Ezechiele di Michelangtelo

Essere un filosofo ebreo ai tempi del Rinascimento, tra Pico e Azaria de’ Rossi, Michelangelo e Leone

di Fiona Diwan
Esiste un Rinascimento Ebraico? Ha senso parlare di un contributo del pensiero ebraico all’Umanesimo e al Rinascimento? Quale impatto ebbero sul mondo culturale giudaico le figure di Dante e Boccaccio? E quale fu l’entità dello scambio intellettuale tra ebrei e cristiani nell’Italia rinascimentale? A rispondere arriva oggi un importante saggio Il Rinascimento nel pensiero ebraico, Paideia edizioni, a firma di Giuseppe Veltri, storico delle idee e ordinario di Filosofia ebraica all’Università di Amburgo, volume uscito nella collana “Biblioteca di cultura ebraica italiana”, diretta da Veltri stesso. Il grande studioso si domanda se l’ebraismo abbia contribuito alla rifondazione umanistica e rinascimentale o ne sia stato soltanto spettatore, se il contributo dei numerosi intellettuali ebrei sia stato accolto, capito e messo in luce dai contemporanei e pensatori posteriori e, infine, quale importanza abbia avuto la portata filosofica e teoretica dalla cultura ebraica durante il Rinascimento, al di là delle infatuazioni di numerosi umanisti per la Qabbalà e l’ebraismo, da Pico della Mirandola a Michelangelo Buonarroti, da Marsilio Ficino a Johannes Reuchlin, ivi compresi i loro stessi maestri, celeberrimi “mediatori” culturali” quali seppero essere Jochanan Alemanno, Elisha del Medigo o il controverso e famigerato Shmuel Ben Nissim, in arte Flavio Mitridate, leggendario maestro di Pico della Mirandola.

Alla recente uscita del libro di Veltri è stato dedicato a Roma un pomeriggio di studio che ha visto riuniti un pool di studiosi sotto l’egida di Myriam Silvera, ideatrice dell’evento e coordinatrice del Corso di Laurea in Studi Ebraici e del Master dell’Ucei. Dedicato alla memoria di Renzo Gattegna ex Presidente Ucei scomparso di recente, il pomeriggio di studio ha anche reso omaggio allo storico Robert Bonfil (presente anch’egli all’evento su Zoom), padre della storiografia circa il ruolo degli ebrei nel Rinascimento, Bonfil indiscusso pioniere degli studi in materia. «Stiamo andando verso una rivisitazione, una diversa percezione del contributo ebraico al mondo umanistico italiano del tempo, molto al di là dell’ebraistica cristiana così in voga all’epoca, una vera moda culturale, rappresentata dagli interessi ebraici manifestati dai circoli neoplatonici umanistici», spiega Myriam Silvera.

«Lo scambio ci fu eccome e fu importantissimo sebbene questo filone di ricerca sia stato finora poco esplorato. Penso a ambienti come quello del salotto napoletano di Salomone Abravanel o di quello veneziano di Sara Copio Sullam, una vera filosofa quest’ultima, che dibatte sull’immortalità dell’anima e su che cosa si intenda veramente con questo concetto nell’ebraismo; salotti in cui si incontravano intellettuali ebrei e cristiani venuti da tutta Italia, incontri estremamente fecondi», spiega la studiosa Shulamit Furstenberg Levi dell’Istituto Lorenzo de’ Medici di Firenze.

