa il suo tempo Nadav Mann, ed è così che consegna al futuro un pezzo della storia di Israele che altrimenti nessuno vedrebbe più, di cui altrimenti si perderebbe la memoria (visiva).
In dieci anni, senza alcun sostegno economico, l’ex-insegnante del kibbutz di Mehravia ha raccolto più di 100.000 immagini: quelle scattate in famiglia e quelle dei fotografi di professione; quelle in posa e quelle spontanee; quelle di personaggi famosi e quelle di perfetti sconosciuti. Prese tutte insieme esse ricreano un mondo, quello in cui lo stesso Mann è cresciuto.
“Per risvegliare l’interesse verso qualcosa, specialmente nei giovani, c’è bisogno di immagini” sostiene Mann. E quelle immagini lui ha deciso di raccoglierle e di cominciare a mostrarle  ai più giovani nel luogo per essi più naturale: un sito internet.

Dell’importanza di tutto questo lavoro di raccolta, ora si è resa conto anche la National Library di Gerusalemme che da qualche tempo ha cominciato a lavorare insieme a Mann per dare ordine e organizzazione alle migliaia di foto che in questi anni ha stipato dentro gli hard disks.
“Vogliamo diventare il luogo che conserva tutto ciò che Nadav Mann ha raccolto in tutti questi anni e vogliamo proseguire con lui la raccolta delle immagini” ha dichiarato Hezi Amiur, uno delle curatrici delle collezioni della National Library.

Anche in Italia, esiste un Nadav Mann, anzi molti Nadav Mann. Sono i numerosi volontari che da anni ormai lavorano all’archivio fotografico della Fondazione Cdec – a cominciare da Matilde Terracina, vera e propria “collega” dell’israeliano Mann; che da anni “agiscono” nello stesso identico modo di Mann: vanno nelle case, spiegano, ricordano. E con le foto finalmente “scoperte” e “ibernate”, raccontano altre epoche, altri mondi: quello dei nostri nonni, dei nostri bisnonni e trisnonni; i tanti e diversi mondi degli ebrei italiani del “breve” Novecento. Un mondo anche quello in bianco e nero, anche quello pieno di fascino, e di speranze. E foto, anche queste, di incantevole bellezza. Sempre, comunque.