Rav Sacks sulle elezioni Usa: “Oltre la politica della rabbia, per una politica della speranza”

Opinioni

di Roberto Zadik

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Rav Jonathan Sacks

Pensatore, intellettuale oltre che Rabbino e uomo di fede e di alto prestigio sociale, come sempre versatile e curioso, Sir Rav Jonathan Sacks, ex Rabbino Capo del Commonwelath, non manca di interessarsi alla situazione attuale e ai cambiamenti politici nel mondo. E lo scorso 11 novembre è uscita sul Daily Telegraph un sua illuminante intervento su come stanno andando le cose secondo lui. Ecco il testo.

“Come al solito non è solo una questione puramente politica. Le elezioni politiche americane, il voto inglese della Brexit e l’ascesa di un’ondata di estremismo politico sono pericolosi campanelli d’allarme della nascita di una nuova politica della rabbia.  Ovviamente nessuna civilizzazione dura in eterno e anche la nostra società sta rischiando grandemente. Il primo segnale di collasso sociale e politico è che la gente non si fida più dell’oligarchia governante e dalla maggioranza della gente essa viene percepita come inadatta a risolvere i principali problemi dei Paesi e maggiormente rivolta a soddisfare i propri interessi egoistici più che le necessità collettive. La classe politica ha smesso di ascoltare il popolo e sembra sottovalutare la profondità e l’estensione del malcontento generale e della rabbia del popolo e questo accade sia a Washington che a Wenstminster. Così le classi politiche dominanti vengono spodestate dai “partiti rabbiosi” ed estremi e bisogna stare attenti perché la rabbia è un umore e non un piano politico e può solo far precipitare la situazione e non migliorarla, perché non risolve i problemi ma li infiamma di aggressività e li aggrava.

Il pericolo imminente lungo il cammino, come si è già verificato nella storia, è la richiesta di regimi autoritari e la fine della società democratica. Non dobbiamo, a questo proposito, dimenticare il celebre avvertimento del filosofo greco Platone che la democrazia può degenerare in dittatura.

Ovviamente c’è un’alternativa a questo disastro, è la creazione di una nuova politica della speranza e non viene generata dall’ottimismo ma dall’obiettiva ammissione delle società di quanto tutto stia andando male. Infatti varie classi sociali in Inghilterra e negli Usa non hanno beneficiato della crescita economica e sono entrate in crisi totalmente. Abbiamo bisogno di un nuovo capitalismo dal volto umano. In questi anni invece ha prevalso avidità e arrivismo, abbiamo visto comportamenti scandalosi da parte di banchieri e operatori economici bramosi di accumulare ricchezze, anche a costo di sacrificare la vita e il benessere economico altrui. Abbiamo assistito al mito del mercato libero invocato come un mantra dimenticandosi completamente delle sofferenze e delle perdite che la globalizzazione avrebbe implicato. Ci siamo comportati cinicamente e irresponsabilmente come se i mercati potessero funzionare senza l’etica, le corporazioni internazionali senza responsabilità sociale e i sistemi economici andassero avanti senza pensare alle conseguenze per le classi più deboli e emarginate.

Noi anziani che ormai siamo i nonni di questa società conosciamo bene che la vita sarà più dura per i nostri ragazzi di quella che è stata per noi e peggio sarà per i nostri nipoti. Abbiamo bisogno di ricostruire la nostra ecologia sociale e quando una società funziona bene essa ha delle istituzioni che sappiano dare supporto e sostegno nei momenti difficili. In occidente sono sempre state le famiglie e le comunità. Nulla sembra funzionare in Occidente attualmente.

Questa situazione ha portato due grandi pensatori americani, come Charles Murray a destra e Robert Putnam a sinistra a sostenere che per una larga parte della popolazione ha visto infrangersi irreparabilmente il cosiddetto sogno americano. Prima abbandoneremo la strada del ‘politicamente corretto ma socialmente disastroso’ e meglio sarà per tutti noi. Abbiamo bisogno di recuperare un forte e inclusivo senso dell’identità nazionale e che la gente senta che la classe dirigente si occupi del bene comune e non solo della prosperità di alcune ristrette classi sociali.

L’Occidente sta soffrendo dai tempi del Multiculturalismo, provando sulla sua pelle, il detto che la strada per l’Inferno è lastricata di buone intenzioni. Dovremmo recuperare quello che lo scrittore  George Orwell chiamava patriottismo che è il contrario del nazionalismo che sta portato all’affermarsi della destra come sta già succedendo in Europa. Il senso religioso è anche esso molto importante e non lo dico solo perché sono credente ma perché le religioni storicamente hanno dato alla gente un senso di dignità e di appartenenza che non dipendeva dai loro beni materiali e dal loro ruolo sociale. Quando la religione finisce e viene rimpiazzata dal consumismo, la gente viene abbandonata in una mentalità che la spinge a comprare quello che non le serve con soldi che non hanno per una felicità che non dura.

Tutte queste sono problematiche complesse ed estremamente gravi. La rabbia è sempre una sfida nell’epoche politiche di cambiamento ma non è mai stata tanto rischiosa come lo è oggi. La rivoluzione tecnologica ha trasformato completamente la cultura globale di questo 21esimo secolo. I social network e gli smartphone hanno creato gruppi virtuali che però mancano di una voce collettiva concreta. Internet è capace di disinibire le persone e di incoraggiarne l’indignazione che si diffonde come una malattia.

Una politica di speranza è necessaria ma per crearla non abbiamo bisogno di computer ma di famiglie e di comunità, costruendo una cultura basata sul senso civico e la responsabilità collettiva volta al bene comune. Non è più un problema politico ma riguarda la libertà che faticosamente l’Occidente ha conquistato. Dobbiamo costruire una rete di speranza che sia rivolta a tutti e non solo a alcuni di noi e il momento di cominciare è adesso.