Le alture del Golan restituite alla Siria? Usa e Russia vorrebbero usarle come merce di scambio in vista dei futuri accordi. Inaccettabili per Israele

Opinioni

di Paolo Salom

Le alture del Golan
Le alture del Golan

Improvvisamente il Golan è diventato un “tema importante”. Il premier israeliano Bibi Netanyahu ha affermato, di recente, che le Alture rimarranno “per sempre” sotto il controllo di Gerusalemme. E, nel lontano Occidente, si è scatenato il putiferio: dichiarazioni della Casa Bianca (“Non riconosciamo la sovranità israeliana sui quei territori”), dell’immancabile rappresentante della politica estera europea, Federica Mogherini (“Israele dovrà restituire i territori occupati alla Siria”), oltre naturalmente alla scontata condanna della Lega Araba.
Ora, qualcuno si sarà chiesto, ma perché Netanyahu non è stato zitto? Che bisogno aveva di suscitare un nuovo vespaio in una situazione che, certo, nell’attuale Medio Oriente, è tutt’altro che tranquilla? In verità, il primo ministro israeliano ha messo le mani avanti perché Stati Uniti e Russia, in vista di un futuro accordo sulla Siria (e sulla permanenza o meno di Assad al potere) hanno pensato di mettere nel calderone anche lo status del Golan. Nel senso che si sono trovati d’accordo nell’inserire la voce “restituzione alla Siria” dei territori conquistati a Damasco nella guerra del 1967 nella bozza di una possibile intesa. Il tutto naturalmente senza preventivamente consultarsi con Gerusalemme. Ecco perché Netanyahu ha messo le mani avanti, come dire: non pensate di fare i conti senza l’oste. E le preoccupazioni di parte israeliana sono facilmente intuibili: pensate soltanto a quale potrebbe essere la situazione della sicurezza nel Nord del Paese se le Alture fossero già state restituite ad Assad: l’Isis (o Hezbollah o l’Iran) avrebbero potuto tenere (sanguinosamente) sotto scacco un terzo del Paese. Accettabile? La risposta è ovvia. Ma appare assurdo che il capo del governo di una nazione alleata (almeno degli Stati Uniti) si sia dovuto preoccupare di avvertire che una mossa simile non era accettabile, data la situazione e le prospettive tutt’altro che ottimistiche sul futuro di una Siria irrimediabilmente divisa in zone di influenza e in mano a bande di spietati tagliagole. Questa la logica da parte israeliana.
Ma, anche se ci trovassimo in una situazione di calma e reciproco riconoscimento, resta da capire perché il Golan, conquistato in una guerra difensiva, dovrebbe essere interamente restituito. Forse l’Istria è in procinto di tornare all’Italia? E che dire dei vari territori (Tenda e altri comuni) annessi alla Francia dopo il 1945? E ancora: Cipro Nord oppure il Sahara Occidentale (il primo occupato in una guerra aggressiva dalla Turchia il secondo dal Marocco) perché non sono temi all’ordine del giorno dell’Onu? Possibile che le diplomazie internazionali che contano abbiamo in mente soltanto una questione al mondo? È chiaro che lo status quo uscito dalla Seconda guerra mondiale è in crisi. Il concetto stesso delle “frontiere intangibili”, dogma portante della stabilità internazionale, è già violato ampiamente (pensate soltanto alla Crimea annessa dalla Russia oltre ai casi citati precedentemente). In Medio Oriente, poi, i confini marcati con un tratto di penna dalle potenze coloniali sono in frantumi e con grande probabilità non torneranno al passato. Dunque, chiedo ancora: perché soltanto Israele deve pagare per le follie altrui?