di Nina Deutsch
Lo scrittore francese, premiato con il Jerusalem Prize, riflette sul valore della libertà, sull’eredità delle religioni e sulla sua attrazione crescente per Israele, visitato pochi giorni dopo il massacro di Be’eri.
Michel Houellebecq non è nuovo a dichiarazioni forti e provocatorie. Scrittore spesso al centro del dibattito culturale europeo, è noto per le sue posizioni controverse, come dimostra il suo romanzo fantapolitico Submission (2015), in cui immagina una Francia governata dalla Sharia attraverso un partito islamico.
Durante la sua recente visita a in Israele per ritirare il prestigioso Premio Gerusalemme, l‘intellettuale francese ha ribadito il proprio impegno morale e la sua inquietudine nei confronti del mondo contemporaneo, confermando ancora una volta la capacità di affrontare temi delicati con una lucidità tagliente, capace di scuotere le coscienze e alimentare il dibattito.
«Se Be’eri fosse in Svizzera…»
Nel corso della conferenza stampa – come riporta il Jerusalem Post – Houellebecq ha rilasciato dichiarazioni che non sono passate inosservate, soprattutto quando ha commentato l’attacco del 7 ottobre affermando: «È un peccato che Be’eri non si trovi in Svizzera, dove ogni cittadino ha un’arma in casa». Questa osservazione non è soltanto una riflessione sulla sicurezza, ma suggerisce anche una visione del rapporto tra cittadino e Stato che si ricollega alla sua idea di responsabilità individuale e autodifesa. Si è poi interrogato su come le popolazioni del sud di Israele avrebbero potuto essere meglio protette: «È impossibile comprendere cosa sia successo quando si sentono queste storie». Parole che esprimono tanto sconcerto quanto solidarietà.
Il peso della religione e il valore di Gerusalemme
Nel suo discorso di accettazione del premio, Houellebecq ha sorpreso molti mostrando un tono riflessivo e quasi spirituale:
«Non sono un grande studioso di questioni religiose, ma l’impronta delle religioni monoteiste è radicata in me… Nessuno scrittore occidentale può essere indifferente a Gerusalemme». Anche se spesso critico verso le religioni organizzate, Houellebecq riconosce la profondità culturale e simbolica di Gerusalemme come crocevia della storia dell’umanità. La sua ammissione che «le religioni monoteiste sono la fonte di una parte significativa del patrimonio culturale umano» è un’apertura che, detta da lui, assume un peso particolare.
«Il mio talento morale»
Figura centrale della narrativa europea, è noto per una visione spesso provocatoria e anticonformista, distante da ogni ideologia rigida e da ogni correttezza di facciata. La sua scrittura, attraversata da tensioni esistenziali e riflessioni radicali, riflette una traiettoria personale complessa, fatta di scelte estreme, ripensamenti e una crescente tendenza al riserbo, quasi a voler sottrarre la propria vita al clamore che inevitabilmente suscita. Accusato in Francia di cinismo e nichilismo, Houellebecq ha voluto precisare: «Qualunque cosa la gente pensi dei miei libri, la ricerca morale è ciò che li nutre e li disseta». È interessante che proprio questa qualità, spesso ignorata o travisata dalla critica, sia stata premiata a Gerusalemme.
Il presidente della giuria, Prof. Gur Zak, ha sottolineato: «Houellebecq è uno scrittore radicale che riflette in modo fondamentale sulla condizione umana… ed è guidato da un intenso fervore morale».
In un mondo letterario sempre più dominato da narrazioni identitarie, Houellebecq continua a parlare di temi universali: amore, morte, invecchiamento, desiderio. E lo fa con un coraggio che pochi gli riconoscono pubblicamente.
Una libertà che «morde»
Anche il presidente israeliano Isaac Herzog ha voluto rendere omaggio allo scrittore con un videomessaggio: «Lei è diventato sinonimo di uno scrittore fedele alla libertà di pensiero… uno spirito che può anche mordere, ma anche ispirare, toccare e a volte persino guarire». Un elogio che risuona particolarmente forte in un periodo in cui la libertà intellettuale è spesso sotto attacco, e le voci scomode come quella di Houellebecq rischiano di essere marginalizzate o censurate.
Israele e la metamorfosi del pensiero
Houellebecq ha anche dichiarato di essere attratto da qualcosa di indefinito nello «spirito dello Stato di Israele», pur ammettendo che ogni visita cambia la sua percezione del Paese. È una frase che dice molto su un intellettuale che non si accontenta mai di certezze assolute, ma continua a interrogarsi e a mettere in discussione le proprie idee.
Già in passato, a ridosso del 7 ottobre, Houellebecq aveva espresso pubblicamente la sua vicinanza allo Stato di Israele in un’intervista rilasciata a una radio israeliana, affermando chiaramente: «Ho il diritto di dire che sto con Israele». Tuttavia, come riportava il Times of Israel, pur sostenendo Israele nella sua guerra e in generale, aveva aggiunto di non essere «completamente d’accordo» con alcune decisioni di Benjamin Netanyahu: Penso che non sia una buona idea continuare con gli insediamenti in Cisgiordania, perché non può esserci pace senza un confine stabile. Questa è un’impossibilità logica. Ma non è il momento di criticare Benjamin Netanyahu, sta facendo quello che deve fare».
Riguardo infine all’antisemitismo nel mondo e in Europa, lo scrittore aveva sottolineato che, dopo gli attacchi del 7 ottobre, ci sarebbe stato un movimento di simpatia generale per gli ebrei, ma non è stato così perché «invece è successo esattamente il contrario. C’è un aumento dell’antisemitismo, degli insulti, delle minacce fisiche», ha aggiunto. Cosa che si è prontamente verificata.