Bernard-Henri Levy: Israele, “l’eterno colpevole”

C’è forse qualcuno che ad oggi si è preoccupato di porgere ad Israele e agli israeliani, le proprie scuse per il clamoroso abbaglio in cui sono caduti con la vicenda di Sam Bacile e del film “The Innocence of Muslims? Questa è la domanda che si pone il filosofo e scrittore francese Bernard-Henri Levy, e la risposta è, nessuno.

In un articolo apparso sul settimanale Le Point del 20 settembre (L’éternel coupable (Israël, un film et les médias)) Levy ricorda che due settimane fa, appena diffuse le immagini del film che hanno portato all’esplosione delle violenze in tutto il mondo arabo l’agenzia  Associated Press e il Wall Street Journal non esitarono un istante a pubblicare l’intervista al presunto autore del film, tale Sam Bacile.  Nell’intervista Bacile si dichiarò israeliano residente in California; disse di aver realizzato il film su Maometto con l’aiuto di 50 finanziatori ebrei americani, con il fine di ostacolare la rielezione di Barak Obama, troppo poco sionista a loro giudizio. Senonchè 48 ore dopo, ricorda sempre Levy nel suo articolo, si venne a sapere che Bacile altri non è che un nome d’invenzione e che il vero autore di “The Innocence of Muslims” era un cristiano copto di origini egiziane, residente a 40 km da Los Angeles, di nome Nakoula Basseley Nakoula.
La notizia sulla reale identità dell’autore del film, secondo Levy non ha avuto però la stessa risonanza e intensità che ebbe quella su Sam Bacile. L’esperienza dimostra, scrive Levy,  che certe notizie, se non vengono smontate in fretta, sopravvivono come sopravvive la luce delle stelle morte.

E dunque, si chiede Levy, dove sta lo “smontaggio” del caso? “Dove sono le scuse, i mea culpa, spettacolari quanto la (falsa) notizia sull’israeliano Bacile? Dove sono gli articoli che dimostrano che tutta questa storia è stata una trappola in cui sono caduti giornalisti delle testate di tutto il mondo? Dove sono i giornali specializzati nella contro-informazione, nelle contro-inchieste, nei fermo-immagine? Cosa aspettano questi media, a dichiarare di essere caduti in un grande imbroglio, di essere stati preda di una foga collettiva per una storia degna dei Protocolli degli Anziani di Sion, nella quale si sono gettati a capofitto?”

Il problema è urgente, conclude Levy, perchè quando le ambasciate avranno finito di bruciare, “gli animi saranno ancora accesi, di un fuoco invisibile, insidioso e se non agiamo in fretta, devastante”. “Ed è per questo che è compito urgente di tutti coloro che fanno informazione ed elevano lo spirito dell’opinione pubblica, spegnere quest’incendio appiccato accogliendo ad occhi chiusi la favola del regista israelo-americano”