«Mi sono interessato a lungo delle Toledot Yeshu, ovvero delle “apparizioni” della figura di Gesù nel Talmud e mi sono sempre chiesto se abbia un senso mescolare criticamente categorie di pensiero appartenenti a mondi diversi. Ha senso usare categorie non proprie del pensiero ebraico per raccontare il pensiero ebraico? Non risulta improprio? La verità è che la cosa si è sempre fatta ma con esiti a volte polemici e fuorvianti», ha detto Rav Riccardo Di Segni, Rabbino capo di Roma e Direttore del Corso di Laurea in studi ebraici Ucei, intervenuto al convegno. Rav Di Segni ha accostato alcuni dei pensatori rinascimentali citati nel libro di Giuseppe Veltri alla figura di rav Jonathan Sacks recentemente scomparso, pensieri caratterizzati dal tentativo a volte arduo di far convivere tra loro non solo le diverse anime del mondo ebraico ma lo stesso ebraismo con le molteplici spinte del proprio tempo e con le diverse sensibilità di pensiero della propria epoca. Non va dimenticato, ha detto rav Di Segni, che persino i libri di Maimonide vennero bruciati sulla pubblica piazza.

Giuseppe Veltri

Ma chi è davvero Giuseppe Veltri? C’è un Veltri organizzatore culturale, un Veltri editor, un Veltri scholar e studioso, un Veltri capace di far aprire Centri di Studio ovunque e di trovare fondi per farlo. All’ecclettismo di questa figura è stato dedicato l’intervento di Alessandro Guetta, studioso e professore all’Inalco di Parigi. Guetta ha sottolineato la nozione di scetticismo, ossia di un approccio mentale più libero, che diffida dei luoghi comuni e delle idee consolidate. Scetticismo come cambiamento di paradigma, come ricerca, come il non arrendersial main stream. Come nel caso di Giuseppe Veltri che sceglie di studiare l’ebraismo rinascimentale nel tentativo di dare conto di una cultura minoritaria la cui fecondità e apporto sono stati troppo spesso negati. «Veltri vuol dare così un contributo inaspettato e sorprendente alla filosofia generale, quella con la F maiuscola», ha sottolineato Guetta. E non dimentichiamoci che proprio Veltri, nel suo capolavoro La Sapienza Alienata(Aracne editore), ha raccontato l’immensa “espropriazione indebita” operata dalla cultura maggioritaria occidentale nei confronti della filosofia e del pensiero ebraico, una sapienza saccheggiata, scippata, plagiata e oggetto di infinite appropriazioni silenziose, senza che queste venissero mai ammesse o riconosciute.

«Il libro di Veltri è una carrellata originale di filosofi e pensiamo a figure come Azaria de Rossi, Leone Ebreo…», dice Guido Bartolucci dell’Università della Calabria; «Azaria de’ Rossi ad esempio, era molto citato da Moses Mendelsshon, Leopold Zunz e dalla Wissenschaft des Judentum. Non si può parlare di ebrei senza Rinascimento e non si può parlare di Rinascimento senza ebrei, perlomeno in Italia. Quello fu un momento storico segnato da un’apertura straordinaria, unica», spiega Veltri. «Leone ebreo ad esempio, era un grandissimo letterato e uno degli autori più letti del suo tempo, sia da intellettuali ebrei, sia cristiani». Veltri si pone la domanda se l’ebreo rinascimentale sia consapevole della novità della sua epoca, il senso della storia passata e il recupero del mondo classico, il nuovo approccio verso arte, scienza, storia, letteratura, filosofia, astronomia, geografia; “oppure se sia solo una proiezione dello storico moderno sulla base di dati esigui e opinabili congetture”. Veltri ci spiega poi la filosofia poetica ebraica italiana e le questioni, tipiche dell’età rinascimentale, della conoscenza del passato e del ritorno alle fonti, o il fenomeno della diffusione dei testi, che vide gli ebrei italiani agire da protagonisti. Il cuore del saggio di Veltri è costituito dalla “percezione della svolta epistemologica nel mondo ebraico umanistico e rinascimentale e il sorgere dello scetticismo, anima della filosofia moderna”. Infine, l’ultimo capitolo del libro è dedicato a Sara Copio Sullam, poetessa, filosofa e letterata veneziana, “esempio perfetto di un’epoca di passaggio… tra l’accettazione di un mondo intellettuale cristiano e la ferma e decisa rivendicazione della propria identità”.